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Arnese

Draghi ribalta Speranza su Astrazeneca

Fatti, nomi, numeri, curiosità e polemiche. Pillole di rassegna stampa nei tweet di Michele Arnese, direttore di Start

DRAGHI RIBALTA SPERANZA SULLA SECONDA DOSE DI ASTRAZENECA

 

SPERANZA COSTRETTO ALLA MARCIA INDIETRO DA DRAGHI

 

GLI ANTICORPI DI DRAGHI VANNO DI TRAVERSO AL MINISTERO

SPOT VACCINALI

LE DISTONIE FRA EMA E AIFA

 

IL SEQUENZIAMENTO DELLE VARIANTI PARTE (FORSE) DOPO 6 MESI DALL’ANNUNCIO

 

ZAMBON BISTRATTA L’OMS

 

NIPOTINI SPAZIALI

 

VESCOVI USA POCO BERGOGLIANI E BIDENIANI

 

IFIS LUSSEMBURGHESE

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ESTRATTI DI ARTICOLI DEL CORRIERE DELLA SERA SULLA CONFERENZA STAMPA DI DRAGHI SULLA FECONDAZIONE ETEROLOGA:

Due le priorità: la seconda dose eterologa, quindi non AstraZeneca, per 990 mila under 60, e la vaccinazione di quasi 3 milioni di persone over 60 che ancora non hanno avuto neanche la prima dose. Non a caso il presidente del Consiglio Mario Draghi parla di «sfida» quando poco dopo le 19 di ieri arriva in conferenza stampa tra il ministro della Salute Roberto Speranza e il commissario straordinario all’emergenza il generale Francesco Paolo Figliuolo. «Volevo dare un contributo per chiarire una certa confusione sui vaccini», esordisce il premier. Tanto per cominciare, dice, «vaccinarsi è importante». Poi, «la vaccinazione eterologa funziona» e «la cosa peggiore è non fare nessuna seconda dose». Anche lui, racconta, martedì farà la seconda dose di vaccino e non sarà AstraZeneca come fu il 30 marzo scorso: «Ho più di 70 anni, la prima dose ha prodotto anticorpi bassi e allora mi si consiglia di fare l’eterologa, che funziona per me e anche per chi ha meno di 70 o 60 anni». Però, ribadisce: «Ognuno è libero di fare la seconda dose con AstraZeneca purché abbia il parere del medico e il consenso informato». Lo ripete anche il ministro Speranza al suo fianco: «Il Cts dà una raccomandazione molto forte per la vaccinazione eterologa sotto i 60 anni ma resta aperta la possibilità di utilizzare AstraZeneca per chi lo richiede sotto consenso informato».

Erano giorni che la pentola dei vaccini bolliva. La decisione nel ministero della Salute di lasciare l’uso di AstraZeneca a chi ha più di sessanta anni e di rendere tassativo l’utilizzo di Pfizer e Moderna per chi i sessanta anni non li ha ancora, aveva scatenato liti e polemiche, tanto da mettere in dubbio la marcia della campagna vaccinale. Tanti facevano sapere che se queste erano le condizioni, nell’impossibilità di scegliere liberamente, avrebbero rinunciato ad accettare la seconda dose, oppure addirittura a vaccinarsi. È questa preoccupazione, spinta dall’onda della pericolosità crescente della variante indiana, a spingere il presidente del Consiglio, Mario Draghi, a cambiare passo.

Ora il ministero della Salute, guidato da Roberto Speranza, è costretto alla marcia indietro. Il mix vaccinale tra la prima e la seconda dose non sarà più obbligatorio, ma solamente consigliato. Un cambio di passo necessario ma che apre non pochi problemi, perché gli hub vaccinali dovranno attrezzarsi per avere vaccini sufficienti per le differenti richieste, difficili al momento da prevedere.

La ribellione contro l’ordinanza del ministero aveva visto in prima fila la Regione Lazio, tradizionalmente tra le più collaborative con il governo, che ieri ha definito quella scelta «un disastro». Compiuto sulla comprensibile emozione per la vicenda di Camilla, la ragazza morta di trombosi dopo la prima iniezione di AstraZeneca. L’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, evidentemente con il pieno accordo del suo presidente, Nicola Zingaretti, aveva insistito sulla assoluta necessità di non introdurre rigidità che potevano indebolire la campagna: «Noi abbiamo ricevuto segnali da duemila persone che sono pronte a rinunciare se non hanno la possibilità di scegliere».

Ma una contrarietà forte, seppure sotterranea, era maturata anche nella squadra del generale Francesco Paolo Figliuolo. Se non esiste un obbligo di fare i vaccini, si sosteneva, tantomeno si può rendere obbligatorio, dividendo la popolazione per età, il tipo di farmaco da usare. Il «tu devi», a partire dalla Costituzione, non esiste in Italia sulla salute. Libertà di scelta quindi, su consiglio medico. E anche la lettera scritta ieri dal generale alle Regioni rifletteva il timore che il colpo di coda delle varianti potesse far ripiombare il Paese nel vortice dei decessi e delle terapie intensive al collasso. Scriveva Figliuolo: ci sono ancora due milioni e ottocentomila anziani da mettere in sicurezza, è necessario rintracciarli, anche ricorrendo alle liste elettorali. Sono loro i più fragili, quelli a rischio, priorità assoluta, ad esempio, a fronte della messa in sicurezza degli adolescenti.

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