Caro direttore,
mi immagino che colpo sarà preso stamattina ai capiredattori di Repubblica e La Stampa nell’apprendere dalle agenzie di stampa che John Elkann, presidente di Stellantis nonché proprietario del loro gruppo editoriale, ha accompagnato Donald Trump nella sua visita in Arabia Saudita, assieme ad altri dirigenti di grosse imprese americane. E chissà che coccolone sarà venuto loro a leggere su Bloomberg che Elkann “ha parlato animatamente con Trump e Mohammed bin Salman”, il principe ereditario.
La Repubblica e La Stampa sono i giornali più anti-trumpiani d’Italia, gli alfieri dell’opposizione progressista, il baluardo contro gli autoritarismi di destra e le democrature; hanno fatto campagna contro il regime saudita per l’omicidio del dissidente Jamal Khashoggi e cavalcato la polemica delle consulenze di Matteo Renzi con i sauditi. E ora devono fare i conti con il fatto che il loro “padrone” va a pranzo con Trump e bin Salman. Elkann si era peraltro già riunito con Trump, alla Casa Bianca, lo scorso aprile.
Penso che più di qualche giornalista di Repubblica e Stampa abbia provato oggi un certo fastidio, e probabilmente anche un certo imbarazzo, ad aver avuto conferma del fatto che la “linea” dell’editore non coincide con l’anti-trumpismo e l’anti-salmanismo dei suoi quotidiani. Allo stesso tempo, immagino che qualche altro redattore abbia reagito con un moto d’orgoglio: siamo talmente indipendenti – avrà pensato – che critichiamo Trump e bin Salman anche se Elkann li incontra e chiacchiera amabilmente con loro. Mi chiedo però che senso avrebbe, per Elkann, tenersi due quotidiani che fanno interessi contrari ai propri: e chissà se un giorno se ne disferà, considerato che di testate locali ne ha già vendute parecchie oltre a disfarsi dell’Espresso (voleva vendere anche Limes ma l’aggressione di Putin all’Ucraina con il conseguente boom di vendite della rivista diretta da Lucio Caracciolo gli ha fatto cambiare per ora idea).
Ragionando su queste cose, mi è poi venuto in mente che forse la firma più “filo-Elkann” di Repubblica è proprio quella di Maurizio Molinari, ex-direttore silurato per lasciare il posto a Mario Orfeo: Molinari, nei suoi editoriali di esteri, preferisce analizzare più che commentare, riportare fatti e interpretazioni più che dare giudizi. Anche la Repubblica di Orfeo – giornalista di esperienza, già direttore generale della Rai, ex direttore del Tg3, vicino al centrosinistra ma anche alla famiglia Caltagirone -, comunque, non si può dire che non sia “elkaniana”. I commenti dei soloni dell’anti-destra ci sono, certo, ma i lettori più attenti avranno notato che il quotidiano riserva un trattamento di favore ai ministri Adolfo Urso e Guido Crosetto: il primo cura il dossier automotive, di ovvio interesse per Stellantis; il secondo sta supervisionando – istituzionalmente – la vendita della divisione sui veicoli militari di Iveco (controllata da Exor, la holding di Elkann) a Leonardo, anche se è emerso un contendente spagnolo e non solo.
A leggere questa mia letterina, caro direttore, forse penserai che sto esagerando, che non c’è niente di cui sorprendersi, che sono un ingenuo e non ho capito che uno come Elkann non può comportarsi da ideologo ma deve necessariamente essere un pragmatico che pensa al business e parla con tutti; che gli imprenditori, insomma, devono fare gli imprenditori e i giornalisti devono fare i giornalisti. Questo lo so bene. Ma prova un attimo a immaginare cosa succederebbe, nelle redazioni dei quotidiani conservatori il Giornale, Il Tempo e Libero se il loro editore, Antonio Angelucci, andasse una sera a cena con Emmanuel Macron e George Soros: i nemici giurati – giornalisticamente parlando, s’intende – dei tre quotidiani che si trasformano negli amichevoli commensali del loro editore.
Con questa ti saluto,
Michelangelo Colombo