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isole lupis

Viaggio ai confini del mondo

"Ai confini del mondo. Storie da isole lontane" di Marco Lupis (Il Mulino) letto da Francesco Provinciali

 

Leggendo il coinvolgente resoconto dei suoi viaggi nelle isole più lontane e sperdute del pianeta ogni lettore, curioso e partecipe ma soprattutto affascinato, coltiva inevitabilmente il rimpianto di non aver potuto farsi  piccolo piccolo per entrare nello zaino di Marco Lupis, giornalista ed esploratore che ha raccolto in questo straordinario libro edito da Il Mulino la cronaca e la descrizione dei suoi viaggi. L’iconografia dell’isola ha sempre rappresentato una metafora ricca di allegorie palesi e recondite: il senso dell’avventura, quello intrigante dell’ignoto, l’alterità alla vita quotidiana, il luogo della fuga e dell’immaginazione, la lontananza irraggiungibile, il buen retiro, la ricerca di sensazioni nuove o perdute, il sogno e le distopie, il distacco dalle civiltà conosciute, l’occasione estrema di una rivisitazione esistenziale, il perdersi per ritrovarsi, le dimensioni umane nascoste che abitano il desiderio di ricominciare e quello di annullarsi nell’oblio.

Non solo dunque espressioni geografiche minuscole, “puntini, atomi, capocchie di spillo”, ma rappresentazioni simboliche dell’immaginario collettivo cariche di significati esistenziali, già nella mitologia e poi nei secoli fino ai giorni nostri.

Il concetto di insularità ha attraversato la storia e la letteratura di ogni tempo ora come motivazione a partire che diventa nostalgia del ritorno nell’Itaca di Ulisse, ora come luogo di confinamento, prigionia ed emarginazione dal mondo come ‘l’ile d’If’ per Edmond Dantes nel Conte di Montecristo o come Sant’Elena per Napoleone Bonaparte. Nella sua circumnavigazione dell’orbe terraqueo Marco Lupis ha visitato 19 isole da quelle abbordabili dalla costa dei continenti come Sachalin a quelle remote e davvero “isolate”, quasi irraggiungibili come Tristan da Cuna sperduta nell’Atlantico e distante 2810 km da Città del Capo e 2172 km a sud di Sant’Elena.

E confesso che quest’ultima citazione non cade nel vuoto per la mia immaginifica predilezione verso quest’isola dove vive un insediamento umano in parte di origini liguri, il più lontano al mondo dalla terraferma. Tra tanti depliant patinati di mete da sogno questo libro si distingue per la sua non comune capacità di sollecitare una partecipe fantasia e fa venire alla mente quelle parole – attribuite a Marcel Proust – che spiegano che il vero viaggio di scoperta non consiste solo nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi, senza i quali questo report sarebbe un catalogo divulgativo come tanti. Ma anche di pensare – come ci ha insegnato – Thomas Stearns Eliot che spesso il viaggio è più importante della meta. Non posso dimenticare ciò che mi disse il navigatore solitario Giovanni Soldini, in un’intervista di qualche anno fa: “La passione si esprime nel viaggio, la gioia nell’arrivo. Personalmente più del ritorno per me conta la conclusione del viaggio, l’approdo alla destinazione che mi ero prefissato, considerando anche tutto il tempo dell’attesa, quello trascorso in mezzo al mare. Credo che confrontarsi con la natura in modo diretto consenta di ridimensionare il modo tipico di pensare dell’uomo moderno che immagina – sbagliando – di dominare il mondo mentre in realtà non si rende conto che la sua esistenza dipende in tutto e per tutto dal mondo stesso e dalle leggi della natura”.

Ci sono isole a volte disabitate, o tribali e selvagge, atolli remoti e dimenticati e altre dove si è sviluppata una vita comunitaria, a volte ancora primordiale come era nel villaggio di Macondo descritto da Gabriel Garcia Marquez, altre ancora antropizzate secondo regole e gelose tradizioni storiche da custodire, dove non mancano opportunità per rendere meno aspra e ansiogena la vita di ogni giorno in una condizione di estrema lontananza dal resto del mondo, si tratta infatti di microcosmi che l’autore racconta con dovizia ed una narrazione sui generis.

Anche il cinema ha evocato il mito dell’isola sperduta, nei suoi chiaroscuri drammatici e nei monologhi dei naufraghi che vi trovano approdo, basti ricordare per tutti ‘Cast Away’ dove un magnifico Tom Hanks impersonifica Chuck Noland, un dirigente operativo della FedEx – unico superstite di un incidente aereo- che finisce arenato sulla spiaggia di Monuriki, un piccolo atollo disabitato che fa parte dell’arcipelago delle isole Mamanuca, nelle Fiji e vi resta per 4 anni, mentre gli amici e la fidanzata lo credono morto perché disperso  in mare, e invece si salverà con coraggio, arricchito da una esperienza unica e straordinaria che gli permetterà di conservare la speranza ad ogni futuro incrocio che la vita gli parerà innanzi. In questo libro che ci porta ai confini del mondo troviamo una mappatura geografica, storica, aneddotica delle isole visitate dall’autore: ogni lettore può adottarne una e immedesimarsi in un viaggio apparente ma carico di suggestioni emotive.

Gli uomini del nostro tempo non hanno perduto il desiderio della scoperta e l’utopia dell’appagamento lontano. Anzi, in questa epoca di globalizzazione e omologazione culturale, di incertezze emotive, relazioni umane problematiche e di solitudini inespresse sognando un’isola remota dove staccare la spina dalle ansie e dai problemi di una esistenza appiattita ed eterodiretta dai social e dai media, si scopre che perfino i timori dell’incognito lontano sono soverchiati dai pericoli incombenti delle molte insicurezze del presente.

Leggere, chiudere gli occhi e sognare: una medicina per lo spirito, un viaggio permesso a tutti, ricordando le parole di Albert Einstein – “la fantasia è più importante della conoscenza” o quelle di Rita Levi Montalcini – “l’immaginazione sa andare oltre il pensiero codificato”.

Perché davvero come scrisse nel Piccolo Principe Antoine de Saint-Exupéry “L’essenziale è invisibile agli occhi”.

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