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Brics e G20: tutte le rivalità geopolitiche tra India e Cina. Report Le Monde

La rivalità tra Cina e India sta contagiando anche il G20. L'articolo di Le Monde.

 

Dopo il vertice dei BRICS, dominato dalla Cina, il no di Xi Jinping al vertice del G20 in programma sabato a Nuova Delhi, in India, evidenzia le tensioni tra i due giganti asiatici, che rivendicano la leadership del “Sud globale”. Questa competizione evidenzia anche la perdita di influenza dell’Occidente, scrive Sylvie Kauffmann, editorialista di Le Monde, nel suo articolo.

L’immagine è un po’ sfocata, come nei vecchi filmini di famiglia, ma il messaggio è chiaro. È un servizio video dell’agenzia di stampa americana AP che è circolato qualche giorno fa su X (ex Twitter): mostra l’arrivo dei capi di Stato al settimo vertice dei non allineati a Nuova Delhi nel 1983, in una fila di Mercedes nere, accolti da Indira Gandhi, il primo ministro, fiera ed eretta nel suo sari verde e giallo. Si è poi rivolta ai colleghi dal rostro. Al termine del suo discorso, Fidel Castro la abbracciò calorosamente.

Il messaggio era quello di una famiglia numerosa e piuttosto eterogenea di Paesi, molti dei quali erano usciti dalla decolonizzazione e che, in piena Guerra Fredda, volevano far sentire la propria voce al di fuori dei due grandi blocchi, quello americano e quello sovietico – anche se alcuni, come Cuba, erano di fatto allineati con l’URSS. L’iniziatore di questo movimento fu il padre di Indira Gandhi, Jawaharlal Nehru, il primo capo di governo dell’India indipendente. All’epoca del vertice del 1983, l’India e la Cina – che partecipavano solo come osservatori – avevano un PIL paragonabile, ma solo una minima parte di quello degli Stati Uniti.

Quarant’anni dopo, il 9 e 10 settembre, l’India ospita un vertice completamente diverso, quello del G20, che quest’anno presiede. Anche il contesto è molto diverso. La Cina, seconda economia mondiale, è in competizione con gli Stati Uniti. Il Fondo Monetario Internazionale prevede che entro il 2023 la Cina contribuirà al 35% della crescita globale, l’India al 15% e le Americhe (Nord e Sud) al 14%. Mentre l’economia cinese sta rallentando, quella indiana è in piena espansione. Oggi è il Paese più popoloso del mondo, davanti alla Cina. Ed è appena sbarcata sulla Luna.

Il G20, un “momento indiano”

Il vertice del G20, preparato da tempo e al quale hanno partecipato il presidente Joe Biden, i principali leader occidentali e quelli dei principali Paesi emergenti, doveva essere una sorta di apoteosi di questo “momento indiano”. Un annuncio dell’ultimo minuto ha rovinato la festa: Xi Jinping, il Presidente cinese, sarà sostituito dal suo Primo Ministro. A questo si aggiunge l’assenza di Vladimir Putin, impegnato nella sua guerra in Ucraina e ormai poco gradito all’Occidente.

È la prima volta che Xi salta un vertice del G20; Pechino non ha fornito alcuna spiegazione per la sua assenza. È per evitare un vertice a margine del G20 con Joe Biden, che dovrebbe incontrare a novembre alla riunione degli Stati del Pacifico a San Francisco? Per concentrarsi sui suoi problemi interni? Oppure per dimostrare al padrone di casa, Narendra Modi, chi è il maestro degli orologi in Asia?

Quest’ultima spiegazione, sullo sfondo della rivalità tra i due giganti asiatici per la leadership del “Sud globale”, ha ovviamente molti sostenitori. La competizione tra Pechino e Delhi è già stata alla base del vertice BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) di Johannesburg di fine agosto, dominato dall’inizio alla fine da Xi. L’allargamento del gruppo a undici Paesi è stato visto come un successo per la Cina, che vorrebbe vedere nei BRICS un embrione di ordine alternativo a quello che gli Stati Uniti hanno organizzato intorno a sé.

L’annuncio dell’assenza del presidente Xi è stato preceduto anche da una mossa cinese che non ha mancato di indignare gli indiani – tra l’altro, perché non sono gli unici bersagli dell’espansionismo di Pechino: la pubblicazione dell’edizione 2023 della “mappa nazionale” della Cina. I geografi del regime non scherzano: questo documento ufficiale colloca all’interno dei confini cinesi lo Stato indiano dell’Arunachal Pradesh e l’altopiano dell’Aksai Chin, una regione su cui Pechino e Delhi hanno una disputa territoriale. “Questa assurda rivendicazione del territorio indiano non lo rende territorio cinese”, ha protestato il capo della diplomazia indiana, Subrahmanyam Jaishankar. Non proprio l’auspicio di un G20 sereno: con amici così, chi ha bisogno di nemici?

Multi-allineamento

Al di là degli intoppi ciclici, le tensioni tra Cina e India all’ombra del G20 riflettono un sistema internazionale in preda alla frammentazione, dove la Cina cerca di imporre la sua visione di un ordine alternativo a quello occidentale, mentre l’India vuole soprattutto fare la sua strada. “Io sto dalla mia parte e da quella di nessun altro”, diceva Nehru quando gli si chiedeva se stesse dalla parte dell’Oriente o dell’Occidente. La multipolarità del mondo del XXI secolo è più complicata e l’India, pur tenendo d’occhio la Cina, naviga tra gli Stati Uniti, con cui si è avvicinata molto, la Russia, che le è ancora molto utile, e alcune medie potenze. Il non allineamento ha lasciato il posto al “multiallineamento”. Il modello democratico è stato sostituito da una proliferazione di autocrazie disinibite.

È tutto molto fluido, come il BRICS e il G20. La Cina fa avanzare metodicamente le sue pedine e i suoi acronimi, sostituendo la stella spenta della Belt and Road Initiative (BRI) – le “nuove vie della seta” che gli Stati europei stanno abbandonando – con la Global Development Initiative (GDI), la Global Security Initiative (GSI) e, perché no, la Global Civilization Initiative (GCI).

Sta investendo nell’ONU e, al di fuori di essa, cerca di allargare i cerchi intorno a sé, a rischio di respingimenti: l’Indonesia, ad esempio, ha preferito aspettare prima di entrare nei BRICS. Ma molti altri Stati sono candidati. “Non ho visto nessuno bussare alla porta del G20”, ha avvertito di recente Emmanuel Macron. In effetti sì: è possibile che l’Unione Africana venga ammessa. Ma la trasformazione del G20 in G21 non deve far dimenticare all’Occidente la radice del problema: se impiega troppo tempo a condividere il potere nel sistema internazionale che ha costruito, alla fine rischia di perderlo.

(Estratto dalla rassegna stampa di eprcomunicazione)

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