Il più furbo pensa forse di essere stato Giuseppe Conte recandosi personalmente al Viminale per vantarsi di avere messo la pace – come parola – nel simbolo del Movimento 5 Stelle da lui presieduto. Come per dare dei guerrafondai, o comunque poco sensibili sul tema, a tutti gli altri. Ma soprattutto al Pd di Elly Schlein, già da lui rimproverata, in uno degli scontri che si inseguono da mesi, di non avere tolto al suo partito “l’elmetto” infilatogli dal predecessore Enrico Letta prima delle elezioni politiche anticipate del 2022: quando partecipò a suo modo alla difesa dell’Ucraina dall’aggressione della Russia di Putin. Conte invece proprio o soprattutto su questo aveva rotto non solo col Pd ma, nel proprio partito, con Luigi Di Maio ancora ministro degli Esteri. Che ne aveva denunciato i contatti con l’ambasciata russa in Italia, attivissima contro l’Ucraina, per attenuare e cercare addirittura di rovesciare la linea atlantista ed europeista del governo di Mario Draghi.
Alla pace, ma anche alla terra e alla dignità, ha intestato le sue liste alle elezioni europee anche l’esordiente capo Michele Santoro, di cui chissà se e in che misura teme la concorrenza l’ex premier grillino, in subordine naturalmente a quella che in questo caso egli non subisce ma alimenta nei rapporti col Pd. Dove tuttavia è esploso il solito, mezzo putiferio apparentemente di metodo, ma in realtà di sostanza e persino di identità.
SCHLEIN, TRA CANDIDATURA E NOME NEL SIMBOLO DELLE LISTE
La decisione della segretaria di candidarsi personalmente, pur col sostegno del presidente del partito ed ex concorrente alla segreteria Stefano Bonaccini, non ha trattenuto quella mezza icona che viene ancora ritenuta Romano Prodi dal rinnovare all’esterno il suo dissenso. Anzi, la sua protesta per lo scarso rispetto che si mostra per la democrazia candidandosi – come tuttavia fanno anche altri leader o leaderini di partito – ad un seggio cui si sa in anticipo di dovere rinunciare, solo nella presunzione di misurare la propria popolarità e di tirare la volata ad altri aspiranti all’euroseggio destinati a subentrare.
Ma oltre che sulla propria candidatura è scoppiato un caso al Nazareno per la volontà della Schlein di mettere il proprio nome nel simbolo delle liste del Pd. E anche ciò col consenso di Bonaccini, cui la segretaria ha concesso la postazione di capolista nella circoscrizione di cui fa parte la regione che lui presiede, cioè l’Emilia-Romagna. Dio mio, che vespaio. Impraticabilità di campo, ha raccontato in televisione Alessandro De Angelis, da Fabio Fazio