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Che cosa è successo veramente fra Draghi e von der Leyen

Parole, pensieri e umori di Mario Draghi e Ursula von der Leyen. Estratto dal Mattinale europeo.

La grande messa di Ursula von der Leyen per appuntarsi sul petto la medaglia di Mario Draghi è fallita. L’ex presidente della Banca centrale europea ed ex primo ministro italiano ieri ha lanciato la sua più dura critica all’inazione dei leader dell’Unione europea, presentando una visione alternativa dell’Europa per affrontare i grandi stravolgimenti geopolitici ed economici. La presidente della Commissione ha illustrato i progressi realizzati negli ultimi 10 mesi, le iniziative lanciate, le road map presentate, ispirandosi alle raccomandazioni di Draghi. “A un anno di distanza, l’Europa si trova in una posizione più difficile. Il nostro modello di crescita sta svanendo. Le vulnerabilità stanno aumentando. E non esiste un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno”, ha risposto Draghi: “l’inazione minaccia non solo la nostra competitività, ma la nostra stessa sovranità”. Per Draghi, le “scuse per la nostra lentezza” sono “una forma di autocompiacimento”. Lungi dal riconoscere un cambio di passo, Draghi ha illustrato settore per settore quello che non è stato fatto (o non abbastanza). Servono “risultati in mesi, non in anni”, ha avvertito Draghi.

Prima dell’intervento di Draghi, nel suo discorso Ursula von der Leyen ha rivendicato di aver tradotto il rapporto presentato un anno fa “in politiche concrete. Poi ci siamo messi subito al lavoro”. L’elenco include il Clean Industrial Deal. le Gigafactory per l’intelligenza artificiale, il nuovo quadro normativo sugli aiuti di Stato, il piano d’azione per l’energia accessibile, l’unione del risparmio e degli investimenti, piani d’azione per industria automobilistica, siderurgica e chimica, gli investimenti nella difesa, nuove proposte sul mercato unico, il Fondo per le start-up e lo scale-up e il Quantum e sei pacchetti di semplificazione. “Questo è il senso di urgenza che avevano promesso. E continueremo a seguire questa rotta finché non avremo completato tutto”, ha detto von der Leyen. Ma la presidente della Commissione ha fatto un solo annuncio legato alle raccomandazioni di Draghi: la volontà di anticipare la revisione delle regole sulle fusioni, senza aspettare il 2027.

La risposta di Draghi è stata un lungo elenco di “la Commissione ha presentato (…), ma (…)”. Sull’Intelligenza artificiale “l’Europa mostra progressi. Ma i divari sono netti”. Draghi ha chiesto una pausa nella prossima fase della regolamentazione dell’IA. Sul 28esimo regime per le imprese “la Commissione si sta muovendo (…) ma, con un sostegno incerto da parte degli Stati membri, il primo passo sarà probabilmente limitato a un’identità digitale per le imprese”. L’aumento delle risorse per Horizon Europe a 175 miliardi di euro “è positivo, ma per la ricerca dirompente, sarà insufficiente a meno che le risorse aggiuntive non vengano concentrate in programmi prioritari di dimensioni significative”. Sul Regolamento generale per la protezione dei dati personali “l’unico cambiamento sul tavolo finora è un alleggerimento della tenuta dei registri e l’estensione delle deroghe per le Pmi alle imprese mid-cap”.

Il Clean Industrial Deal e il Piano d’Azione per l’Energia Accessibile sono “coerenti con l’agenda del rapporto. Ma il passo principale finora è stato allentare le regole sugli aiuti di Stato” e “non risolve però le ragioni strutturali per cui l’energia in Europa è così costosa”, ha detto Draghi. Il Pacchetto Reti e i finanziamenti sono “un passi avanti, ma l’attuale sistema, basato sul coordinamento nazionale di permessi e finanziamenti, non è adatto a un mercato energetico europeo”. Sul Green deal “la Commissione ha allentato alcuni dei requisiti di rendicontazione più gravosi attraverso l’Omnibus sulla sostenibilità, ma in alcuni settori, come quello automobilistico, gli obiettivi si basano su ipotesi che non sono più valide”. Secondo Draghi, attenersi rigidamente all’obiettivo del 2035 per le auto a zero emissioni “potrebbe rivelarsi irrealizzabile e rischia di consegnare quote di mercato ad altri, soprattutto alla Cina”.

“Il rapporto invitava a utilizzare in modo attivo la politica industriale, per ridurre le dipendenze e difendersi dalla concorrenza sostenuta dagli Stati”, ha ricordato Draghi. Ma “finora la risposta europea è caduta in due trappole: sforzi nazionali non coordinati, o cieca fiducia che le forze di mercato costruiranno nuovi settori. La prima non potrà mai garantire la dimensione necessaria. La seconda è impossibile quando altri distorcono i mercati e minano la parità di condizioni”. Draghi ha insistito con il suo appello per una vera politica industriale europeo su “difesa, industria pesante e tecnologie che plasmeranno il futuro”. Per l’ex presidente della Bce serve “un nuovo approccio al coordinamento degli aiuti di Stato”, una preferenza europea negli appalti pubblici e una riforma delle regole sulle fusioni.

Il giudizio di Draghi su quanto fatto dalla Commissione e dagli Stati membri è duro. “Dobbiamo andare oltre le strategie generali e le tempistiche dilazionate. Servono date concrete e risultati misurabili, e dobbiamo essere chiamati a risponderne”, ha avvertito Draghi, indicando il mercato unico e l’euro come modelli da seguire. “Come aumentare la velocità?”. Secondo Draghi, “in alcune aree l’Ue può fare di più con i poteri che già possiede” come potenza normativa, ma “ora deve dimostrare di sapersi adattare a un panorama tecnologico in rapida evoluzione”. Tuttavia “in alcuni ambiti cruciali, l’Europa deve iniziare ad agire meno come una confederazione e più come una federazione”. In attesa di una riforma dei trattati, “i progressi potrebbero dipendere da coalizioni di Stati volenterosi, attraverso meccanismi come la cooperazione rafforzata”.

Per Draghi, il debito comune europeo – che Ursula von der Leyen continua a rigettare – è un “passo logico”, che sia “a livello di Ue o tra una coalizione di Stati membri”. Draghi ha aggiornato le sue stime sulle esigenze annuali di investimento per il periodo 2025-2031 dopo i nuovi impegni per la difesa: “quasi 1.200 miliardi di euro, rispetto agli 800 miliardi stimati un anno fa. La quota pubblica è quasi raddoppiata, dal 24% al 43%, con oltre 510 miliardi di euro l’anno in più”, ha detto l’ex presidente della Bce. “Un’emissione congiunta non espanderebbe magicamente lo spazio fiscale. Ma consentirebbe all’Europa di finanziare progetti più grandi (…) dove la spesa nazionale frammentata non può più bastare”.

Quest’anno ha dimostrato “come la capacità di risposta dell’Europa sia limitata dalle sue dipendenze, anche quando il nostro peso economico è considerevole”, ha detto Draghi. “La dipendenza dagli Stati Uniti per la difesa è stata indicata come una delle ragioni per cui abbiamo dovuto accettare un accordo commerciale in gran parte alle condizioni americane. La dipendenza dai materiali critici cinesi ha limitato la nostra capacità di impedire che la sovracapacità cinese inondasse l’Europa, o di contrastare il suo sostegno alla Russia”, ha ricordato Draghi. Serve “un percorso diverso (…) che richiede nuova velocità, scala e intensità”. E servono “risultati in mesi, non in anni”, ha avvertito l’ex presidente della Bce. “Questo percorso infrangerà tabù di lunga data. Ma il resto del mondo ha già infranto i propri. Per la sopravvivenza dell’Europa, dobbiamo fare ciò che non è mai stato fatto prima e rifiutarci di essere frenati da limiti autoimposti”.

L’ennesimo appello di Draghi sarà ascoltato? Alcuni governi aderiscono alla sua agenda. Draghi “ha ragione. Dobbiamo accelerare la semplificazione, proteggere le nostre industrie e sostenere l’innovazione. È una questione di sopravvivenza”, ha detto il ministro francese per gli Affari europei, Benjamin Haddad. Con Trump, “la nave europea deve cambiare direzione”, ci ha spiegato un diplomatico di uno Stato membro. “La domanda è: siamo in grado di tenere il passo e accelerare per non rimanere un passo indietro? L’Europa è già sopraffatta. Dobbiamo cambiare i paradigmi con i rapporti Draghi e Letta”. Ma, secondo il diplomatico “il rapporto Draghi viene implementato lentamente, il ritmo è lento”. Anche Christine Lagarde, la presidente della Bce, ieri ha lanciato un appello a uscire dall’immobilismo.

Ursula von der Leyen ha riconosciuto che non è ancora “missione compiuta”. Ma il suo discorso, come quello sullo Stato dell’Unione del 10 settembre al Parlamento europeo, sono la sintesi del business as usual. Tutto va bene. Molte belle notizie, salvo qualche miglioramento da realizzare. “So che l’Europa può farcela. Perché abbiamo già dimostrato che è possibile. Possiamo spostare le montagne quando abbiamo ambizione, unità e urgenza”, ha detto von der Leyen. Dopo la solenne messa di ieri, questo sarebbe un bel epitaffio per la tomba dove seppellire non solo il rapporto, ma anche la visione di Draghi di un’Europa diversa. Peccato che Draghi non si lascerà seppellire.

(Estratto dal Mattinale europeo)

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