Ora che Raffaele Fitto è stato confermato quale vice-presidente esecutivo della Commissione UE ci si dovrà preoccupare di riempire la casella che lascia vuota a Palazzo Chigi. Ci auguriamo che non ci si limiti a trovare un rimpiazzo e che, nella realizzazione del turn-over, si metta mano ad una migliore definizione dei compiti da realizzare.
Per quello che posso valutare dall’esterno, Fitto ha fatto dei veri miracoli nella gestione del PNRR e, in generale, delle risorse finanziarie. È stato impeccabile dal punto di vista della messa in opera (fase downstream). Nulla ha fatto, probabilmente perché non gli era stato chiesto, sul versante del coinvolgimento dell’Italia nella fase preparatoria (nel gergo UE fase ascendente, upstream) della legislazione UE (nella messa a punto dei testi dei Regolamenti e delle Direttive). In questo modo si è consolidata la tradizione che vede l’Italia assente nella fase di preparazione della legislazione UE. Tecnicamente si continua a non dare esecuzione alle leggi 11 del 2005 (nota come legge Buttiglione) e 34 del 2012 (legge Moavero) che prevedono la creazione di una sorta di segretariato definito Comitato Interministeriale Affari Europei (CIAE).
Vediamo rapidamente di cosa stiamo parlando. Nella UE il potere di iniziativa legislativa è esclusivamente della Commissione, il Parlamento della UE non ha questo potere. La Commissione mette a punto una proposta di testo che invia contemporaneamente al Consiglio e al Parlamento, i quali sono chiamati a trovare un accordo su un testo che soddisfi sia il Consiglio che il Parlamento. Il Consiglio e il Parlamento non possono, peraltro, discostarsi in maniera significativa dal testo proposto dalla Commissione che partecipa alle negoziazioni tra Consiglio e Parlamento e può ritirare la sua proposta qualora si rendesse conto che il Consiglio e il Parlamento stiano raggiungendo un accordo su un testo che si discosta troppo da quello proposto dalla Commissione stessa.
La domanda che ci si deve porre a questo punto è: ma su che base la Commissione mette a punto le sue proposte di Regolamenti e Direttive? La Commissione, ovviamente, non dispone di una magica sfera di cristallo. Esiste tutta una fase pre-legislativa in cui la Commissione viene coinvolta in quelli che, secondo la terminologia della scienza politica, vengono definiti i processi di articolazione, prima, e poi di mediazione degli interessi. Questi processi si realizzano attraverso una serie di Comitati (di esperti e consultativi) e attraverso delle consultazioni aperte a tutti prevalentemente on line. È in questa fase che si mettono a punto le politiche della UE. Tanto per intendersi, il green deal non è stato deciso dalla Commissione Von der Leyen (2019-24) ma nel 2012 proprio nell’ambito di questo processo pre-legislativo. Va qui notato che la Commissione ha maturato una competenza nell’articolazione e nella mediazione degli interessi che il Parlamento non ha né potrebbe avere, vista la sua composizione. La Commissione oggi svolge prevalentemente questa funzione di articolazione e mediazione tra prospettive e interessi formulati in maniera tecnica. La Commissione è venuta via via perdendo il monopolio della “competenza sostanziale” che aveva nei primi decenni dello sviluppo della architettura europea. Quindi risulta fondamentale oggi, sopra tutto dopo Maastricht, per ogni Stato Membro essere presente nella fase pre-legislativa. La legge 11 del 2005 (legge Buttiglione) e la legge 34 del 2012 (legge Moavero) hanno proprio l’obiettivo di coordinare la presenza dell’Italia nella fase pre-legislativa (fase ascendente / upstream). Si tratta di un lavoro certosino di monitoraggio dei vari comitati, dei loro membri, delle rispettive agende e dei verbali delle riunioni, per tirare le fila e impartire le opportune direttive. Tutte attività che oggi possono venir realizzate on line. Ebbene a Palazzo Chigi, ma nemmeno alla Farnesina, esiste nessuno che si occupi di queste quisquilie, in questo modo ignorando gli obblighi di legge e, di conseguenza, lasciando l’Italia in balia degli altri Stati Membri nella definizione delle politiche europee.
In questi giorni emerge che l’attuale Commissione non dispone in Parlamento di una solida maggioranza. Ai nostri osservatori sfugge che questo fatto aumenta il potere di fatto dei meccanismi upstream di messa a punto pre-legislativa della politica UE. Meccanismi in cui l’Italia è assente.
La sostituzione dell’on. Fitto dovrebbe essere l’occasione per mettere mano alla messa in opera del Comitato Interministeriale Affari Europei (CIAE), soprattutto della parte operativa relativa alla messa a punto dei meccanismi di trasmissione dei nostri interessi nella fase pre-legislativa della UE.
L’assenza dell’Italia nella fase di preparazione della politica UE è probabilmente riconducibile ad un gap culturale che ci caratterizza nei confronti della maggior parte degli altri Stati Membri UE. Da noi si pensa che l’architrave del processo decisionale pubblico si basi esclusivamente sulla rappresentanza politica e democratica. Sopra le Alpi si è, al contrario, ben coscienti che qualunque decisione pubblica ha due componenti: una democratica (lasciata ai meccanismi parlamentari) ed una tecnica che richiede il coinvolgimento di esperti. Non è solo sul versante della UE che soffriamo di una iper politicizzazione delle nostre decisioni pubbliche.
(A chi volesse approfondire questo tema mi permetto di suggerire una mia recente pubblicazione: M. Balducci, Un gatto che si morde la coda ovvero le riforme della Pubblica Amministrazione, Milano, Guerini e Associati cap. 2.8.)