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Politica

E’ Natale ma in politica sembra Carnevale

Fatti, sorprese e piroette in politica. I Graffi di Damato

 

Si, lo so. Siamo solo alla vigilia di Natale e non di Carnevale, che viene dopo. Ma è tempo anche di calendario al contrario, scriverebbe forse il generale Roberto Vannacci in questi ultimi giorni di permesso che si è preso prima di insediarsi al comando delle forze terrestri. O come diavolo si chiama la postazione assegnatagli dal Ministero della Difesa pur conservandolo sotto inchiesta disciplinare per quel libro omonimo pubblicato senza permesso.

E’ ancora tempo non di maschere ma di alberi, per quanto spelacchiato come quello natalizio attribuito da Stefano Rolli sulla Stampa alla premier Giorgia Meloni pensando alla “manovra” appena approvata dal Senato, col contorno del solito voto di fiducia. E passata alla Camera per lo spolverino di fine anno fra le polemiche sulla bocciatura del Mes. Eppure è una maschera, magari ambrosiana, quella che lì per lì sembrava applicabile al volto dell’ancora inconsolabile Marta Fascina, sulla prima pagina del Corriere della Sera, andata con l’agenda di Silvio Berlusconi dal capo della Procura di Milano per difenderne il generoso testamento. Che uno sprovveduto troppo spiritoso poteva pensare compromesso nell’aula del Senato da Matteo Renzi accusando Forza Italia di avere tradito l’europeismo del fondatore col sì negato alla ratifica del trattato sul Mes. E procurandosi dal capogruppo Maurizio Gasparri, già vice presidente dell’assemblea, un insulto di cui poi si è inutilmente scusato, visto che l’ex premier non ha ancora sciolto la riserva di una denuncia, per quanto archiviata simbolicamente dal presidente Ignazio La Russa con auguri generali di Buon Natale.

Ma l’agenda di Berlusconi portata dalla Fascina alla magistratura non ha niente da fare con l’eredità politica, ed europeista, del suo compianto e quasi marito compromessa- ripeto- secondo Renzi dal suo successore Antonio Tajani e amici. L’agenda è stata scomodata a difesa della più materiale eredità di Berlusconi, compreso quel centinaio di milioni di euro destinato alla stessa Fascina. Fra le sue pagine ci sarebbero gli elementi necessari o sufficienti a “smascherare -ha raccontato nel suo scoop Luigi Ferrarella- un falso erede, ora indagato per estorsione”. La politica insomma, una volta tanto, non c’entra né direttamente né indirettamente con la cronaca giudiziaria in qualche modo riferibile al compianto premier.

La cronaca politica rimane quella che è in questa coda un po’ troppo pasticciata del 2023, in cui sul già citato Mes bocciato tra l’entusiasmo del vice presidente leghista del Consiglio Matteo Salvini e il rammarico del suo collega di partito, ancora amico e ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, hanno votato allo stesso modo leghisti, fratelli d’Italia della Meloni e pentastellati di Giuseppe Conte. Che però -dimenticando peraltro la firma fatta apporre dal suo secondo governo a quel trattato- dice peste e corna dei suoi “compagni di merenda” in questa fantasmagorica o -ripeto- carnevalesca fine d’anno.

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