Skip to content

musk

È peggio Elon Musk o i suoi nemici?

Non saranno le sfuriate di qualche governante europeo a tutelarci dalla minaccia, vera o presunta, rappresentata da Elon Musk. Il commento di Filippo Mazzotti

In Europa dovremmo ormai essere tutti sufficientemente vaccinati contro la fascinazione per gli uomini fatali, ed in modo particolare di quelli che portano con sé corposissimi interessi economici, per assistere con qualche perplessità al quotidiano spettacolo di logorroico narcisismo globale messo in scena da quel singolare personaggio che è Elon Musk.

E tuttavia, non è necessario esserne degli acritici ammiratori per scorgere qualcosa di stonato, non solo nei suoi continui petulanti interventi ma anche nelle reazioni sempre più infastidite che questi suscitano nello stagno del potere globale e dei suoi custodi mediatici, e che spesso finiscono per enfatizzare il rilievo delle sue, non sempre epocali, esternazioni.

È un fastidio che, spesso, sembra scaturire non tanto dal merito delle opinioni che esprime, come sarebbe del tutto lecito e spesso anche condivisibile, ma dal suo ostentato rifiuto di aderire a quella sorta di ortodossia collettiva che, a partire da poche centrali di elaborazione del pensiero, ha disegnato un perimetro molto angusto attorno a ciò che si può dire e fare pubblicamente, senza incorrere in accuse di populismo che, ai tempi del conformismo globale, equivalgono ad una scomunica.

Ciò che non gli si perdona è il rifiuto di quell’ideologia perbenista, da sacerdoti degli SDG, attorno alla quale l’elite transnazionale ha costruito la propria identità, legittimato il proprio ruolo, servito interessi non meno colossali dei suoi e costruito fior di carriere fra la politica, la burocrazia, l’economia e l’industria culturale, e che ha nel citatissimo pensiero woke solo la sua versione grottesca da mocciosetti un po’ isterici e saccenti.

E quindi no, non saranno le sfuriate di qualche governante europeo a tutelarci dalla minaccia, vera o presunta, rappresentata da Elon Musk. Ed ancor meno lo faranno i Digital Services Act, le agenzie anti fake news e tutte le altre polverose armi dello strumentario del paternalismo bruxellese, che rappresentano semmai l’estremo arrocco di quelle classi dirigenti che a quel conformismo devono il loro ruolo.

A tutelarci sarà, come sempre quando si tratta di media, il pluralismo delle impostazioni ideologiche e delle proprietà stesse dei social network. Ed è un pluralismo che, a ben vedere, rispetto alla situazione precedente – quella del clichet dei giovani genietti visionari in scarpe da tennis e camicia di fuori, politicamente molto orientati ed omogenei, che giocano ai replicanti di Steve Jobs da qualche open space traboccante di dollari nella Bay Area –  con l’ingresso di Elon Musk sembrerebbe più aumentato che diminuito, ed alla fine questo conta parecchio di più della eventuale simpatia per il personaggio in questione.

Lo conferma lo stesso Zuckerberg, in un video autocritico che fa letteralmente a pezzi quell’immagine stereotipata, fra eccesso di censura, necessità di ripristinare la libera espressione, fact checkers politicamente orientati da sostituire con note di comunità e, perfino, decisione, di spostare le strutture di moderazione dei contenuti  dalla California al Texas, per sottrarli a condizionamenti ambientali. Senza contare le frontali accuse di istituzionalizzazione della censura rivolte all’Unione Europea, dove “è difficile costruire qualsiasi cosa di innovativo”.

Non è il cavaliere bianco, Musk, ma non è neanche quello nero. È, più semplicemente e modestamente, un cavaliere in più che allarga un po’ un orizzonte che nei tempi recenti si è andato fin troppo restringendo nello spazio sempre più ridotto compreso fra versioni ufficiali ed anatemi di complottismo.

E probabilmente è proprio questo che dispiace ad oligarchie transnazionali numericamente ridotte, molto compatte al loro interno in termini personali e culturali, e particolarmente restie ad ammettere nuovi membri, soprattutto se li percepiscono come individualmente troppo forti, o anche solo caratterialmente troppo incontrollabili, per sottostare placidamente alle eterne leggi della solidarietà castale.

Torna su