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Cina Guerra

Ecco come gli Stati Uniti stanno armando l’Ucraina. L’analisi di Fabbri (Scenari)

La presenza americana in Ucraina si sostanzia anche nella continua consegna di armamenti al governo di Kiev. L'analisi di Dario Fabbri, curatore del mensile geopolitico Scenari del quotidiano Domani.

 

La presenza americana si sostanzia anche nella continua consegna di armamenti al governo di Kiev, condotti in aereo alla frontiera occidentale e lì affidati a emissari locali. Tra il 26 febbraio e il 3 marzo Washington ha inviato al governo Zelensky 17 mila missili anticarro, tra questi i Javelin, dal valore di 350 milioni di dollari, sei volte di più della cifra recapitata negli ultimi sei mesi.

Iniziativa ampiamente sbandierata, accolta dalle principali nazioni occidentali, altrettanto indaffarate a rimpinguare l’arsenale ucraino – compresa l’Italia, presente in loco anche con un aereo spia.

«Gli americani, come i loro alleati, sono ormai dei cobelligeranti, dunque obiettivi legittimi di ogni rappresaglia», ha tuonato il portavoce del Cremlino, Dimitrij Peskov.

I CACCIA MIG-29

Finora il confronto si mantiene dentro un codice non scritto, ma potrebbe precipitare improvvisamente. Ai primi di marzo il Pentagono ha lungamente considerato di consegnare all’Ucraina 28 caccia MIG-29 ricevuti dal governo polacco, fino ad autorizzare il trasferimento dei velivoli nella base tedesca di Ramstein. «Non posso fornirvi una tempistica, ma posso dirvi che ci stiamo pensando molto concretamente», aveva dichiarato in merito il segretario di Stato, Tony Blinken, volato al confine galiziano per farsi fotografare con l’omologo Dmytro Kuleba. Prima di abbandonare il proposito per la concreta possibilità di finire dentro uno scontro nucleare.

LA RISPOSTA RUSSA A YAVORIV/DI MOSCA

Già abbastanza per scatenare la reazione del Cremlino. Il 13 Marzo trenta missili russi cruise hanno colpito la base ucraina di Yavoriv tra Leopoli e il confine polacco, luogo designato allo smistamento di armamenti provenienti dall’estero, all’addestramento delle forze autoctone per mano di ufficiali occidentali – qui sono presenti almeno mille volontari stranieri, specie americani. Trentacinque persone sono rimaste uccise e quasi 200 ferite, ma non è chiaro se tra queste vi fossero anche occidentali.

Nel più significativo evento dall’inizio del conflitto, potenzialmente in grado di allargare la contesa al resto del mondo. Inconfondibile il messaggio lanciato da Mosca contro ogni coinvolgimento esterno, cui è seguito un tweet del dipartimento di Stato per confermare la presenza in loco di personale statunitense, lituano, polacco, britannico. Mentre cadeva il primo cittadino americano dall’inizio delle ostilità, il giornalista Brent Renaud ucciso dai russi alle porte di Kiev. «La Russia pagherà caro la sua morte, presto comprenderà la gravità di un tale errore», ha scolpito Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale, interpretando il drammatico episodio come un attacco contro Washington.

LE SANZIONI

Oltre alla presenza sul campo, gli Stati Uniti hanno imposto alla Russia drastiche sanzioni commerciali e finanziarie. Nella speranza che gli oligarchi putiniani congiurino contro il capo, perché infuriati per il netto scadimento della propria ricchezza. Nell’illusione di piegare il popolo russo attraverso le ristrettezze economiche, ovvero un’asettica normalità per gran parte della cittadinanza. Soprattutto tali misure servono a serrare il campo occidentale, storicamente indeciso su come agire nei confronti dell’Orso, adesso coagulato intorno a Washington. Comunione di intenti destinata a durare poco – la fine dei combattimenti riaccenderà le differenze – ma al momento assai preziosa.

In questo clima è inevitabile che Volodymyr Zelensky si confronti frequentemente con la Casa Bianca e che una sua eventuale resa sia da concordare con gli apparati d’Oltreoceano, forse perfino oltre la volontà del diretto interessato.

LE DIVISIONI TRA I PAESI

Segnata dall’avanzata russa, dalla resistenza ucraina puntellata dagli americani, la guerra sta provocando turbamenti anche nel resto del mondo, con sviluppi già ampiamente intellegibili. Il voto dello scorso 2 marzo in seno all’assemblea generale delle Nazioni Unite per condannare l’azione del Cremlino palesa le divisioni esistenti. Se ad esprimersi contro Mosca sono state le cancellerie occidentali oppure quelle legate agli Stati Uniti, sul tema si sono astenuti – tra gli altri – Cina, India, Pakistan, Bangladesh, Vietnam, Iran, Iraq, Sudafrica, Algeria, Angola, Mozambico. Per un totale di quasi quattro miliardi di persone rappresentate.

In Europa, continente dominato dagli americani da oltre trent’anni, l’invasione dell’Ucraina ha prodotto reazioni potenzialmente decisive. La Germania ha annunciato uno straordinario piano di riarmo, con il budget della difesa che nei prossimi anni potrebbe superare il 2% del pil. Evoluzione inedita, inevitabilmente destinata a risvegliare tra i vicini europei i mal sopiti timori per la questione tedesca.

Finora la svolta di Berlino è stata accolta con soddisfazione dagli americani e dagli altri occidentali, ma nel medio periodo Parigi proverà a imbracare tanta spesa all’interno dell’onirico esercito europeo, provocando la secca reazione dei teutonici, poco favorevoli ad affidare i propri uomini ai generali francesi.

(Estratto di un’analisi tratta da Scenari, qui la versione integrale)

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