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Arnese

Bruxelles bistratta il Pnrr di Conte, Sole scalda Draghi, Eni su Calvosa, divergenze parallele fra Salvini e Meloni

Non solo Pnrr. Fatti, nomi, numeri, curiosità e polemiche. I tweet di Michele Arnese, direttore di Start

 

OCCHIO AL COLLE

 

LE MODERATE SINTONIE FRA SALVINI E MELONI

 

IL PNRR FRA CONTE E DRAGHI SECONDO BRUXELLES

 

DRAGHI SCALDATO DAL SOLE

 

BRUNETTA IN ESTASI PER DRAGHI

 

GIROTONDO SUL PNRR

 

QUISQUILIE & PINZILLACCHERE

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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DI BEDA ROMANO DA BRUXELLES PER IL SOLE 24 ORE:

Fonti di Palazzo Chigi hanno spiegato alla stampa sabato che il premier Mario Draghi aveva avuto contatti in quelle ore con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per sbloccare il negoziato sul piano italiano. Addirittura, hanno raccontato che l’ex banchiere centrale avrebbe detto alla sua controparte: «Non credo che dobbiamo fornire ulteriori spiegazioni, basta così. Ci vuole rispetto per l’Italia». Sulla sostanza dei colloqui tra i due, Bruxelles non ha voluto commentare.

Gli ultimi giorni sono stati dedicati a un miglioramento del piano nazionale di rilancio. Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, il canovaccio presentato dal governo Draghi una decina di giorni fa era certamente più solido della bozza inviata dal governo Conte («la differenza era simile a quella tra la notte e il giorno», nota un esponente comunitario). Ciò detto, mancava di precisione e di dettagli, soprattutto sul versante delle riforme economiche.

«Abbiamo voluto che fossero specificati gli impegni a cui sono collegati gli esborsi di denaro. Abbiamo insistito perché il piano fosse più ambizioso», spiega lo stesso esponente comunitario. La Commissione europea si trova in una posizione molto particolare. Sul tavolo ci sono i 750 miliardi di euro del Fondo per la Ripresa raccolti in comune sui mercati. Come ha spiegato di recente una funzionaria europea, Bruxelles deve garantire «la fiducia tra i paesi membri su come il denaro verrà speso».

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ESTRATTO DI UN COMMENTO DI ADRIANA CERRETELLI SUL SOLE 24 ORE:

Se nel luglio scorso i leader Ue hanno deciso di destinare al nostro paese quasi un terzo dei 750 miliardi del Recovery Plan non è stato per generosità ma per lucida consapevolezza che: 1) senza un’Italia forte non potrà esserci un’Europa forte e agganciata alla ripresa mondiale, 2) senza riforme strutturali adeguate e soprattutto attuate, l’Italia non ritroverà ritmi di crescita sufficienti a ripagare la montagna crescente di debiti accumulati anche con la pandemia, 3) senza crescita il suo debito diventerebbe insostenibile e detonatore di una nuova e devastante crisi finanziaria collettiva, 4) salterebbe quindi una maggiore integrazione delle politiche economiche e fiscali necessaria alla tenuta dell’euro.

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CALVOSA (ENI); ARTICOLO DEL RIFORMISTA SULLA RICOSTRUZIONE DI REPUBBLICA:

I benefit di Lucia Calvosa costano troppo, tanto da spingere il Cda di Eni ad intervenire. La presidente del gruppo del “cane a sei zampe”, una nomina ‘caldeggiata’ fortemente da Marco Travaglio tramite il Movimento 5 Stelle, essendo la Calvosa un ex membro del Consiglio di amministrazione del Fatto Quotidiano, è finita nel mirino per alcune spese ritenute eccessive.

Costi emersi dalla “Relazione sulle remunerazioni 2021” pubblicata sul sito Eni e che tirano in ballo la numero uno della multinazionale italiana partecipata dal Tesoro, che nel maggio 2020 ha indicato Calvosa come presidente.

‘Contro’ Calvosa, scrive Repubblica, è intervenuto il Cda di Eni che ha chiesto di limitare le spese per alloggio a 100mila euro l’anno: il giornale di Largo Fochetti scrive che la numero uno del gruppo, da sempre considerato “braccio operativo” della Farnesina in territori a rischio, avrebbe dato “piena disponibilità” a pagare ogni eccedenza.

Il richiamo alla Calvosa arriva in particolare per alcune spese extra al già lauto compenso che riceve da presidente, ovvero 500 mila euro lordi annui, 90 mila previsti dall’assemblea e 410 mila aggiunti dal cda il 4 giugno scorso “per deleghe conferite”. Nella relazione citata da Repubblica si legge che “dal 14 maggio al 31 dicembre 2020“, ovvero in otto mesi, “ha sostenuto spese e oneri per servizi di alloggio e trasporto collegati all’esercizio del ruolo di Presidente per 206mila euro”.

Per fare un confronto con l’ex presidente di Eni Emma Marcegaglia, quest’ultima nei primi quattro mesi e mezzo dell’anno aveva speso 21 mila euro per le stesse due voci. L’azienda ha spiegato che questi 206mila euro sono composti “da 152 mila euro di spese alberghiere e servizio di trasporto, e da 54 mila euro di spese relative all’alloggio poi assegnato dal febbraio 2021”. La differenza con la gestione Marcegaglia sarebbe dovuta, secondo Eni, “dalla diversa frequenza di utilizzo dei servizi, ovviamente maggiore per Lucia Calvosa che si trovava nel periodo di insediamento”, mentre gli standard di alloggio e trasporto “sono sostanzialmente analoghi a quelli offerti ai presidenti precedenti”.

Secondo quanto ricostruito da Repubblica, Calvosa avrebbe alloggiato in albergo a Roma, a differenza dell’ex Marcegaglia che usava un alloggio personale, spostandosi poi da Pisa alla Capitale con un’auto a pagamento, mentre altri dirigenti Eni usano la flotta aziendale. Quest’ultime ovviamente non lasciano tracce nei documenti ricadendo tra i costi aziendali.

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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA SU RIAPERTURE E CTS:

Che cosa può succedere di qui al 15 luglio con le prime riaperture di ieri lo dice un modello statistico elaborato da Stefano Merler, il matematico-epidemiologo della Fondazione Bruno Kessler che fa i conti per l’Istituto superiore di sanità e il ministero della Salute da febbraio 2020 (e li ha azzeccati tutti). Lo studio mai reso pubblico dal governo, ma che il Corriere ha potuto analizzare nei dettagli, è stato presentato il 16 aprile al Cts ed è stato determinante — dicono da Palazzo Chigi — per frenare le riaperture considerate troppo rischiose chieste dal leader della Lega Matteo Salvini.

L’ultimo Rt rilevato sui casi sintomatici, riferito al periodo tra il 31 marzo e il 13 aprile, è di 0,81. È la base di partenza. Nelle proiezioni ci sono solo calcoli, nulla viene detto su cosa riaprire e cosa no. Scelte che spettano al governo guidato da Mario Draghi. Sul tavolo ci sono delle ipotesi. Se l’Rt ricresce a 1, cosa più che probabile a seguito delle riaperture, di qui al 15 luglio — secondo le previsioni di Merler — dovremmo continuare a fare i conti con 200/300 morti circa al giorno. Se sale a 1,1 il rischio è di un aumento costante dei decessi fino ad arrivare a metà luglio a 600 al giorno (300 al 24 giugno). A 1,25 il disastro: fino a 1.200/1.300 vittime al giorno. Ovviamente tutto ciò vale senza misure di restrizioni aggiuntive. Per semplificare in uno scenario di «liberi tutti».

Altra simulazione illustrata da Merler. Se il riavvio fosse stato rimandato al 12 maggio i decessi giornalieri avrebbero potuto essere la metà: 100. Il motivo? Ritardare di due settimane la ripartenza avrebbe voluto dire aprire con un numero di casi giornalieri decisamente inferiore a quello attuale. È la cosiddetta incidenza, che trascina con sé inevitabilmente una percentuale di morti. L’ultimo report del Cts, aggiornato al 18 aprile, conta 157 casi alla settimana ogni 100 mila abitanti. Perché l’epidemia sia sotto controllo bisogna arrivare a 50. Senza riaperture, che incidono sull’innalzamento della curva di infezioni, tra 15 giorni avremmo potuto scendere un bel po’. In questo caso, sempre con un Rt a 1, cioè con un infetto che ne contagia un altro, avremmo avuto un numero di partenza di contagi più basso. Con l’ovvia conseguenza di un minor numero di morti in prospettiva. Sempre al 15 luglio, con un Rt all’1,1, sarebbero stati 200. Mentre con un Rt a 1,25 sarebbero stati comunque diverse centinaia.

Adesso c’è un po’ di margine. Ma è minimo. Non possiamo fare crescere l’Rt sopra l’1 e partiamo già da 0,81. Dunque, il tesoretto che abbiamo, secondo l’analisi di Merler, è di 0,2. E un po’ ce lo siamo già giocati, come mostrano le slide mostrate al Cts, con il riavvio della scuola in presenza.

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