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Bassa Sassonia

Perché Scholz sorride dopo le elezioni in Bassa Sassonia

Cosa significa la riconferma di Weil in Bassa Sassonia per il governo Scholz. L'articolo di Pierluigi Mennitti da Berlino.

 

Olaf Scholz sorride grazie al presidente riconfermato Stephan Weil, Afd torna a crescere cavalcando l’ennesima crisi (ora quella energetica), i liberali mancano la soglia del 5% ed escono dal parlamentino regionale. Questi in estrema sintesi gli esiti principali del voto di domenica in Bassa Sassonia che potrebbero riverberarsi sulla politica nazionale.

Nel Land molto probabile un cambio di governo, sempre sotto la guida dell’esperto Weil: dalla Grosse Koalition fra Spd e Cdu si passerà molto probabilmente a una più organica maggioranza di centrosinistra fra Spd e Verdi. Questi ultimi potranno così mitigare la delusione per un risultato che, nonostante la crescita di quasi 6 punti rispetto a 5 anni fa, è inferiore alle speranze (specie quelle di qualche mese fa quando il partito sembrava poter addirittura competere per i primi posti). L’eventuale ingresso nell’esecitivo ad Hannover porterà comunque i Verdi a esser presenti nel governo di 14 Länder su 16: un record.

Restando nell’ambito della maggioranza del governo federale, nessuna consolazione potrà attutire la sberla ricevuta dai liberali, peraltro l’ultima della serie che li ha accompagnati per tutto il cammino elettorale regionale del 2022. Quattro elezioni, una sconfitta dietro l’altra, l’uscita dai parlamentini di Saarland e Bassa Sassonia e la perdita del governo in Nord Reno-Vestfalia e Schleswig-Holstein. Questa dèbacle, che mette in difficoltà (non in discussione) la leadership del ministro delle Finanze Christian Lindner, può rivelarsi la vera mina vagante per la stabilità dell’esecutivo di Olaf Scholz. È ormai chiaro che per i liberali l’alleanza di centro-sinistra si stia rivelando una camicia di forza nella quale è difficile ricavarsi un ruolo. La crisi energetica enfatizza le necessità di spesa, le capriole di Lindner per mascherare nuovi indebitamenti attraverso i fondi speciali non convince la tradizionale clientela del partito. E, evidentemente, neppure quella nuova.

Insieme alle insidie della guerra e dell’energia, Scholz dovrà ora temere quelle dell’Fdp, che può essere tentato dall’accentuare un ruolo di custode dei conti pubblici in una fase in cui il vessillo più alto che il cancelliere può sventolare ai suoi cittadini (ed elettori) è quello del pacchetto di 200 miliardi di euro. Per convincere i liberali a entrare nel governo, Scholz aveva assicurato che sotto la sua guida non sarebbe accaduto come con Angela Merkel, che era solita vampirizzare i propri alleati: tutti avrebbero trovato il loro spazio, tutti avrebbero accresciuto il loro consenso. A Lindner i conti non tornano.

Si arresta il recupero della nuova Cdu di Friedrich Merz. Il dato della Bassa Sassonia è negativo in ogni suo aspetto: quasi 6 punti in meno rispetto al 2017, probabilmente fuori dal nuovo governo regionale, con il 28% peggior risultato da quelle parti da 70 anni. Conta molto il fattore locale e il carisma del presidente socialdemocratico uscente: contro Weil non c’era partita, in tempi di crisi e insicurezza gli elettori si sono raccolti attorno al candidato di esperienza. A livello nazionale i sondaggi incoronano la Cdu come primo partito, ma perdere un’elezione importante, seppure locale, è sempre un brutto colpo. Il leader regionale cristiano-democratico, Bernd Althusmann, ministro dell’Economia uscente, non ha cercato giustificazioni e si è dimesso. È una regola non scritta ma quasi sempre rispettata: quando si perde si lascia, non fra sei mesi o un anno, ma qui e ora.

C’è poi il ritorno della protesta sotto le bandiere dell’Afd, Alternative für Deutschland. Del partito della destra radicale, che piace a Salvini ma non a Meloni, si erano un po’ perse le tracce negli ultimi tempi, ma l’ennesima crisi, questa volta arrivata dall’est, dona nuova linfa. Afd è abile a intercettare i nuovi malumori, anche se lo schema è un po lo stesso della crisi migranti e di quella pandemica (ma in questo secondo caso le ricadute elettorali erano state modeste).

Le coordinate questa volta sono chiare e tutte nelle corde del partito: non congeleremo per Kiev, comprensione per le pretese russe, no agli aiuti militari all’Ucraina e soprattutto responsabilità al governo per i rincari delle bollette che mandano sul lastrico le famiglie e approntano la deindustrializzazione della Germania. In Bassa Sassonia Afd ha ottenuto l’11%, il suo miglior risultato di sempre, aumentando i consensi di quasi 5 punti rispetto all’elezione precedente. Il suo ritorno sulla scena politica non è segnalato solo dalla mobilitazione nelle urne ma anche nelle piazze: sabato scorso, nel cuore di Berlino, la destra nazionalista ha portato 10 mila persone sotto la Porta di Brandeburgo. La polizia ne attendeva 4 mila.

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