Schizofrenia berlinese. Dopo che per mesi la Bundesbank ha accompagnato con squilli di tromba la corsa forsennata al rialzo dei tassi della Banca centrale europea (Bce), ora la richiesta che sale più o meno esplicitamente dal mondo economico tedesco è di innestare il più rapidamente possibile la retromarcia.
L’ACCUSA DELL’HANDELSBLATT ALLA BCE
La reattività non è certo la qualità principale dei tedeschi. Così suona quantomeno ingrata l’accusa che l’Handelsblatt ora rivolge all’istituto timorosamente guidato dalla francese Christine Lagarde. “Con l’aumento dell’inflazione, la Banca centrale europea ha esitato per mesi prima di aumentare i tassi di interesse, troppo a lungo secondo la maggioranza degli economisti”, scrive il quotidiano economico tedesco, “ora è il contrario: l’inflazione è in ritirata e la Bce è sospettata di aver ripetuto l’errore di due anni fa. Questa volta aspettando troppo a lungo prima di abbassare i tassi di interesse di riferimento”.
L’INFLAZIONE IN GERMANIA
L’Handelsblatt snocciola i dati sui prezzi di casa. Il tasso d’inflazione in Germania ha continuato a scendere a febbraio, anche più bruscamente del previsto: dal 2,9 al 2,5%, secondo una stima dell’Ufficio federale di statistica di Wiesbaden. Insomma, l’obiettivo della BCE del 2% si sta avvicinando. E questo ispira gli investitori contribuendo all’umore positivo dei mercati azionari. L’indice principale della Germania, il Dax, ha raggiunto un nuovo record di 17.742 punti giovedì 29 febbraio, il sesto giorno consecutivo con un massimo storico. E anche Wall Street ha registrato guadagni, sull’onda di incoraggianti e analoghi dati sui prezzi negli Stati Uniti.
Gli investitori apprezzano dunque la prospettiva di un calo dei tassi di interesse, perché migliora le prospettive di guadagno delle aziende, racconta ora quasi scolasticamente il quotidiano di Düsseldorf, inoltre riducono il reddito dei titoli a tasso fisso come le obbligazioni, rendendo le azioni più interessanti.
IL PARERE DELL’ESPERTO
Il problema, come spiega l’esperto chiamato a supporto, è che “l’economia si è indebolita notevolmente e c’è un alto rischio che la Germania subisca quest’anno un’altra recessione. Il principale freno alla politica economica, oltre alla politica fiscale, è la politica monetaria. Gli alti tassi di interesse rallentano soprattutto gli investimenti e mettono a rischio il successo della trasformazione”.
Le parole sono di Marcel Fratzscher, presidente del Diw di Berlino, il Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung, uno dei centri di ricerca economica più autorevoli del paese. Certo, Fratzscher non è esattamente la personificazione dell’ortodossia economica tedesca, anzi in patria gode fama quasi di Cassandra. Negli anni passati, quelli del Bengodi merkeliano, si attirò non poche antipatie pubblicando un libro che oggi appare preveggente, “L’illusione tedesca”, nel quale evidenziava i ritardi strutturali che rendevano fragile quel boom e ai quali si sarebbe dovuto ovviare con robuste politiche di investimenti, anche ricorrendo al debito visto che allora i tassi erano bassi.
È tuttavia interessante il fatto che la sua firma sia oggi una costante nei contributi esterni dell’Handelsblatt e che le sue tesi non siano più le idee di un outsider ma un punto di orientamento.
LA GERMANIA È DAVVERO IL MALATO D’EUROPA?
E poi c’è l’economia tedesca, in affanno, che di tutto ha bisogno tranne che di strette monetarie. La novità è che ora se n’è accorto anche l’Handelsblatt.
Scrive ancora Fratzscher: la Germania non è il malato d’Europa e né l’economia tedesca né quella europea sono in crisi, le stime di crescita sono significativamente ridotte ma siamo lontani da quella che si definisce una crisi economica. “La più grande sfida di politica economica è strutturale: le imprese hanno urgentemente bisogno di fare più investimenti per adattarsi alle nuove tecnologie, digitalizzarsi e diventare più innovative nel medio termine. Questo perché spesso gli investimenti richiedono molti anni per essere attuati ed avere effetto. Ciò richiede non solo riforme strutturali e una politica fiscale più espansiva – che attualmente sembra impossibile a causa dell’ossessione della Germania per il freno al debito – ma anche una politica monetaria meno restrittiva”.
La Bce – è ora il lamento del mondo imprenditoriale tedesco – rischia di ripetere l’errore di due anni fa e di agire in ritardo. L’Handelsblatt ne è quasi certo e conclude sconsolato: “Un taglio dei tassi giovedì prossimo non è ancora un’opzione. Le dichiarazioni dei principali banchieri centrali fino al capo della Bce, Christine Lagarde, non permettono di trarre altre conclusioni. Il taglio dei tassi avverrà non prima di aprile. Ma potrebbero volerci altri tre mesi, se non di più”.