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Commercio Russia

Ecco come la disinformazia russa colpisce l’Occidente e l’Italia

Chi ha partecipato e che cosa si è detto al convegno “La strategia russa di disinformazione e guerra cognitiva in Italia”, organizzato dall’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici.

La disinformazia non è il contrario dell’informazione ma un’alterazione dell’informazione. E la Russia è maestra nell’utilizzare questa strategia di guerra anche nel nostro paese. E’ quello che è emerso tra l’altro dal convegno “La strategia russa di disinformazione e guerra cognitiva in Italia”, organizzato dall’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici.

Disinformazia: la manipolazione delle opinioni

“Il termine fu inventato da Stalin e applicato per inviare mendaci informazioni ai dissidenti russi rifugiati in Francia – dice Roberto Di Nunzio, giornalista e saggista, esperto di information warfare, tra i relatori dell’evento -. La disinformazia nella sua primitiva accezione non è disinformazione e non ha necessità di fake news o post verità perché si concentra sulle opinioni considerando quelle che già esistono. La disinformazia non è avvelenamento dell’informazione ma si avvicina a una malattia del corpo umano che è la distrofia, la corruzione del sistema di alimentazione delle nostre fibre. La disinformazia è l’attività di influenza ideologica e poi politica”. È una tecnica antica, della quale accenna persino Marx, e poi Lenin utilizzò i termini di “compagni di viaggio” e “utili idioti” per descrivere gli agenti di influenza, coscienti o meno, delle attività sovietiche in campo occidentale.

La differenza tra le “misure attive” della Russia e dell’Unione Sovietica

Putin non ha dimenticato questa tecnica, della quale fa ampio uso attraverso mezzi di informazione e giornalisti/esperti presenti anche nelle tv italiane ma oggi non può avere l’aggancio valoriale che avevano Lenin e Stalin. “In epoca sovietica – spiega Kevin Riehle (Professore associato, University of Mississippi, Center for Intelligence and Security Studies, e analista di counterintelligence del governo statunitense) – la frase “misure attive” aveva una definizione specifica che era diversa dalla propaganda, la quale era una parte integrante del dialogo del partito comunista sovietico. Vasiliy Mitrokhin, nel libro del 2002 “Lessico del KGB”, ha definito “misure attive” come misure operative di agenti operate dal KGB per esercitare influenza, per persuadere, spaventare, spingere o attirare per raggiungere l’obiettivo di facilitare la messa in opera della politica sovietica”. Tali tecniche sono state impiegate anche in era post sovietica. “Yevgeniy Primakov, il leader del successore del KGB, ha dato una definizione identica, con un linguaggio meno ideologico – aggiunge il prof. Riehle -. Come azioni di sostegno, condotte per far si che le misure della Russia siano percepite in maniera positiva e siano, dunque, più efficaci”.

La paura della Russia: avere il mondo contro

Dagli interventi degli esperti emerge come sia fondamentale indagare e conoscere le differenze culturali tra il fronte occidentale e la Russia, per provare a parlare la stessa lingua e non farsi trovare impreparati.  “Le operazioni di intelligence sono diverse se pensate in linguaggio occidentale o in linguaggio russo – continua Kevin Riehle -. In russo la parola Razdvedka, che spesso viene tradotta come intelligence, ha un significato più ampio, non si limita a raccogliere informazioni, ma agire contro il nemico, aumentare le possibilità che le misure russe abbiano successo. Gli obiettivi politici russi sono: proteggere il regime di Putin, controllare lo spazio post sovietico, fare da contrappeso all’attore unipolare del mondo, dipingere la Russia come un attore indispensabile nell’equilibrio globale e dividere e distruggere la Nato e l’Unione Europea per ridurre l’isolamento della Russia. Affinché la disinformazione possa essere efficace sono necessari alcuni elementi: tecnologia mista, sfruttare le divisioni politiche esistenti e fornire informazioni credibili”. Attualmente i servizi russi continuano a occuparsi di “informazione nascosta, raccoglie informazioni di intelligence e si occupa di questa parte ma non è al livello del KGB”. Durante la guerra fredda ci sono state “almeno 10mila operazioni di disinformazione del blocco sovietico, poi il ritmo è crollato. Nel primo decennio degli anni 2000 le operazioni di disinformazione hanno iniziato la loro risalita. L’obiettivo è sempre quello di rinforzare la mano russa e si basa sull’assunto che il mondo è contro la Russia e che per avere successo i suoi avversari devono fallire”.

Gli aspetti psicologici della guerra cognitiva russa: la manipolazione del pensiero

Ma in che modo agiscono le “misure attive” della disinformazia? Marco Cannavicci (Ufficiale Medico Psichiatra, esperto in tecniche Humint e sicurezza) nel suo intervento ha spiegato gli aspetti psicologici guerra cognitiva russa. “Negli scorsi decenni le neuroscienze hanno avuto un grande sviluppo e si sono compresi i meccanismi neurobiologici con cui noi formiamo le opinioni, le idee, le posizioni – dice Cannavicci -. E quindi chiariti i modi con cui si formano le idee è possibile dall’esterno intervenire volutamente su questi meccanismi per formare nelle persone le idee che a noi interessano. L’obiettivo oggi non è uccidere il nemico ma cambiare le sue idee, le sue opinioni fare in modo che arrivi a pensarla come me. La guerra cognitiva russa ha un approccio olistico: può essere usato tutto ciò che è utile a questa finalità”.

Il controllo riflessivo

Una delle tecniche usate per controllare lo sviluppo delle opinioni è stata messa a punto negli anni ’60 e si chiama il controllo riflessivo. “Crea nella mente dell’altra persona una realtà virtuale che sostituisce la realtà oggettiva, per fare in modo che attraverso questa realtà virtuale lui scelga di comportarsi come a me fa comodo – aggiunge Cannavicci -. Può avvenire su scenari di massa perché i comportamenti collettivi sono più facili da prevedere di quelli individuali. Le tecniche più interessanti sono quelle che suggeriscono di distrarre la mente dell’avversario su aspetti non prioritari. L’altra tecnica è dare molte informazioni contrastanti tra di loro. Un’altra modalità è la ripetizione delle informazioni anche se false. Il re di questi meccanismi è l’inganno, ingannare l’avversario sulla mia forza, le mie posizioni e le mie reali intenzioni. Quando si adottano queste tecniche nella realtà nulla è vero ma tutto è possibile: ho ottenuto il mio obiettivo, le scelte del mio avversario non saranno razionali ma istintive”. Nel 2014 il generale Valery Gerasimov ha messo a punto la dottrina del controllo delle percezioni. “La tecnica che descrive questa dottrina è quella di imitazione del ragionamento del nemico per indurlo a prendere decisioni a lui sfavorevoli – conclude Cannavicci -. Intervenendo sul tempo, si mette pressione a una persona nel decidere, l’intelligenza che serve in questi campi è quella del pilota di formula uno, quando si hanno pochissimi secondi per prendere una decisione. Persone intelligenti messe in queste condizioni fanno scelte stupide”.

La disinformazia sul web

La disinformazia viaggia anche sulle reti web. “Nel 2017 le aziende di social media hanno iniziato a prestare attenzione alla presenza di account che non erano quello che sembravano e avevano finalità manipolatorie – racconta Renée DiResta (Technical Research Manager, Stanford Internet Observatory) -. Dalle nostre analisi ci siamo accorti che la Russia usa media statali o organizzazioni statali legate in un qualche modo, economico o personale, allo stato russo per diffondere informazioni e la maggior parte delle persone non ne sono consapevoli. In molti non sanno che tanti account appartengono a uno stato straniero”. Disinformazia vuol dire anche cavalcare le divisioni e le difficoltà interne di uno stato avversario. “Nel 2020 è aumentata la propaganda della Russia in merito ai disordini avvenuti negli USA in tema di “black life matter”. Abbiamo realizzato un progetto di bonifica qualitativa: abbiamo analizzato più di migliaia post tra il maggio 2020 e settembre 2020, periodo clou delle rivolte. Di questi la maggior parte venivano da 6 account affiliati allo stato russo – continua Renée DiResta -. Il live stream svolge un ruolo molto importante nella strategia di disinformazione: vengono trasmesse in continuazione immagini di protesta, intorno viene costruita una cornice di senso dai media di stato russo che punta a raggiungere uno specifico pubblico per far arrivare un determinato messaggio. A questo si aggiunge la vecchia strategia di sottolineare le atrocità”.

Italia vittima di disinformazia

L’Italia, come e più degli altri paesi occidentali è campo d’azione della disinformazia. “La vera offensiva di questi giorni avviene nel mainstream televisivo italiano, in particolare con alcuni nomi – dice il giornalista Jacopo Jacoboni del quotidiano La Stampa -. Le intelligence internazionali hanno posto attenzione su Vladimir Solovyov, l’anchorman principale di Russia Uno, il canale principale della tv di stato russa, che è stato ospite abbastanza fisso su due tv private nazionali. Ha subito sanzioni personali da parte dei paesi occidentali. Un altro giornalista che ha subito sanzioni ad personam come propagandista di guerra è Dimitri Kulikov che l’altra sera era a La7, e ha candidamente ammesso che solo in Italia partecipano a ospitate televisive”. Ci sono poi casi di giornalisti russi sospettati di essere agenti russi legati ad alcune televisioni e che sono stati ospitati in Italia. “C’è una giornalista, Yulia Vityazeva, diventata famosa perché ha fatto un tweet invocando un missile sull’Eurovision dopo la vittoria della band ucraina. Vityazeva lavora per Newsfront, gruppo di informazione che diffonde il punto di vista russo dagli anni dell’aggressione in Crimea – conclude Jacoboni -. Dagli USA non è considerato un giornale ma un canale di disinformazia e propaganda con sede in Crimea focalizzato sul supporto delle forze armate russe in Ucraina”.

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