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Ecco come la Germania si spacca sull’AfD dopo il cazzotto dei Servizi segreti

Cosa significa per la Germania la decisione di classificare AfD come forza estremista: la strada verso un eventuale divieto legale del partito, comunque, si presenta complessa. Ecco perché

La recente decisione dell’Ufficio federale tedesco per la protezione della Costituzione di classificare Alternative für Deutschland (AfD) come forza “estremista accertata” ha innescato un acceso dibattito politico sul futuro del partito e sulle misure che la Repubblica Federale potrebbe adottare. La questione di un possibile divieto di AfD è ora sul tavolo, con posizioni divergenti tra le forze politiche e tensioni crescenti all’interno della nuova coalizione di governo.

CRESCE IL FRONTE FAVOREVOLE AL DIVIETO DI AfD

A guidare la richiesta di un divieto sono i partiti di sinistra, Verdi e Linke, che si sono subito espressi a favore dell’avvio di una procedura formale per bandire AfD. Ma è soprattutto all’interno dell’Spd, componente della futura coalizione di governo insieme a Cdu e Csu, che si moltiplicano le voci favorevoli a un intervento deciso. La vicepresidente del partito, Serpil Midyatli, e il ministro dell’Interno della Turingia, Georg Maier, hanno detto che “il divieto deve arrivare”. Anche Manuela Schwesig, presidente del Meclemburgo-Pomerania Anteriore, uno dei Land orientali dove AfD ha scalzato i socialdemocratici come primo partito, ha chiesto di accedere alla perizia riservata con cui i servizi segreti motivano la classificazione, sottolineando che si tratta di un passaggio essenziale per valutare le possibilità di successo di una procedura di divieto dinanzi alla Corte costituzionale federale.

Ufficialmente, la dirigenza dell’Spd mantiene una posizione prudente. Il segretario generale Matthias Miersch ha ribadito la necessità di un confronto con i partner di coalizione cristiano-democratici. Tuttavia, il co-presidente Lars Klingbeil, che già in passato aveva definito AfD e i suoi sostenitori “nazisti”, non ha escluso la possibilità di un divieto. “Potrebbe essere una possibilità”, ha affermato, invocando una rapida valutazione della perizia dell’Ufficio federale e una decisione tempestiva da parte del nuovo esecutivo.

PRESSIONI ANCHE NEL CAMPO CONSERVATORE

Le pressioni non arrivano solo da sinistra, ma si estendono anche all’interno della Cdu, in particolare dalla sua ala più moderata. Daniel Günther, presidente dello Schleswig-Holstein, ha chiesto apertamente al governo federale di avviare rapidamente una procedura per il divieto di AfD, in nome della difesa della democrazia. Sulla stessa linea si è espressa la Cda, l’ala dei lavoratori della Cdu,m secondo cui la valutazione dei servizi segreti costituisce una base sufficiente per procedere.

Tuttavia, la leadership dell’Unione (Cdu e Csu) mantiene un profilo più cauto. Friedrich Merz, finora contrario all’ipotesi di un divieto, non ha rilasciato dichiarazioni recenti sull’argomento. Thorsten Frei, scelto come capo della Cancelleria, ha ribadito l’approccio preferito da Merz: gli estremisti devono essere combattuti politicamente, non messi al bando. Frei ha tuttavia riconosciuto la necessità di valutare le conseguenze legali della nuova classificazione di AfD.

TRA OSTACOLI GIURIDICI E INCOGNITE POLITICHE

La strada verso un eventuale divieto legale di AfD si presenta comunque complessa. La Corte costituzionale federale impone criteri rigorosi per la messa al bando di un partito politico. L’ultimo tentativo in tal senso, nel 2017 contro il Partito nazionaldemocratico tedesco (Npd), si è concluso con un fallimento. Oltre al governo federale, anche il Bundestag e il Bundesrat hanno la facoltà di presentare una richiesta formale, ma tutti dovranno prima esaminare attentamente il materiale raccolto dai servizi segreti.

Accanto alla dimensione giuridica, si impone una riflessione politica più ampia. Cdu e Csu mirano a riconquistare gli elettori di AfD tramite una politica migratoria più severa e riforme strutturali. La scelta di chiedere un divieto potrebbe compromettere la credibilità di questa strategia agli occhi dell’elettorato, specie nell’Est del paese, dove AfD occupa ormai stabilmente il primo posto e può essere considerato a tutti gli effetti un partito di massa.

I DOLORI DI FRIEDRICH MERZ

L’evoluzione del dibattito sta già avendo ripercussioni sugli equilibri interni all’Unione, proprio nel momento in cui il governo si appresta a compiere i primi passi. L’ala rappresentata da Jens Spahn, il nuovo capogruppo dell’Unione, favorevole a una normalizzazione dei rapporti con AfD, si trova ora in difficoltà. Spahn aveva recentemente chiesto di trattare il partito come gli altri, almeno sul piano istituzionale, ad esempio nell’assegnazione delle presidenze delle commissioni parlamentari. Ma la classificazione ufficiale di AfD come partito estremista ha rafforzato chi, come la vicepresidente del Bundestag Andrea Lindholz, rifiuta qualsiasi forma di collaborazione o riconoscimento formale.

Il leader della Csu bavarese, Markus Söder, ha ribadito che non ci può essere alcuna tolleranza per i “nemici della democrazia”, mantenendo alta la barriera politica e morale nei confronti di AfD. Questo irrigidimento rischia di polarizzare ulteriormente il dibattito, soprattutto in vista delle elezioni regionali del 2026 in Sassonia-Anhalt, Land dell’est dove AfD è già stato classificato come estremista a livello regionale e gode comunque di un ampio sostegno elettorale.

STAMPA SCETTICA, PER LA NEUE ZÜRCHER ZEITUNG È UNA VITTORIA DI PIRRO

Anche nel mondo dei media c’è chi vede di buon occhio la decisione dell’Ufficio per la protezione della Costituzione e, come le due testate televisive statali Ard e Zdf, si interroga sull’opportunità di trattare i rappresentanti di AfD invitati nelle trasmissioni ( in verità non molti al di fuori degli spazi istituzionali) in maniera identica a quelli degli altri partiti.

Ma in generale prevale lo scetticismo sulla decisione e, in particolare, sulla sua efficacia nel contrastare l’ascesa dell’estrema destra, non solo a est ma anche a ovest, dove il partito ha ultimamente ottenuto consensi fino a poco tempo fa impensabili.

Più critica di tutti è la Neue Zürcher Zeitung, quotidiano svizzero di lingua tedesca fra i più autorevoli in Europa, che in un suo editoriale parla di una possibile “vittoria di Pirro”. Se da un lato la decisione segna un passo importante contro l’estremismo di destra, dall’altro potrebbe avere l’effetto paradossale di alimentare la sfiducia nella democrazia, in particolare nella Germania orientale. Lì, il sentimento di alienazione e opposizione nei confronti delle istituzioni federali potrebbe accentuarsi, rafforzando proprio quelle dinamiche che il provvedimento intende contenere.

Il giornale avverte che una procedura di messa al bando contro un partito che oggi rappresenta la seconda forza nel Bundestag – e che in alcuni sondaggi è addirittura in testa – è un esperimento politico ad alto rischio. Un’esclusione legale potrebbe radicalizzare ulteriormente AfD o i suoi elettori, mentre la repressione giudiziaria, invece del confronto politico, potrebbe segnare l’inizio di una crisi democratica profonda. Il quotidiano di Zurigo conclude sostenendo che la lotta all’estremismo dovrebbe restare nelle mani del confronto democratico e non essere delegata alle autorità statali, “per evitare che la Repubblica Federale finisca in un vicolo cieco politico dal quale sarà difficile uscire”.

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