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Perché Meloni non è una Cenerentola in America

Fatti, parole e sensazioni sulla visita di Giorgia Meloni negli Stati Uniti e sull’incontro con Joe Biden. La nota di Paola Sacchi.

A Washington, Pennsylvania Avenue, Casa Bianca. Dopo tanti sussurri e grida di casa nostra sul gran vertice con il grande Alleato, pilastro dell’Occidente, che, gufando gufando in questi mesi, avrebbe anche potuto non esserci, il nostro premier Giorgia Meloni è lì. Faccia a faccia con il presidente, democratico, Joe Biden. Di bianco vestita, sicura di sé, non la mette neppure per un attimo, nella conferenza stampa, in difficoltà la domanda, peraltro inevitabile, sul fatto se avesse cambiato posizione, lei conservatrice, rispetto a quando era all’opposizione e in Usa, pochi anni fa, andava per incontrare i Repubblicani di Donald Trump. Il premier italiano risponde, tranquilla, che un conto sono le posizioni politiche, di partito, un altro le relazioni internazionali. Quindi, lei era e resta conservatrice, ma ciò non toglie che, come hanno fatto tutti i suoi predecessori, proprio in nome degli interessi nazionali si abbiano buoni rapporti anche con presidenti, come nel caso di Biden, di un partito opposto.

Meloni, sulla scia della politica estera che fu dei nostri statisti, da Alcide De Gasperi a Bettino Craxi, rafforza, in un’epoca diversa, contrassegnata da nuove emergenze come la guerra della Russia all’Ucraina e altre come quella ormai epocale dell’immigrazione, il nostro atlantismo. Ma, come spiega, senza venir meno alla politica autonoma dell’Europa e dell’Italia in prima fila verso l’area strategica del Mediterraneo e dell’Africa. Ricorda il successo avuto in Tunisia con il coinvolgimento della Ue, di cui ha parlato con Biden. E sottolinea che quando le cose si spiegano bene a chi è più lontano geograficamente è più facile ottenere aiuti.

Quanto all’Ucraina, la postura netta di sostegno è confermata e rafforzata dal colloquio nello Studio Ovale. Meloni ribadisce che proprio l’aiuto dell’Occidente schierato con il Paese aggredito è la base indispensabile per poter parlare di pace, che altrimenti sarebbe solo un termine generico, se non inutile perché dovrebbe essere chiamata, invece, chiaramente resa all’invasione. Ricorda con forza che grazie proprio al sostegno dato all’Ucraina si eviterà una terza guerra mondiale. Non si può, quindi, lasciare passare la violazione del diritto internazionale.

Quanto al rapporto personale con Biden, il premier italiano alla domanda sorride e rivela (“lo posso dire perché è accaduto davanti alle telecamere”) che il presidente Usa le ha detto che gli sembra di conoscerla da molto. Ricorda che la moglie di Biden, Jill, ha parenti italiani. “C’è molta Italia, ovunque nel mondo, anche qui, alla Casa Bianca”, chiosa soddisfatta.

Da Washington D.C., ecco il capo di quel governo di centrodestra o destracentro che, secondo la sinistra nostrana, avrebbe messo paura all’Europa e al mondo occidentale. Il premier italiano e non la premier, come lei preferisce essere chiamata, raffredda anche certa retorica che si era sviluppata dopo la sua autodefinizione,nel discorso di insediamento alla Camera, sulle origini “underdog” da cui era partita. Sorride, ma ha tono fermo: “Non mi sento una Cenerentola, sono alla Casa Bianca come il presidente del Consiglio che guida questo Paese”. Qualcuno ci potrebbe vedere anche come una indiretta replica al monito del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, a Roma durante la cerimonia del Ventaglio della Stampa parlamentare, secondo il quale un eventuale “insuccesso” sul Pnrr “sarebbe una sconfitta non del governo, ma dell’Italia”. Ma forse è una interpretazione sbagliata o comunque forzata. Una cosa è certa: sembra essere passata tanta acqua sotto i ponti dai tempi di “Io sono Giorgia”.

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