Superata, con ritardo, la “crisi Sangiuliano”, il governo può riprendere il suo cammino e dedicarsi ai problemi “duri e veri”, a partire dalla legge di bilancio. Fortunatamente l’Italia non conosce la fragilità strutturale dell’economia tedesca, tra caro energia e implosione della piattaforma dell’auto, né l’instabilità politica francese o la rottura della coesione nazionale spagnola. Resiste la crescita dell’economia, sostenuta dal terziario, e si è ormai manifestato un ulteriore extragettito delle entrate. Rimane il peso del grande debito e la conseguente necessità di una robusta manovra per garantire la stabilità.
In continuità con la passata legge di bilancio, l’Italia può sostenere il mercato del lavoro, il potere d’acquisto dei bassi redditi, il salto tecnologico dell’industria. Auguriamoci che governo e parlamento vogliano davvero promuovere il collegamento tra i redditi da lavoro e la produttività detassando la contrattazione aziendale e territoriale. La tanto attesa legge sulla partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese potrebbe aggiungere, nonostante la Cgil, un clima collaborativo in molte imprese.
Vi è insomma un’Italia che nei territori sembra impermeabile alle polemiche romane e vuole crescere distribuendo equamente la ricchezza dopo averla prodotta e là ove si produce. rifiutando l’idea del salario come variabile indipendente.
Le stesse esigenze di rifinanziamento del Servizio Sanitario nazionale non dovrebbero prescindere dalla disclosure dei conti delle diverse Regioni in modo che le risorse siano indirizzate alla convergenza verso le migliori pratiche (che ci sono!).
Sono sfide che il governo può affrontare e gestire se non si fa dettare l’agenda dalle vecchie logiche che hanno alimentato il debito, la bassa produttività, i bassi salari, gli squilibri territoriali.
Maurizio Sacconi