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Ecco errori e prossime mosse di Matteo Salvini

Il post di Paola Sacchi, già inviata di politica a L'Unità e a Panorama

 

Ora che d’improvviso tutti da allenatori della Nazionale sembrano diventati allenatori di Salvini, pronti trasversalmente a indicare tutti gli errori (che certo ci sono stati) e autogol di colui che sembrava il “goleador” dominus del governo, Francesco Verderami in un retroscena di ieri su Il Corriere della sera forse dà la ricostruzione più oggettiva e veritiera di come sono precipitate le cose nel mese di luglio.

Verderami non descrive Salvini come un allocco, preso da un colpo di sole al Papeete. Ma come un leader finito in una tenaglia tra Conte, di cui già conosceva le mosse (non però quelle di Grillo), le parti in commedia del Pd, tra Zingaretti e Renzi (cosa probabilmente, mi permetto di aggiungere, che Salvini abituato a un partito monolitico, ma forse neppure Otelma, difficilmente poteva mettere in conto), il fortissimo pressing, che, secondo il retroscena del Corsera, avrebbero esercitato su Zingaretti, inizialmente orientato al voto, padri nobili come Veltroni, Prodi, ai quali si sarebbe aggiunto anche Amato.

Anche chi scrive da giorni andava ripensando a quel Conte che, durante il dibattito al Senato verso la fine di luglio sul cosiddetto “Russiagate”, disse un po’ sibillinamente, passaggio un po’ trascurato da tutti, che sarebbe stato pronto a tornare lì, “per trasparenza” nel caso la maggioranza fosse venuta meno.

Fece quel giorno una difesa di Salvini molto gelida e formale, non priva di stoccatine. Ma quel passaggio non passò certo inosservato a Salvini. Replicò a stretto giro di posta al premier di vederlo già “a cercar funghetti in Trentino per una nuova maggioranza”, ricorda Verderami.

Ma che la Lega, da mesi, anzi proprio fin dall’inizio, con il fiato “giallorosso” sul collo (a Giorgetti descritto come potentissimo fu negata la delega ai Servizi Segreti) sempre più insidioso, avesse deciso di staccare la spina la sottoscritta lo intuì da un colloquio tra fine giugno e inizio luglio con allora un esponente leghista di punta del governo.

Dopo l’ennesimo scontro in cui i 5s o forse lo stesso Conte attaccarono particolarmente la Lega, il leghista le disse: “No, ora basta, Salvini vedrete che farà… “. Dunque, ripensandoci con il senno di poi, aveva deciso e diverse settimane prima dell’8 agosto. La discussione sui tempi, perché ormai solo di quello sembrava trattarsi, è però un po’ inutile e stucchevole.

Sarebbe stata probabilmente la stessa cosa, se non peggio, se l’ex ministro dell’Interno lo avesse fatto subito dopo il successo delle Europee. Anzi, aprendola sotto Ferragosto, ha fatto l’estremo tentativo di cogliere almeno i suoi avversari più impreparati e peraltro pressati dalla manovra di Bilancio da fare. Infatti, il governo che è nato non dà l’immagine di una grande solidità e di un altissimo profilo politico. Dando così man forte ora a Salvini nel denunciare “la spartizione di poltrone”.

Più solida appare però nelle intenzioni dei nuovi alleati la durata della legislatura, almeno fino al 2022 quando dovrà essere eletto il Capo dello Stato, che evidentemente Pd e 5s non volevano fosse eletto dalla netta maggioranza di centrodestra, che stando ai sondaggi di un mese fa ma soprattutto alle elezioni locali e Europee, sarebbe uscita dalle urne.

Altra cosa sono gli errori dell’ex ministro dell’Interno e vicepremier, che ha portato “la piccola Lega” al 34 per cento. Come ha ammesso, la cosa che ora gli brucia davvero è di aver considerato “leali” i 5s, i suoi partner al governo.

Però ora da tutti allenatori della Nazionale a tutti allenatori di Salvini forse è uno spettacolo un po’ esagerato. Anche perché c’è un Paese spaccato a metà, anzi con più della metà di centrodestra. A partire da quel ceto medio impoverito, non solo basso ma anche ormai in settori più alti, il centro vero, quello in carne ed ossa, del Paese, che chiede innanzitutto meno pressione fiscale. E rischia di sfuggire alle formule delle fumisterie un po’ da vecchia politica del “Palazzo”.

Buona parte di quel ceto medio stava già nel 34 per cento di Salvini. Che, come ha detto, ha staccato la spina perché non gli permettevano di abbassare le tasse. Il ceto medio resta il vero convitato di pietra.

Ceto medio e governo “rosso-Rousseau”?

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