Il rientro della politica alla piena operatività previsto per domani, lunedì 28 agosto, chiude una pausa di ferie che qualche giornalista ha definito, per quanto riguarda il Presidente del Consiglio, “troppo lunga”: lo riportiamo per dare un’idea del livello al quale è sceso il commento dei media alla politica istituzionale. E apre quello che la scontata retorica dei giornali definisce un “autunno caldo”.
In effetti, però, la stagione bollente lo sarà davvero. Intanto per l’economia, poiché il governo dovrà chiudere la manovra senza contare sull’attenuante di essere entrato a treno in corsa, operando una scelta di tagli alle spese, quindi ai servizi pubblici, di cui pare subirà le conseguenze soprattutto la sanità: scelta dolorosissima ma inevitabile, stante i problemi di cassa che non sono certo minori di quelli dell’anno scorso. C’è poi un fronte internazionale molto intenso, in particolare per dibattere delle norme e degli accordi europei che vincolano la nostra economia e la nostra vita quotidiana. Infine, il piano prettamente politico, del quale il tema più spinoso sono senz’altro le migrazioni. Al riguardo come hanno detto – coralmente, per una volta – il Presidente della Repubblica, Giorgia Meloni, i vicepremier e alcuni ministri, in Europa siamo sostanzialmente soli. Il governo è però abbandonato anche dai sindaci, molti dei quali, con buone ragioni viziate da speculari contraddizioni politiche di destra o di sinistra, hanno già dichiarato forfait rispetto alle loro possibilità di accoglienza dei migranti sul territorio.
Ha ragione Luca Ricolfi, quando sostiene che la politica ha “troppe questioni aperte”. Si dirà che questo è fisiologico, poiché il suo ruolo è fare da catalizzatore di qualunque problema, da sintesi dei diversi interessi sociali, ma viene da chiedersi se, per esempio, non sia il caso di cambiare approccio rispetto a temi quali il maltempo, le alluvioni, le calamita naturali, interrompendo la prassi per la quale tutti i danni subiti dai cittadini debbano essere rimborsati dallo Stato al 100%. Ci sarebbe poi senz’altro da suggerire a istituzioni, leader e ministri di rallentare il ritmo delle loro interlocuzioni rispetto al forsennato inseguimento dei social media che oggi dettano l’agenda. Giustamente, osserva Sabino Cassese che poi non ci si può meravigliare se non si fanno i congressi, come alcuni lamentano in Fratelli d’Italia.
Un terzo malvezzo che politica e partiti potrebbero abbandonare per concentrarsi sulle questioni più importanti, a proposito, è quello di combattere parallelamente le battaglie sia verso l’esterno sia all’interno. Meloni, per dire, si deve guardare sia da Schlein, Conte, Landini, Bonelli e Magi ma anche da Salvini e Tajani. In vista soprattutto dalle elezioni europee, la concorrenza tra alleati è almeno pari a quella verso le opposizioni, qualche volta persino superiore. Si proceda allora con una nuova edizione della legge truffa, se vogliamo interrompere i governi di coalizione e garantire a un solo partito il governo del paese (al che il problema si riproporrebbe con la dinamica correntizia, come accadeva in prima repubblica alla Democrazia Cristiana).
Ha ragione anche Meloni quando, nell’intervista a “Chi”, dice che Palazzo Chigi è come un otto volante. Soltanto nei prossimi giorni, impegni interni a parte, avrà incontri ad Atene, Dehli, Bruxelles, New York… anche questo, peraltro, le viene rimproverato da qualche giornalista di opposizione, come se andare in missione all’estero fosse un lussuoso divertimento. Diciamo che, per risparmiare tempo, il presidente ha fatto bene a ignorare quello che per troppi giorni è stato l’assurdo fulcro del dibattito italiano, il libro del generale Vannacci. Segua quest’aurea tattica più spesso, le gioverà per rafforzare la sua già ottima popolarità personale (premier più gradito dopo un anno di governo dai tempi di Berlusconi).