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Gino Strada raccontato da Gino Strada

“Una persona alla volta” (Feltrinelli) di Gino Strada letto da Tullio Fazzolari   Per capire un po’ di più le migliori qualità di una persona qualche volta sono di aiuto dettagli o episodi apparentemente secondari. Gino Strada, chirurgo e fondatore di Emergency, era ateo ma aveva collaborato a lungo con organizzazioni di volontariato cattolico. E…

 

Per capire un po’ di più le migliori qualità di una persona qualche volta sono di aiuto dettagli o episodi apparentemente secondari. Gino Strada, chirurgo e fondatore di Emergency, era ateo ma aveva collaborato a lungo con organizzazioni di volontariato cattolico. E in questo non c’era nessuna contraddizione ma la massima coerenza con i propri valori. Era il modo per aiutare gli altri e Strada non si tirava indietro. Ed è quello che ha fatto per tutta la vita andando a operare feriti e curare malati quasi in ogni parte del mondo dall’Afghanistan al Sudan, dal Perù all’Iraq.

Gino Strada purtroppo non c’è più. Il solito brutto male se lo è portato via nell’agosto del 2021. “Una persona alla volta” (Feltrinelli, 176 pagine, 16 euro) esce postumo e nelle intenzioni dell’autore non vuole essere un’autobiografia ma il racconto in prima persona di un’esperienza unica attraverso quello che ha visto e ha capito. Però non è semplice distinguere perché in ogni pagina emergono sempre l’impegno e l’umanità di Strada, i suoi ideali e il suo modo di comportarsi. Se non è un libro di memorie quanto meno è la cronaca di un’esistenza vissuta come una missione e non come una semplice professione.

Quando nel 1994 nasce Emergency Gino Strada è già un chirurgo affermato. Il ragazzo che veniva dal quartiere operaio di Sesto San Giovanni si è laureato brillantemente in medicina, ha affinato la sua tecnica operatoria a Houston e Città del Capo, ha un posto fisso al policlinico e non avrebbe difficoltà a trovare lavoro in qualunque ospedale o clinica. Ma carriera e guadagno non sono la sua vocazione. Ha già scelto di fare il chirurgo per la Croce Rossa Internazionale ed è andato a operare in zone a rischio: Afghanistan, Bosnia, Etiopia. Curare i malati di cui nessuno si preoccupa è quello che gli sta a cuore. Emergency è lo strumento per farlo dove gli altri non intervengono.

Che questa fosse la sua vera missione forse Strada aveva cominciato a pensarlo sin da piccolo sentendo il racconto di quanto era successo a Sesto San Giovanni nel 1944: anziché prendere di mira la fabbrica Breda un bombardamento aveva colpito le case e una scuola elementare uccidendo più di 600 persone fra cui 184 bambini. Di sicuro ha dedicato la sua vita a rimediare agli orrori della guerra. Le esperienze che descrive in “Una persona alla volta” sono di fatto una condanna di tutte le guerre ma anche la difesa di un diritto fondamentale di ogni persona: quello del malato di essere curato. E dal racconto  di Strada risulta evidente come su questo ci sia ancora molto da fare. Fa quasi comodo pensare che questo sia un problema a Kabul o in Sierra Leone. In realtà, come denuncia Gino Strada, anche in Italia non va affatto bene se in un anno quattro milioni di persone rinunciano a curarsi per difficoltà economiche. Ricco o povero, il paziente va operato il malato va curato: una persona alla volta. Ma senza mai escludere nessuno.

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