Più che la premier – o il premier che lei preferisce sentirsi dare al maschile, con o senza il permesso della Crusca – Giorgia Meloni è l’ossessione dei suoi critici, o avversari, o nemici. Vi si è appena un po’ iscritto anche il senatore a vita, ex presidente del Consiglio e tanto altro Mario Monti. Che, dopo averle riservato anche momenti di astensione per tenersi sopra le parti, ha rimesso i panni dell’editorialista del Corriere della Sera e le ha contestato oggi di avere “investito molto”, cioè troppo, “del proprio capitale politico su Donald Trump”, finendone rovinosamente “subalterna”.
In compenso, tornando sull’Olimpo del laticlavio, Monti si è risparmiato, e ha risparmiato alla Meloni, la partecipazione -magari nel solito salotto televisivo di Lilli Gruber- al processo mediatico e politico contro di lei persino per la morte orribile della quattordicenne Martina Carbonaro, ad Afragola. Davanti al quale la Gruber le ha contestato di essersi dichiarata “disarmata”, anziché correre al Quirinale e farsi firmare un decreto legge per introdurre obbligatoriamente a scuola l’ora di educazione affettiva, con tutti gli stanziamenti eccessivi, magari sottratti al riarmo, che sul piano militare Meloni preferisce notoriamente al disarmo nella rappresentazione che ne fanno le opposizioni. Un’ora, quella scolastica dell’educazione affettiva o similare, che dovrebbe prevenire, impedire, supplire e quant’altro alle distrazioni e persino oscenità delle famiglie.
E’ un processo, quello alla Meloni, al quale ha voluto partecipare per internet da un computer del Ministero della Pubblica Istruzione un dipendente, presunto professore, augurante alla piccola Ginevra, la figlia della premier e del suo ex compagno Andrea Giambruno, la stessa fine di Martina, assassinata a colpi di pietra dal fidanzato respinto.
Una volta tanto le reazioni alla maledizione di questo demente internettiano sono state bipartisan, come si dice comunemente, anche se a prima a vista, scorrendo le agenzie e leggendo le dichiarazioni solo degli amici e alleati della Meloni, a cominciare dai presidenti delle Camere, vi confesso di avere temuto una solidarietà solo di parte. Poi è arrivato tutto il resto, compresa la telefonata del Presidente della Repubblica.
Tutto bene, quindi? Per niente. Francamente alcune solidarietà non mi sono sembrate sincere o affidabili per l’ostinazione con la quale la Meloni viene additata all’odio per le idee che ha e per quelle che non ha ma le attribuiscono quanti non l’hanno vista arrivare a Palazzo Chigi due anni e mezzo fa. Come Elly Schlein dice di se stessa da quando scalò la segreteria del Pd facendosi votare dagli esterni più che dagli iscritti, E se ne vedono e avvertono ogni giorno gli effetti al Nazareno e dintorni.