C’è grande fermento nel vicinato prossimo italiano, e per questo Giorgia Meloni al vertice Nato di Vilnius ha tenuto a richiamare l’attenzione verso Africa e Mediterraneo proprio mentre l’opinione pubblica è rivolta verso Ucraina e Taiwan.
Meloni ribadisce prima di tutto la sua impostazione strategica: il ‘piano Mattei’, più volte evocato in occasioni ufficiali, che riprende i vettori africano e mediorientale di Enrico Mattei, rimuovendo però le storiche diffidenze di Mattei verso il mondo ‘anglo’. Meloni segnala inoltre di voler giocare un duplice ruolo.
Per un verso, Roma si propone come attore che con la sua marina e le sempre più cruciali dorsali sottomarine presidia i grandi snodi di comunicazione e commercio, traguardando l’Oceano Indiano.
IL RUOLO DELL’EGITTO NEL PIANO MATTEI
Per un altro verso, l’Italia punta sui gasdotti dal Nord Africa per divenire lo hub energetico europeo e assicurare la sicurezza energetica al continente europeo, affrancandolo dal gas russo e rafforzando complessivamente i rapporti euro-atlantici. L’Italia sceglie quindi di accompagnare un processo di infrastrutturazione che abbraccia più Paesi sulla sponda sud del Mediterraneo. Proprio su questo versante, si registra un ruolo-chiave dell’Egitto.
L’Egitto sarà lo hub che raccoglierà il gas da più giacimenti per poi convogliarlo in Italia, e da lì verso il resto d’Europa. Questa prospettiva aiuta a spiegare anche l’attivismo diplomatico senza precedenti di Al-Sisi, il potente presidente egiziano, in Israele e nel suo vicinato prossimo. Come annunciato pubblicamente dal premier israeliano Netanyahu, Israele, Egitto e Autorità nazionale palestinese (Anp) svilupperanno. Negli annunci ufficiali si nota una certa insistenza sull’attenzione allo sviluppo economico palestinese e al mantenimento della stabilità della sicurezza nella regione.
L’EGITTO NEGOZIA CON HAMAS E LA JIHAD ISLAMICA
L’Egitto, insomma, non attende passivamente che gli eventi facciano il loro corso, ma passa all’azione. La notizia è invece che l’Egitto sta portando avanti un negoziato di complessità tutt’altro che banale con Hamas e la Jihad Islamica, al fine di raggiungere una hudna – una tregua estesa – che ponga fine all’attuale fase di violenza. Più in dettaglio, Al Sisi sta animando un negoziato sotto traccia, avviato al Cairo all’inizio di giugno di quest’anno e senza coinvolgimento diretto da parte di Israele. Che Al Sisi sia determinato è poco ma sicuro. Lo conferma la scelta del negoziatore-capo egiziano, Abbas Kamel, capo dell’intelligence egiziana. I suoi interlocutori sono a loro volta di elevato calibro: Haniyeh per Hamas e Ziad Nakhaleh per la Jihad Islamica. È piuttosto probabile, infine, che gli egiziani abbiano espressamente chiesto agli iraniani di non sabotare i negoziati tramite le loro proxy.
LO SVILUPPO NELLA STRISCIA DI GAZA
L’Egitto lavora per portare avanti dei progetti di sviluppo economico nella Striscia di Gaza. Gli obiettivi perseguiti dagli egiziani comprendono l’ampliamento del porto di el-Arish nel Sinai, di fatto porto commerciale di Gaza. Insieme all’ampliamento del porto, sarebbe prevista anche la costruzione di una autostrada asfaltata per i camion per entrare a Gaza. A ciò si aggiungono altri obiettivi ambiziosi come l’espansione del commercio tra l’Egitto e Gaza attraverso il valico di Salah al-Din; lo sviluppo di sistemi elettrici che distribuirebbero energia dall’Egitto alla Striscia; lo sviluppo del giacimento di gas naturale di Gaza Marine, con il coinvolgimento dell’ANP; l’istituzione di una zona di libero scambio tra il nord del Sinai e la Striscia di Gaza; il ripristino del controllo del valico di Rafah da parte dell’ANP, come era fino a quattro anni fa.
Per l’Italia, che già intrattiene ottimi rapporti con Israele – a proposito, a ottobre ci sarà in Israele un importante vertice tra i due governi – queste sono tutti sviluppi interessanti. Ancora di più lo sono per le imprese italiane, che potrebbero presto essere chiamate a contribuire, oltre che alle opere di terra, alla ‘navalizzazione accelerata’ di Israele ed Egitto. Si combinerebbero così geopolitica, feluche e, perché no, contratti. E finirebbe finalmente in soffitta la feroce ironia asburgica del principe di Metternich, quello per cui l’Italia non era che una mera espressione geografica.