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Europa, fisco, digitale e diesel. Ecco il pensiero di Kramp-Karrenbauer, leader Cdu in Germania

Che cosa ha detto in passato (e che cosa non ha detto) sui principali dossier economici in Europa e in Germania la nuova leader della Cdu, Annegret Kramp-Karrenbauer. L'approfondimento di Pierluigi Mennitti

Il giudizio più critico le è arrivato dall’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, un politico della vecchia guardia: “Eleggendo Annegret Kramp-Karrenbauer la Cdu ha fatto un errore. Merz avrebbe rappresentato un’opportunità di maggior coraggio e sfida e avrebbe dato ai due partiti di massa la possibilità di tornare a distinguersi maggiormente, indebolendo le ali estreme a destra e sinistra. Sarebbe stato importante non solo per Cdu e Spd ma per l’intera Germania”. Ma proprio questa idea di politica come conflitto e scontro di idee è stata, seppure per un soffio, respinta dai delegati di una Cdu che non ha voluto voltare pagina rispetto alla lunga stagione merkeliana ma, in qualche modo, concederle i tempi supplementari.

Se questo sia anche l’umore della maggioranza dei tedeschi lo diranno i futuri sondaggi e, soprattutto, i primi test elettorali: in primavera Europee e regionali a Brema, in autunno un trittico da far tremare i polsi: Sassonia, Brandeburgo e Turingia, tre Land dell’est dove i nazional-populisti di Afd sono con il fiato sul collo della Cdu di Annegret Kramp-Karrenbauer. Di sicuro c’è che la nuova presidente del primo partito tedesco non è affatto una pallida copia del suo predecessore, quanto a temperamento e carisma e anche quanto a capacità di manovra tattica (il patto non scritto con Spahn sul filo del ballottaggio ne è una testimonianza). E appare capace di interpretare i tempi e i linguaggi della politica contemporanea meglio degli uomini alfa (Schröder, lo stesso Merz) che hanno vissuto da protagonisti la stagione degli anni Novanta. Il ballottaggio con Merz è stato un confronto anche di stile generazionale: se anagraficamente i due si passano solo una manciata d’anni, politicamente rappresentano due decenni diversi. Anche in questo c’è stato il segreto della sua pur stretta vittoria contro un candidato forte e di suggestione come Merz. Gli unici dubbi che davvero la accompagnano in proiezione cancellierato riguardano la sua competenza sulle questioni economiche, oggi fondamentali per guidare la prima potenza economica europea.

A setacciare la non breve biografia politica di AKK (toccherà abituarsi a questo modo tedesco di semplificare parole o nomi complessi) si nota come proprio il profilo economico della nuova leader della Cdu presenti diverse lacune. Dalle sue dichiarazioni non si riesce ad avere un’idea chiara di quali siano le sue posizioni su temi sensibili e attuali, come le banche o l’euro ad esempio. E anche sull’Europa – il suo stato di salute, gli scontri fra gli Stati membri, le riforme per rilanciarla, il ruolo della Germania, le risposte alle critiche che le vengono mosse – il pensiero di Annegret Kramp-Karrenbauer resta piuttosto indefinito.

La sua robusta carriera amministrativa (aspetto che le ha giovato molto nella gara con Merz e Spahn) annovera 7 anni come governatrice della Saar, con 800 mila abitanti il Land meno popoloso se si eccettua la città Stato di Brema, e una serie di esperienze ministeriali regionali: Interno, Sport, Famiglia, Donne, Istruzione, Cultura, Sociale, Giustizia. Solo come ministro del Lavoro, dal 2009 al 2011, ha avuto a che fare con un dicastero che fosse direttamente legato a questioni economiche. Di quel periodo si ricordano i tagli agli aiuti per i disabili (che giudicò “dolorosi ma necessari”) e un lavoro di sponda con l’allora governo federale liberal-conservatore (Cdu, Fdp) per contenere l’aumento del sussidio sociale Hartz IV imposto da una sentenza della Corte costituzionale.

Quando nel 2011 assume la carica di governatrice, prima in una fragile coalizione Giamaica con liberali e verdi, poi in una Grosse Koalition con l’Spd, Kramp-Karrenbauer si trova ad affrontare la crisi dei due pilastri tradizionali dell’economia della Saar: il carbone e l’acciaio. Intuisce subito le potenzialità della digitalizzazione e accentra a sé tutti i dossier sulla modernizzazione, mentre una parte della manodopera espulsa da acciaierie e miniere di carbone trova ricollocazione nelle fabbriche di auto. Il bilancio del suo governo dal punto di vista economico presenta luci e ombre. Un anno fa, quando lasciò la Saar per gettarsi nella politica nazionale, il tasso di disoccupazione era più alto di quello della media del Paese, ma è comunque contenuto al 6%. Il Pil registrava una crescita dell’1,2% dopo una cifra addirittura negativa l’anno precedente, il penultimo fra i Länder tedeschi. Ma grazie all’aumento di mezzo miliardo di euro strappato al meccanismo di redistribuzione delle risorse finanziarie tra Stato e regioni, AKK era riuscita a superare la cronica emergenza di bilancio del Land. È in questi anni che si consolida la sua fama di esponente dell’ala sinistra del partito.

Il presidente della Camera di commercio della Saar ha di recente ricordato la sua determinazione sul versante della digitalizzazione, i continui scambi promossi con delegazioni dell’Estonia, la caparbietà di portare nel capoluogo Saarbrücken la sede dell’Helmhotz Zentrum per la sicurezza dell’information technology, un laboratorio che assieme al già esistente Centro tedesco per l’intelligenza artificiale dovrebbe fare della Saar una sorta di piccola Estonia nel cuore dell’Europa centrale.

I due centri sono finanziati con denaro pubblico. Questo tradisce la visione particolare che ha Kramp-Karrenbauer dell’elastico mantra cristiano-democratico dell’economia sociale di mercato: più sociale che mercato, con un forte ruolo guida dello Stato che costruisce coordinate e linee guida attraverso la politica industriale. Non restano grandi tracce di spunti economici nei discorsi tenuti nel mese di campagna per la presidenza del partito, ma qualcosa è emerso. Ha detto che la politica “deve proteggere l’economia e la prosperità”, ha proposto provvedimenti per alleviare i disagi dei pensionati a basso reddito e un fondo costituito dalle sanzioni all’industria dell’auto per finanziare misure che scongiurino i divieti di circolazione per i motori diesel (l’industria automobilistica della Saar produce soprattutto modori diesel). E ha sostenuto la bontà di una politica industriale che enfatizzi gli interessi nazionali e limiti gli investimenti esteri in settori strategici come energia e infrastrutture: appunto, “proteggere economia e prosperità”.

Vicina più alla corrente della Cdu espressione del mondo sindacale più che di quello imprenditoriale, Kramp-Karrenbauer ha colto di sorpresa molti osservatori lanciando l’idea di una profonda riforma fiscale in tempi brevi, con alleggerimenti alle piccole imprese coperti dalla lotta fiscale alle grandi imprese, in particolare ai colossi digitali.

Il mondo economico ha accolto la sua elezione con sfumature diverse. Quello vicino o addirittura interno al partito è deluso e preoccupato, aveva puntato le sue carte su Merz e ora teme una prosecuzione della stagione merkeliana, soprattutto all’ultima, giudicata tentennante e incerta sulle riforme economiche per la modernizzazione. Quello esterno si è mostrato assai più tranquillo e considera un dato positivo in sé il fatto che con AKK il governo Merkel potrà arrivare a fine mandato.

Il tradizionale valore dato da imprenditori e mondo finanziario alla stabilità è oggi rafforzato dai timori per il proliferare di focolai di crisi e conflitti economici e sociali nel mondo e in Europa. Tuttavia la stampa economica ritiene necessario uno scatto rispetto all’andazzo degli ultimi mesi. “Un puro continuismo non sarà sufficiente”, scrive Manager Magazine, mensile economico-finanziario del gruppo Der Spiegel “anche se la tenuta sociale della Germania sarà importante in una fase di polarizzazione e di crescita delle diseguaglianze”. Per il settimanale WirtschaftsWoche, “Kramp-Karrenbauer deve ora includere esponenti dell’ala liberale nel nuovo gruppo dirigente e ridare alla Cdu un profilo che enfatizzi le idee di libero mercato”. Più scettico l’Handelsblatt, secondo cui c’è da attendersi una politica economica non troppo dissimile da quella di Merkel, e in fondo da quella tradizionale della Cdu: la ricerca continua di compromessi fra i diversi interessi contrapposti. Per gli imprenditori: probabilmente nessun alleggerimento fiscale e però neppure un aumento delle tasse. Le prime risposte potrebbero arrivare a breve: AKK si è sempre detta favorevole all’abolizione della “Soli”, la tassa di solidarietà che i cittadini dell’ovest pagano a quelli dell’est trent’anni dopo la caduta del Muro, ora potrebbe provare ad accelerare il tema. L’Handelsblatt parla poi di un’ipotesi di rimpasto nel governo: Merkel potrebbe concedere un paio di nomi nuovi, all’Economia e/o all’Istruzione. Un piccolo segnale di un nuovo inizio. Ma senza esagerare.

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