Skip to content

elezioni americane

Ecco i primi scazzi fra Harris e Trump a colpi di tasse

I diversi programmi di Kamala Harris e Donald Trump sul fisco

La sfida presidenziale tra Harris e Trump si misurerà anche con il più delicato degli indicatori: le tasse. I due candidati si distinguono infatti per proposte agli antipodi: quella democratica innalzerebbe il prelievo sulle imprese e il suo sfidante che promette di fare il contrario. Ecco cosa scrivono i giornali Usa a proposito del cuore delle proposte dei due leader che si sfideranno il 5 novembre e quali ne sono le più recenti dichiarazioni in materia.

IL BALZO DELLE IMPOSTE ANNUNCIATO DA HARRIS

Come osserva Quartz, una delle promesse cardine di Kamala Harris è di cassare il taglio alle tasse sulle imprese varato da Trump nei suoi anni alla Casa Bianca e che aveva incontrato favore universale presso Corporate America.

CHE COSA PREVEDE IL TAGLIO TRUMPIANO

Il provvedimento in questione è il Tax Cuts and Jobs Act, era stato approvato da Trump nel suo primo anno di presidenza e aveva abbassato l’aliquota dal 35 al 21%. Un taglio massiccio che piacque molto ai vari Ceo incluso quello di JPMorgan Chase Jamie Dimon, ma che includeva una data di scadenza: il 2025.

Secondo la Tax Foundation citata da Cnbc, in caso di mancato rinnovo del TCJA più del 60% dei contribuenti americani pagherà nel 2026 molte più tasse.

IL PIANO DI HARRIS

Nel riproporsi di non rinnovare la misura, l’attuale vicepresidente vuole innalzare il prelievo dall’attuale 21 al 28%.

L’aumento immaginato da Harris, sottolinea Quartz, appare da un lato più moderato di quanto lei stessa proponeva quattro anni fa quando era candidata alla presidenza, ma è comunque in linea con quanto prefigurato nella bozza di budget redatta dall’amministrazione Biden a marzo.

LA FILOSOFIA DELLA MOSSA DEMOCRATICA

La mossa è stata spiegata lunedì dal portavoce della campagna di Harris James Singer, che ha dichiarato a Nbc News che il tasso immaginato rappresenta “un modo fiscalmente responsabile di mettere i soldi nelle tasche dei lavoratori e assicurare che i miliardari e le grandi aziende paghino la loro giusta parte”.

“Come presidente – ha aggiunto Singer – Kamala Harris focalizzerà sulla creazione di una economia delle opportunità per la classe media che ne avanzi la sicurezza economica, la stabilità e la dignità”.

Ma c’è anche una questione di deficit dietro le considerazioni di Harris e del suo team: come scrive Cnbc citando le stime del Committee for a Responsable Federal Budget, con quel piano fiscale si ridurrebbe di ben un trilione di dollari in un decennio.

I PROGRAMMI DIVERSI DI TRUMP

L’ex costruttore newyorkese ha già svelato le sue carte a giugno durante una molto chiacchierata riunione con un centinaio di Ceo delle principali aziende americane, tra cui si segnalavano, oltre a Dimon, quello di Citigroup Jane Fraser, quello di Bank of America Brian Moynihan e il capo di Apple Tim Cook.

In quell’occasione, come riportò Bloomberg, Trump promise non solo di confermare il provvedimento ma di abbassare ulteriormente l’aliquota dal 21 al 20%. Secondo fonti presenti all’incontro, il candidato repubblicano avrebbe giustificato la scelta parlando più o meno di una “cifra tonda” apprezzabile proprio per questo.

Ma le promesse elettorali in materia fiscale di Trump non finiscono qua, perché l’anno prossimo scade anche il taglio delle tasse sulle persone e le piccole imprese, che lui, se eletto, intende rinnovare.

Proprio lunedì, durante un evento della sua campagna elettorale tenutosi in Pennsylvania, il tycoon ha rinnovato le promesse parlando di “grandi tagli di tasse per le famiglie e le piccole imprese”.

DOSSIER DAZI

Ma c’è un altro elemento che caratterizza le proposte trumpiane: l’idea di introdurre nuovi dazi del 10% (che diventa 60% nel caso della Cina) sulle merci importate utilizzando quanto ricavato per abbassare il prelievo fiscale sulle famiglie per una cifra stimata dal Tax Policy Center in circa 1.800 dollari.

L’argomento è stato toccato da Trump nel corso del già richiamato evento in Pennsylvania durante il quale, rispondendo alle critiche di chi ritiene che quei dazi li pagherebbero i consumatori americani, ha replicato che si tratta invece di “una tassa su un Paese straniero”.

Torna su