Skip to content

Germania, verso un governo Cdu-Csu con la perdente Spd

I risultati delle elezioni in Germania e le prospettive di un governo a guida Merz (Cdu-Csu) con la perdente Spd. Weidel di AfD gongola: punta sul fallimento dell’ennesima Grosse Koalition e si prepara a sbancare la prossima volta. L'approfondimento di Pierluigi Mennitti

Il partito che ha raccolto il secondo peggiore risultato della sua storia si dovrà alleare con quello che ha ottenuto il risultato peggiore della sua. È la sintesi che forse meglio racconta lo scenario che i tedeschi hanno disegnato con il loro voto: la prospettiva di una nuova non più grossa coalizione tra Cdu/Csu e Spd. La frammentazione della società si è riflessa nelle urne e si proietta così nel prossimo Bundestag e sulla formazione del governo. Friedrich Merz ha vinto, neppure tanto, e solo perché è arrivato primo. Non basta. Il 28 e mezzo per cento dell’Unione (Cdu/Csu) è lontano dalle pur prudenti speranze di raggiungere almeno il 30%.

La crisi che investe il paese – economica e sociale – e il minaccioso contesto internazionale gonfiano le bisacce delle estreme: AfD a destra, che sfiora il 21% e diventa secondo partito raggiungendo lo status di Volkspartei (partito di massa), la Linke a sinistra, che data per morta appena un paio di mesi fa sfrutta l’onda delle proteste per l’azzardo parlamentare di Merz sui migranti e supera di slancio la soglia del 5%, sfiorando il 9.

Fino all’ultimo si è rimasti appesi alla sorte di due partiti minori – la liberale Fdp e il nuovo movimento di sinistra Bsw – che hanno ballato per ore sulla soglia del 5%. Il fatto che non l’abbiano raggiunta (il Bsw con il 4,9% si è fermato a una manciata di voti) permette ora a Merz di contrattare il programma del futuro governo solo con l’Spd. Imbarcare anche i Verdi in una coalizione a tre (che poi sarebbe stata a quattro, essendo l’Unione un aggregazione di due partiti conservatori, gemelli ma distinti) avrebbe richiesto maggiori compromessi e reso il governo più instabile. Non è ancora escluso che questo accada, i Verdi lanciano segnali di disponibilità puntando sulle comuni posizioni in politica estera che lascia aperta l’ipotesi di convergenze parlamentari su alcuni temi, anche senza partecipazione al governo.

Ma che i due partiti storici, pilastri della politica tedesca dal dopoguerra a oggi, raggiungano una risicata maggioranza (di 12 seggi) solo grazie alla distribuzione dei collegi uninominali è il segno della debolezza del centro politico. Cdu-Csu e Spd formeranno un governo dopo aver totalizzato il 45% dei voti. L’ultima Grosse Koalition del 2017 raggiungeva il 53,5%, quella precedente del 2013 ben il 67,2%. Uno sgretolamento dei due storici partiti di massa di oltre 20 punti in appena 12 anni.

Merz farà il Merz. Abituato a risorgere dopo tante sconfitte subite nelle lotte interne al suo partito, il futuro cancelliere proverà a sfruttare i pochi ma chiari punti di forza: l’urgenza della situazione, che richiede senso di responsabilità da parte dei due partiti storici, un chiaro vantaggio (12 punti) rispetto al partner socialdemocratico che dovrebbe permettergli di imporre la sua visione politica. Su tutto la sua irresistibile voglia di coronare la lunga rincorsa al potere, dopo gli anni dell’esilio ai tempi di Angela Merkel. Di fronte avrà un’Spd affranta, disposta a molto pur di aggrapparsi al governo e a non scivolare nella marginalità. I socialdemocratici saranno alle prese con una nuova rivoluzione interna, di personale e di programma e probabilmente saranno guidati da un pragmatico come Oscar Pistorius, ministro della Difesa uscente, che nei sondaggi vantava un grado di consenso superiore non solo a Olaf Scholz ma anche allo stesso Merz.

Ma l’Spd governativa (se si escludono i quattro anni del terzo esecutivo Merkel Cdu/Csu-Fdp, i socialdemocratici sono al governo dal 1998) dovrà di nuovo reggere la concorrenza a sinistra della Linke, ormai sempre più lontana parente di quel partito post-comunista che aveva raccolto l’eredità del partito Stato della Ddr. La nuova Linke rimodellata sui social media da Heidi Reichinnek punta sui diritti civili e sui temi sociali, unendo movimentismo e populismo e spopolando sui media frequentati dai giovani. Risulta infatti il partito preferito da chi è andato a votare per la prima volta. L’altro è AfD, segno che la nuova generazione ama la polarizzazione politica e i messaggi emozionali e forti, che portano in alto i consensi dettati dagli algoritmi. Uno spaccato di cyberpolitica che potrebbe preannunciare il futuro prossimo della Germania.

AfD è ormai un partito di massa. Sfonda ancora di più a est, dove supera ovunque il 30% e sfiora il 40% nella regione più ricca e avanzata della ex Ddr, la Sassonia. Ma conquista consenso anche a Ovest, dove il peso elettorale è più alto dato che i vecchi Länder sono più popolosi. Una occhiata ai primi dati rivela che il partito si avvicina in molte regioni al 20%, risultato inimmaginabile sono qualche anno fa. Alice Weidel gongola, tende provocatoriamente la mano a Merz e chiede perché la Cdu non voglia puntare a un governo di centro-destra. In realtà si mette alla finestra, convinta che il tempo giochi a suo favore: punta sul fallimento dell’ennesima Grosse Koalition e si prepara a sbancare la prossima volta.

Torna su