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reato femminicidio

Femminicidi: fatti, numeri e azzeccagarbugli

Il femminicidio entra nel codice penale con l’ergastolo obbligatorio: una svolta simbolica e concreta per fermare la violenza di genere, oltre le dispute giuridiche e i cavilli. Il taccuino di Guiglia

 

In punta di diritto il concetto stesso di femminicidio si presta a obiezioni. L’omicidio è già punito con severità e include, ovviamente, anche la violenza di genere. E poi è difficile definirlo in modo specifico. Senza dimenticare che il vero deterrente non può essere solo la condanna del maschio assassino, bensì l’impegno a prevenire fin dalla famiglia, la scuola e il contesto sociale che un uomo possa ammazzare una donna. Educando tutti al rispetto e alla parità fin da piccoli.

Ma mentre giuristi e filosofi discettano tra le nuvole su ciò che è bene, qui nel pianeta Italia ogni tre giorni si registra il male del femminicidio.

E perciò per una volta con encomiabile unanimità il Senato della Repubblica ha deciso che le chiacchiere degli Azzeccagarbugli stanno a zero e ieri ha approvato l’introduzione di una nuova fattispecie di reato.

Tuttavia, la notizia non è che il femminicidio entra nel codice penale e finirà sulla Gazzetta Ufficiale non appena anche la Camera avrà dato, come darà, il suo consenso al disegno di legge del governo.

L’autentica novità è un’altra, semplice, chiara e illuminante come il sole: d’ora in avanti chi ucciderà una donna, morirà in galera.

Bisogna dirlo alto e forte, perché il femminicida – questo prevede il testo legislativo – andrà dritto all’ergastolo. Chi sbaglia, paga e il maschio omicida pagherà carissimo: ecco perché è importante sottolinearlo in una società che in parte ha perso il senso del rischio che corre, se e quando commette un reato o un delitto.

Ma qui – altra novità – poco importa se la persona presa di mira è moglie o compagna, fidanzata o ex, amica o conoscente. Importa molto, invece, far capire ai malintenzionati che il gesto criminale diventerà semplicemente improponibile. Perché il provvedimento punta a colpire la gravità della condotta e l’atto di odio, di discriminazione, di libertà e personalità della donna calpestate che ne sta alla base.

Si dirà: ma l’ergastolo è solo sulla carta. Da tempo e in concreto dopo un periodo di anni in carcere di solito inversamente proporzionale alla gravità del delitto compiuto, chi si comporta bene può beneficiare di permessi e di libertà incompatibili col “fine pena mai”. Le pene, si sa, non possono consistere in trattamenti contrari all’umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (articolo 27 della Costituzione). E poi ci sono i giudici chiamati ad applicare le norme. Spesso con sempre maggiore e scrupolosa attenzione rivolta ai torti dell’imputato che non alle ragioni delle sue vittime. Insomma, il combinato disposto fra l’ergastolo inesistente e il buonismo imperante nelle aule di giustizia potrebbe vanificare il nuovo reato. Rispetto al quale – si può giurarlo – non mancheranno avvocati o magistrati pronti a interpellare la Corte Costituzionale. Siamo pur sempre la Patria del diritto, che molti confondono con quella dei cavilli.

Ma intanto il femminicidio si prepara a diventare legge dello Stato, uno dei primi Paesi al mondo a farlo.

E il messaggio e il segnale di questa svolta sono più potenti e rigorosi dei combinati disposti.

(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)

www.federicoguiglia.com

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