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Bassa Sassonia

Le elezioni in Bassa Sassonia agitano Scholz?

Tutte le possibili conseguenze delle elezioni in Bassa Sassonia, Land vasto e popoloso della Germania, sul governo Scholz. L'articolo di Pierluigi Mennitti da Berlino.

Solo chi non considera il peso dei Länder nell’architettura federale dello Stato tedesco può sorprendersi del perso che assume nella politica tedesca ogni singola elezione regionale. Solo come memoria: fu una rovinosa elezione regionale a chiudere anticipatamente il secondo governo di Gerhard Schröder e ad aprire con nuove elezioni nel 2005 la lunga era di Angela Merkel. Se poi ad andare al voto è un Land vasto e popoloso come la Bassa Sassonia, allora l’importanza della posta in gioco è più chiara.

Stretta tra la brughiera di Hannover e il Mare del Nord, questo Land spesso confuso con altre Sassonie di Germania (altri due Länder riportano lo stesso nome in altre combinazioni) occupa un posto centrale nelle vicende della transizione industriale della principale economia europea, annoverando la centrale e gli stabilimenti della Volkswagen a Wolfsburg, in passaggio dai motori a combustione alla produzione elettrica, i parchi eolici offshore ai confini con le acque territoriali danesi e olandesi, fino ai porti sulla costa dove procedono frenetici i lavori per i primi rigassificatori d’emergenza.

Un tema di strettissima attualità come il passaggio dalla dipendenza energetica da Mosca alla diversificazione di fonti a approvvigionamenti passa soprattutto da qui. Così come da qui passano le vie strette del governo nazionale di Olaf Scholz, sballottato da sondaggi non proprio entusiasmanti e sfide da far tremare i polsi. Un risultato negativo del suo partito e della sua coalizione avrebbe ripercussioni pesanti nella capitale, anche se certo non determinerebbe una crisi di governo.

Per fortuna (di Scholz) alla guida della Bassa Sassonia c’è una vecchia volpe come Stephan Weil, 64 anni, al timone dal febbraio del 2013. Una vita intera dentro l’Spd e una gavetta alle spalle che contempla anche sei anni come sindaco di Hannover. Scontroso (ma per i tedeschi è un segno di personalità), prudente, Weil è un pragmatico con i piedi ben piantati per terra, cosa apprezzata dagli elettori di questo enorme Land che oltre alle auto, alle turbine e ai futuri tubi dei rigassificatori conta un’ampia e solida tradizione agricola.

Finora ha governato per due legislature con due differenti coalizioni: la prima, con un solo seggio di maggioranza, con i Verdi, la seconda in sella a una Grosse Koalition con i cristiano-democratici. E ha attraversato tutte le crisi che hanno investito la Germania nell’ultimo decennio: il dieselgate di Volkswagen (di cui come presidente della Bassa Sassonia è membro del consiglio di sorveglianza), l’emergenza migranti, la pandemia, ora la crisi energetica.

I sondaggi lo danno in vantaggio tra i 3 e i 5 punti per ottenere il terzo mandato, con il quale diventerebbe il presidente più longevo della storia del Land, superando un nome storico della regione, il cristiano-democratico Ernst Albrecht che altri non era che il padre di Ursula von der Leyen. Se poi i cittadini votassero direttamente il presidente, senza passare dalla mediazione dei partiti, la sua vittoria non sarebbe neppure in discussione, dato il vantaggio di cui gode come consenso personale nei confronti degli altri contendenti.

La sua vittoria tranquillizzerebbe Scholz ma non l’intera compagine del governo nazionale. Secondo le previsioni i liberali ballano pericolosamente sulla soglia di ingresso del 5%, i Verdi vedrebbero frenata l’irresistibile ascesa attorno al 16%, la metà del consenso attribuito all’Spd. E l’estrema destra di Afd tornerebbe a crescere di quasi 5 punti rispetto al 2017, anno in cui il tema forte dell’immigrazione era centrale. E rispetto ad allora, anche i due pilastri della politica tedesca – Cdu e Spd – perderebbero il 5-6%. Nonostante Weil.

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