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Zemmour

Che cosa pensa Zemmour su industria, commercio, difesa e non solo

Ecco il programma di Zemmour per la Francia. L'articolo di Enrico Martial

 

Eric Zemmour ha lanciato la sua campagna elettorale per le presidenziali, davanti a 13mila persone, a Villepinte, vicino a Parigi.

È stato un evento simile ai grandi incontri politici francesi, con forme organizzative uniformi – militanti, bandiere, schermi – ma accompagnato da qualche radicalità, dagli alterchi con alcuni giornalisti agli scontri con i militanti di SOS Racisme che volevano esporre uno striscione, a qualche cazzotto, nell’insieme gestiti dal servizio d’ordine interno.

La comunicazione di Zemmour ha mantenuto un doppio binario. Da un lato ha espresso il suo richiamo alla realtà, proponendosi come “accettabile” e normale. Non c’è razzismo o misoginia nelle sue proposte. L’idea zero-immigrati risalirebbe agli Stati generali dell’allora RPR, nel 1990, proprio a Villepinte, con Jacques Chirac, Giscard d’Estaing, François Bayrou, Alain Juppé, Nicolas Sarkozy.

Anche gli argomenti negli altri settori mescolavano radicalità e normalità. La reindustrializzazione è argomento condiviso da diverse forze politiche, come le riforme della scuola, della pubblica amministrazione e dei servizi pubblici, delle politiche redistributive a favore del ceto medio e delle zone rurali. Tuttavia, Zemmour aggiunge una parte più radicale: il ritorno alla “Francia felice” degli anni Sessanta e primi anni Settanta – con quel modello sociale ed economico, semplificato e sognato – il nazionalismo, con riferimenti all’autoproduzione e al controllo diretto del commercio estero, sganciato dal mercato unico europeo. Anche l’indipendenza militare – con la proposta di uscita dal comando militare della Nato, richiama alla memoria De Gaulle, ma assume un nuovo significato nel contesto attuale, con molta della destra radicale in simpatie pro-russe.

L’Express ha fatto notare che al meeting mancava la presenza popolare, c’erano soprattutto militanti, anche di gruppuscoli estremisti (come la disciolta Génération identitaire), o persone deluse da Marine Le Pen e dai Républicains.

Il partito si chiamerà Riconquista (Reconquête). La parola ricorda, anche nella cultura francese, la Reconquista contro i Mori e i musulmani in Spagna, ed è già stata sdoganata nelle politiche pubbliche francesi con le “zone di riconquista repubblicana”: nei quartieri più problematici, dove la componente sociale-religiosa islamica è evidente, le misure sono speciali sia nell’ordine pubblico sia nello sviluppo e coesione. Altri messaggi forti hanno nutrito il discorso. In apertura, Zemmour ha detto che questa sarà l’ultima elezione presidenziale dell’alternanza (cioè democratica) e che inizierà ora la fase della “salvezza”.

L’assenza di grandi leader nazionali ha dato l’impressione che il fenomeno Zemmour continui a essere recintato: si sono ascoltati l’ex-gilet gialla Jacline Mouraud oppure l’ultra sovranista Paul-Marie Coûteaux.  L’effetto concreto e più importante riguarda però la semina dei contenuti. Gli applausi in mezzo al discorso a Eric Ciotti, arrivato secondo con il 40,05% alle primarie dei Républicains, l’attenzione dei media, a cui Zemmour ha peraltro appartenuto, da CNews a Le Figaro, il retroterra di libri di successo (i suoi ma anche quelli di Michel Houellebecq), la vicinanza del finanziere Vincent Bolloré, sono segnali di condivisione  in una platea più vasta, con uno spostamento a destra dell’insieme del dibattito, come notava Politico.

Il Paese è d’altra parte attraversato sia preoccupazioni sulle condizioni di vita e sul potere d’acquisto, sia da una difficile elaborazione della questione islamica e di sicurezza. La successione di attentati, da Charlie Hebdo al Bataclan, dalla strage sulla passeggiata a Nizza alla decapitazione dell’insegnante Samuel Paty ha lasciato una ferita aperta e non risolta.

Come candidato, per intanto Eric Zemmour si colloca intorno al 14,9% delle intenzioni di voto, dopo Emmanuel Macron, al 24,6%, e Marine Le Pen, al 19,2%, seguiti da Valérie Pécresse, di Les Républicains, al 10,2%, e dai tre candidati di sinistra, Jean-Luc Mélenchon, Yannick Jadot e Anne Hidalgo, che raccoglierebbero il 9,2%, il 7,7% e il 5,1%, cioè complessivamente il 22%.

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