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Mattarella

Garofani dice quello che pensa Mattarella? Non credo proprio. Scrive Cazzola

È un problema di Mattarella quello di scegliersi i propri collaboratori e di confermare loro la fiducia anche quando - come Garofani - lo mettono in difficoltà. L'analisi di Cazzola.

Cerchiamo di essere seri. I fatti li ha riassunti con insolita obiettività Marco Travaglio a 8 ½, lasciando Lilli Gruber con un palmo di naso. Saverio Garofani, consigliere del presidente Sergio Mattarella e segretario generale del Consiglio supremo di difesa, parlando in pubblico – Garofani stesso ha definito quella conversazione come quattro chiacchiere con amici – ha fatto dei commenti riguardanti un progetto per impedire che Giorgia Meloni vinca le elezioni nel 2027 e le possa venire la tentazione di aspirare al Quirinale. Il progetto riguarderebbe la presentazione di una grande lista civica nazionale, che però non basterebbe per sconfiggere il centro destra a meno di non predisporre, strada facendo, l’ausilio di un incidente di percorso.

La Verità, avuta la notizia, l’ha sparata in apertura del giornale, allargandosi fino ad attribuire agli ambienti del Quirinale un vero e proprio piano che dovrebbe consentire il raggiungimento di questi obiettivi. Lo stesso Travaglio, in trasmissione, ha evidenziato la gravità del fatto e la mancanza di cautela del consigliere, sostenendo che sarebbero opportune le sue dimissioni. Il capogruppo di FdI alla Camera, Galeazzo Bignami, ha chiesto a Garofani di smentire, incontrando una severa reazione del Quirinale per aver dato credito ad affermazioni ridicole. Il consigliere non solo non ha smentito, ma nei fatti ha confermato i contenuti del colloquio, derubricandoli a “quattro chiacchiere” con gli amici.

Per quale motivo il Quirinale sente il bisogno di emettere un comunicato tanto duro e riferito alla persona di Bignami, se non era stato chiamato in causa dall’esponente di FdI? Per essere corretto, secondo il Quirinale, Bignami avrebbe dovuto concludere, da solo, che quella storia era frutto di un attacco del giornale al Capo dello Stato e non farci caso, per essere smentito quando, un giorno dopo, la vicenda viene confermata dallo stesso interessato, che per di più racconta di aver ricevuto parole di conforto da parte del presidente? Che FdI veda agguati ovunque è un fatto provato; che Mattarella non sia come un suo predecessore propenso ad intrighi è fuor di dubbio. Questa attitudine è stata riconosciuta anche da FdI, nelle considerazioni svolte dopo l’intervento di Bignami e le reazioni che ne sono derivate. Addirittura è stato ipotizzato che l’attacco al Quirinale (che non c’è stato) sia una conseguenza della risolutezza con cui Sergio Mattarella ha gestito la riunione del Consiglio supremo di difesa e della nettezza del comunicato finale sulla guerra in Ucraina, come se nel governo la linea di Crosetto traballasse sotto la pressione di Salvini.

È certamente vero che il governo italiano mantiene sull’Ucraina una linea di maggiore prudenza rispetto ad altri governi europei come i c.d. volenterosi. E le sollecitazioni di Mattarella sono opportune e preziose. Ma il capo dello Stato sa bene che un governo del campo largo avrebbe una linea molto più equivoca e rinunciataria sulla solidarietà con l’Ucraina e sul riarmo dell’Europa, questioni che sono prioritarie – fortunatamente – per il Quirinale. Tutto ciò premesso, è un problema di Mattarella quello di scegliersi i propri collaboratori e di confermare loro la fiducia anche quando (come Garofani) lo mettono in difficoltà. Sempreché sia chiara la dinamica dei fatti e quali sono le effettive responsabilità dell’incidente tra il Quirinale e FdI.

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