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Giorgetti

Vi racconto la guerra tra le firme del Fatto Quotidiano

Che cosa succede al Fatto Quotidiano sulla guerra. I Graffi di Damato.

 

È ormai diventato un fatto quotidiano, con le minuscole, lo scontro fra le “grandi firme”, chiamiamole così, dell’omonimo giornale fondato da Antonio Padellaro e diretto da Marco Travaglio. La guerra in Ucraina -viste le telefonate che sono cominciate a scorrere fra il Pentagono e Mosca, le trattative “segrete” su cui ha titolato ieri la Repubblica e le preghiere che recita di notte e di giorno Papa Francesco per la pace, diversamente dal Patriarca “di tutte le Russie”- può darsi che prima o dopo finisca. speriamo naturalmente più prima che dopo. Ma essa ha già procurato un bel pò di danni anche alla comunità, chiamiamola così, del Fatto Quotidiano. Che difficilmente Travaglio riuscirà a trasformare in un affare, lasciando che i suoi redattori e collaboratori si scontrino sulle pagine del giornale facendone una tribuna libera, addirittura la più libera d’Italia, come praticamente si è già vantato il direttore dando libero sfogo alle polemiche. Che sono però contenute tutte all’interno, con generici e anodini richiami in prima pagina, dove il diritto di dire la sua e di emettere giudizi sempre definitivi, naturalmente, continua a spettare solo a lui.

Il pubblico non è sprovveduto, per quanto stordito dal tono sempre propagandistico e accusatorio del quotidiano che forse detta la linea a quel che è rimasto del MoVimento 5 Stelle più del suo presidente Giuseppe Conte e del garante Beppe Grillo, ora anche consulente in qualche modo remunerato. Se ne vedranno gli effetti nelle elezioni politiche, alle quali prima o dopo si arriverà entro un anno. E dalle quali mi sembra scontato che non sarà confermata la “centralità” vantata ancora in questo Parlamento dall’ex presidente del Consiglio.

I guai da guerra in Ucraina sono cominciati nel giornale di Travaglio con l’arrivo del professore Alessandro Orsini, in onore del quale il quotidiano ha organizzato addirittura uno spettacolo festoso, e a pagamento, scandalizzando il povero Furio Colombo. Che temo abbia cominciato a pentirsi di avere allevato nell’Unità, quando la dirigeva, sia Padellaro sia Travaglio, orfano professionale dell’ultimo, anzi penultimo Indro Montanelli. Alla festa per Orsini, dopo tutto quello che questi dice e scrive a favore di Putin e contro quel “fantoccio” americano che sarebbe il presidente ucraino Zelensky, il povero Furio Colombo- che prima di approdare all’Unità, e di contribuire alla fondazione del Fatto Quotidiano, era stato un mai pentito patito degli Stati Uniti, forse più del compianto avvocato Gianni Agnelli, che ve lo aveva mandato a rappresentarlo- è davvero sbottato con un articolo di denuncia e di rifiuto di poter essere “complice” di certi spettacoli.

Intervistato poi dal Riformista, cui naturalmente non è parso vero inzuppare il pane in questa minestra dopo tutti gli insulti che riceve dal Fatto Quotidiano sulle problematiche della giustizia, Colombo ha rincarato la dose adombrando la rinuncia alla sua collaborazione con Travaglio. Che, nel difendere Orsini dalle sue critiche, pur precisando di non condividerne tutte le opinioni, aveva praticamente accusato Colombo di avere ecceduto nella polemica. Come se lui, Travaglio, sapesse contenersi quando parla e scrive di chi gli capita sotto tiro, storpiandogli per prima cosa il nome.

“La battaglia delle idee non può essere sempre incruenta”, gli ha risposto Colombo dalle pagine del Riformista. E con lui, “splendido novantunenne”, ha solidarizzato oggi sul Fatto Quotidiano Gad Lerner, pur concludendo con Travaglio che il loro giornale è il più libero d’Italia, se non del mondo.

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