Skip to content

dazi

Gioie e dolori per Ursula von der Leyen

L'Unione europea tra fatti e ideologismi. Il taccuino di Guiglia

Può sembrare un controsenso, ma succede quando la politica mescola temerariamente la realtà dei fatti e l’ideologismo.

Mentre l’Europa ha battuto ben due colpi in contemporanea tra Roma e Londra a sostegno dell’Ucraina, cioè nell’interesse anche di se stessa, al Parlamento di Strasburgo Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, subiva una mozione di censura alla fine respinta: 360 no, 175 sì, 18 astenuti e altri deputati usciti apposta dall’aula.

L’aveva presentata il romeno Gheorghe Piperea, vicepresidente del gruppo Conservatori e Riformisti di cui fa parte anche la destra di Fratelli d’Italia (che però si è dissociata dall’iniziativa).

Ursula era sott’accusa per la gestione poco trasparente di Pfizer, il vaccino usato contro il Covid. Per il non coinvolgimento dell’Eurocamera nel meccanismo di finanziamento del Piano europeo di riarmo, ossia di difesa del continente. Per le interferenze nelle elezioni tedesche e romene denunciate dal proponente.

Tutti argomenti dal forte richiamo politico. Ma il vero ballo in maschera di Strasburgo è nell’alleanza tra diversi – Ppe, socialisti e liberali – che sostiene la presidente.

Se l’azione politica di Ursula vira a destra (immigrazione e politica industriale), il mal di pancia viene ai socialisti e ai verdi dall’esterno.Se invece la presidente occhieggia a sinistra (ambiente e questioni sociali), a soffrire sono i popolari, il suo partito che è centrale nella coalizione, e i conservatori dall’esterno.

Dunque, il filo sottile della fiducia politica rinnovata s’allarga o si stringe a seconda dei temi e dei tempi. E ora arriva l’ultima grana: come rispondere ai dazi statunitensi.

Ma i contestuali vertici a Roma e Londra testimoniano che l’Europa, quando vuole, sa andare oltre i giochi di parte e di partito per concentrarsi su ciò che conta. Alla conferenza internazionale nella nostra capitale per ricostruire quel che Vladimir Putin distrugge ogni giorno in Ucraina, la presidente del Consiglio e artefice, Giorgia Meloni, indica impegni per oltre 10 miliardi di euro. Dice che l’Italia si occuperà di Odessa. E, in sintonia con le personalità presenti -il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, Ursula von der Leyen, lo stesso presidente ucraino, Volodymyr Zelensky- prospetta un “miracolo economico” grazie allo sforzo europeo.

“Serve un piano Marshall”, chiede Zelensky, mentre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, arriva alla conferenza per esortare gli europei a “non arrendersi” all’aggressione contro il “coraggioso popolo ucraino”. “Kiev non è sola”, sottolinea Mattarella. Presente alla riunione è pure l’inviato americano Keith Kellogg: notizia rilevante.

Anche la coalizione dei volenterosi -una trentina di Paesi- prende posizione nella capitale del Regno Unito. Il premier britannico, Keir Starmer, e il presidente francese, Emmanuel Macron, rivendicano la guida di una possibile e futura missione militare postbellica per garantire la pace in un Paese che è stato bombardato perfino nelle ore dei due vertici. Costringere Putin a negoziare: la “pace giusta” riparte da qui.

(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)

www.federicoguiglia.com

Torna su