A più di una settimana dall’inizio dell’invasione russa, la guerra in Ucraina continua. È sempre Putin ad avere l’iniziativa: le sue opzioni sul campo sono molteplici, così come i suoi obiettivi politico-strategici. In gioco non c’è solo l’Ucraina. Usa, Nato e Ue, quale che sia l’esito del conflitto, sono chiamati a un nuovo e più impegnativo approccio alla difesa e sicurezza tanto nel quadrante europeo quanto nelle aree ad esso confinanti.
LA SITUAZIONE SUL CAMPO
Nei piani di Mosca l’opzione considerata più favorevole non si è concretizzata. La resa delle forze ucraine e il collasso del regime sono stati scongiurati grazie alla coesione della dirigenza di Kiev e soprattutto alla ferma volontà del popolo ucraino di resistere a difesa del territorio e dei propri valori. Non potendo permettersi una prospettiva di logoramento, Putin ha ordinato un cambio di marcia: un’escalation con assedi alle città, distruzione di infrastrutture critiche con relativi danni collaterali, vittime e sofferenze per la popolazione civile. Attacchi lungo più direttrici, da nord, da est, dal Donbass e da sud. Con le loro avanzate le forze di Mosca si presenteranno agli incontri negoziali avendo occupato buona parte del territorio ucraino a est del fiume Dnepr, conquistando o circondando le principali città, isolando di fatto il Paese da sud, saldandosi eventualmente con la vicina controllata Transnistria.
Kiev ha due opzioni: scendere subito a compromesso cedendo a buona parte delle richieste di Putin o immolarsi con una lotta casa per casa che – senza immediati aiuti dall’esterno – non produrrà effetti a breve.
I PIANI DI PUTIN IN UCRAINA
Ciò che appare certo è che Putin non può perdere la faccia e accetterà solo esiti a lui assai favorevoli. Si accontenterà dell’indipendenza del Donbass e del riconoscimento della Crimea? Molto probabilmente pretenderà anche la striscia di Mariupol per dare continuità ai territori conquistati. Certamente Mosca insisterà sulla neutralità e sulla “demilitarizzazione” dell’Ucraina. Infine, nel disegno di Putin ci potrebbe essere addirittura la divisione del Paese in due Stati: a est e a ovest del fiume Dnepr. Kiev naturalmente non potrà accettare tutto ciò, ma va da sé che i termini di un accordo dipenderanno molto dagli esiti degli scontri sul terreno.
Di una cosa possiamo essere certi: Mosca, quale che sia l’esito del conflitto e dei conseguenti accordi con Kiev, farà probabilmente permanere per un tempo considerevole le proprie truppe di occupazione, peserà assai di più sugli equilibri di sicurezza in Europa (anche schierando forze con testate nucleari in Bielorussia) e sarà in grado di giocare alla pari con gli Stati Uniti a livello globale. Questo almeno sino a quando il nuovo zar resterà al potere e se l’economia del Paese potrà sostenere uno sforzo militare che già da tempo ne drena importanti risorse.
LA RISPOSTA DELL’ONU E LA POSIZIONE DELLA CINA
La condanna dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite all’invasione russa in Ucraina con schiacciante maggioranza (141 Paesi favorevoli, 35 astenuti e solo 5 contrari: Russia, Corea del Nord, Siria, Eritrea e Bielorussia) segna un sostanziale isolamento di Mosca e rafforza le basi del diritto internazionale. Il Palazzo di Vetro, paralizzato dal veto russo al Consiglio di Sicurezza, ha fatto sentire la sua autorevole voce per la ricerca della pace. L’Onu inoltre può e deve fare molto per l’accoglienza e il supporto ai milioni di rifugiati, attraverso la propria agenzia Unhcr.
La Cina ha tenuto un atteggiamento prudente volto a salvaguardare i propri interessi in una crisi che, se prolungata, genererà anche per Pechino svantaggi economici non fosse altro per l’aumento dei prezzi di energia, grano e materie prime. I legami molto buoni tra Mosca e Pechino lasciano sperare in un possibile ruolo di mediazione per una soluzione di compromesso.
LA CRISI VA OLTRE L’UCRAINA E APRE UNA NUOVA PAGINA PER L’OCCIDENTE
Sul fronte occidentale, gli Stati Uniti hanno dimostrato sin dall’inizio fermezza e chiara visione circa le intenzioni di Mosca. Positivo il maggiore focus sul quadrante europeo con coesione, solidarietà e sincronismo tra le due sponde dell’Atlantico. Un impegno americano di alto profilo: dall’approccio sanzionatorio, al rischieramento di forze aeronavali e terrestri per potenziare le difese a est, al supporto e invio di armi alle forze ucraine. A ciò si dovrà aggiungere il contributo per il consolidamento del sistema di difesa missilistica Nato e, in tal senso, Washington dovrà prevedere anche accordi con la Russia sui vettori a medio raggio. Tuttavia, l’America può e deve fare di più al di fuori dell’Europa e in sintonia con essa. Innanzitutto, con un maggiore peso risolutivo in Mediterraneo, Medio Oriente e nel Golfo: dal negoziato nucleare con l’Iran, alla ricerca di un accordo tra israeliani e palestinesi, senza trascurare poi il sostegno a iniziative Nato o europee per la stabilità in Africa a nord dell’Equatore.
La Nato ha ritrovato nuove energie. L’Alleanza aveva già risposto, dopo l’occupazione della Crimea, con il Readiness Action Plan (RAP) e lo schieramento in Polonia e nei Baltici dell’Enhanced Forward Presence (eFP). Oggi ha assunto una postura ancor più robusta. Con potenziamento di forze a difesa dei confini orientali dell’Alleanza (dispositivo aereo, Forze di reazione rapida quali VJTF, NRF, piani di difesa graduata, ecc.). Una deterrenza credibile, insomma, prerequisito per condurre qualsiasi negoziato. Ma ciò non basterà. L’Alleanza deve prendere atto che si dovrà ridisegnare l’architettura di sicurezza in Europa e a tale scopo deve farsi trovare pronta.
Il nuovo concetto strategico è l’occasione propizia per aprire una nuova pagina: si devono rafforzare e meglio integrare i tre compiti principali considerando che il Crisis Prevention and Management e la Cooperative Security, da applicare al di fuori dei confini dell’Alleanza, devono essere ritenuti fondamentali (e non secondari) perché intimamente legati all’efficace applicazione della Deterrence and Defence che dovrà certamente includere l’opzione nucleare. Non bisogna pertanto farsi ipnotizzare dalla presente crisi in Ucraina, focalizzando gli sforzi solo a est. Una NATO quindi a 360 gradi, che guarda ed è proattiva anche sul fronte sud, in stretta cooperazione con l’Unione Europea.
(Estratto di un’articolo pubblicato su affarinternazionali.it, qui la versione integrale)