Skip to content

cheney

Vi racconto l’amore segreto di Dick Cheney per Orvieto

Dick Cheney, l'ex-vicepresidente americano che pianificò il contrattacco al terrorismo, aveva un grande amore per Orvieto. La nota di Paola Sacchi.

Dick, Richard Bruce, Cheney e quella sua passione coltivata in missione segreta. La passione del “falco” repubblicano neocon, il duro a difesa dei valori dell’Occidente – ferito a morte nel suo cuore a New York, Manhattan, l’11 settembre – per arte, cultura, cristianità rappresentate dal Duomo di Orvieto. Ovvero, il capolavoro del gotico italiano, dove è custodita la Reliquia del Santo Corporale, il Miracolo Eucaristico Corpus Domini, la festività della Chiesa cattolica istituita proprio a Orvieto da Papa Urbano IV con Bolla Transiturus.

Cheney, scomparso il 3 novembre scorso a 84 anni per le bizze del suo cuore, “The Vice”, come recita il titolo di un film su di lui, il numero due di George Bush junior, già al Pentagono con Bush senior, l’uomo che dalla Casa Bianca gestì le prime operazioni dopo l’attentato del 2001 alle Torri Gemelle, dando l’ordine di abbattere gli aerei in direzione dei centri istituzionali federali Usa, e organizzò il contrattacco al terrorismo di Al-Qaeda in Afghanistan, aveva un grande amore per la “Manhattan del Medioevo”. Così appare Orvieto con il suo Duomo di un’altezza sproporzionata rispetto alla piccola piazza sottostante, la “sky line medievale” della città della Rupe, sulla quale in lontananza si vedono spiccare il Duomo, la cuspide della chiesa di S. Giovanni, la Torre del Moro e poi le torri mozzate nella guerra feroce tra “Monaldi (Monaldeschi ndr) e Filippeschi, uom sanza cura”, le due potenti famiglie di Guelfi, i primi, e Ghibellini, i secondi, che Dante immortalò nella Divina Commedia.

cheney

Cheney, uomo molto colto e appassionato di storia e arte medievale, come poteva “fuggiva” a Orvieto. Ora lo si può dire, anche se i giornali locali ne parlarono qualche volta, in modo molto sobrio e per lo più a cose fatte, per le misure straordinarie di sicurezza che Orvieto, con efficienza e discrezione, metteva in atto. Cheney amava venire a Orvieto anche per poche ore. Ora lo possiamo dire, era “la città alta e strana” (cit. Fazio Degli Uberti), che di colpo si erge sull’A1, una di quelle “località segrete per preservare la linea di successione presidenziale in presenza di una minaccia”, una delle mete delle sue “frequenti partenze improvvise” negli 8 anni alla Casa Bianca, di cui parla Tommaso Montesano nel suo bel ricordo di “The Vice”, il vicepresidente più potente del mondo, il 5 novembre sul giornale “Libero Quotidiano”, di cui è direttore responsabile Mario Sechi e direttore editoriale Daniele Capezzone.

Cheney, scrive Montesano, “alternava attivismo e mistero”. Protetto dalla discrezione della città millenaria, dal carattere amabile e scherzoso dei suoi abitanti e dalle sue autorità, “The Vice” tornò a Orvieto anche dopo l’11 settembre. Nel 2004, di ritorno dal Forum economico di Davos, arrivò un sabato per visitare il Duomo e pranzare poi la domenica “alle 12,30 in un ristorante segreto”, scrisse il giornale Orvietonews.it. Ma tutti sapevano in realtà quale fosse quel ristorante già frequentato da “Dick” varie altre volte. Cheney, che nel pomeriggio ripartì per Roma per una girandola di incontri dal lunedì successivo al Quirinale da Carlo Azeglio Ciampi, poi in Senato e alla Camera, a Villa Madama da Silvio Berlusconi premier e poi in Vaticano da Giovanni Paolo Secondo, tornò quella domenica a “L’Ancora”, un suo luogo del cuore, nel dedalo di viuzze del centro storico. È Il ristorante del suo amico antiquario orvietano Carlo Bianchini, con il quale aveva consolidato una bella e sincera amicizia fatta di chiacchierate sull’arte, la storia di Orvieto e anche la sua cucina. Umbrichelli, una particolare pasta locale, e lumachelle, gustose pizzette cotte nel forno a legna, si narra che fossero tra le prelibatezze preferite di “The Vice”.

Bianchini una volta mi mostrò in via riservata, gelosamente conservate, le lettere di ringraziamento che il suo potente amico, ma “anche uomo semplice e dai modi signorili, persino umili”, gli aveva scritto con la moglie Lynne. Una volta gli chiesi se lo avesse più sentito e se mi autorizzava a scrivere sul rapporto tra lui, Cheney e Orvieto. Carlo sorrise e mi disse: “Ma stai scherzando? Rischiamo di creargli problemi, Orvieto deve restare per lui una piccola, segreta oasi”. L’ex sindaco di Orvieto, di centrosinistra, Giuseppe Germani, una volta informalmente partecipò a un pranzò con Cheney a “L’Ancora”. Lo ricorda come “un uomo molto alla mano e anche simpatico”. Lui, “Dick”, il “falco” a strenua difesa dei valori dell’Occidente, con quella segreta passione per la “Manhattan del Medioevo”.

Torna su