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Destra

Dc e destra fra Italia e Germania

La fortuna della destra italiana rispetto a quella della Germania. I Graffi di Damato.

Il quasi settantenne Marco Follini è un democristiano doc che ha saputo rimanere coerentemente e dignitosamente al centro, anche a costo di rompere prima con l’amico Pier Ferdinando Casini, quando gli sembrò troppo condizionato da Silvio Berlusconi, e poi col Pd. Dove ad un certo punto si era rifugiato, e dove invece è finito e rimasto come ospite lo stesso Casini dopo la rottura col centrodestra. Egli ha appena scritto sulla Stampa del “dilemma” della Dc tedesca alle prese con la forte avanzata della destra estrema, nibelungica. Ed ha augurato agli eredi di Konrad Adenauer e di Helmut Kohl di saperle resistere come fece la Dc di Alcide De Gasperi e di Aldo Moro con la destra italiana.

De Gasperi si scontrò addirittura con Pio XII, che gli rifiutò un’udienza familiare non perdonandogli il rifiuto di un’alleanza elettorale con la destra romana per evitare il pericolo avvertito in Vaticano che il Campidoglio finisse nelle mani della sinistra egemonizzata dal Pci.

Anche la Dc tedesca – la Cdu – dovrebbe resistere ad ogni tentazione con la destra, “magari -ha osservato alla fine Follini- con un risultato più felice di quello che da ultimo si ebbe dalle nostre parti”. Dove altre volte, anche di recente, lo stesso Follini si è doluto di una destra risultata vincente nelle urne, con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, quasi tre volte più forte elettoralmente sia di Forza Italia sia della Lega, nate e cresciute a loro tempo pescando voti anche o soprattutto in quello che era stato il mare della Dc.

Ma ciò è potuto accadere dalle “nostre parti”, appunto, senza compromettere la democrazia, come rischia invece di accadere in Germania e come solo una sinistra esasperata, anzi ossessionata, grida in Italia sentendosi addirittura all’”anno II dell’era Meloni” – è stato scritto in questi giorni con l’evocazione del fascismo – grazie alla moderazione impersonata dalla premier. Che non è fascista, non foss’altro per ragioni anagrafiche, ma semplicemente e orgogliosamente conservatrice. Come lo era, elettoralmente e parlamentarmente, buona parte della Dc vissuta anche da Follini.

Non a caso, scomparsa la Dc, nelle liste elettorali della Meloni e dei suoi fratelli d’Italia sono finiti democristiani ancora orgogliosi della loro provenienza come Gianfranco Rotondi. Che pure in una manifestazione commemorativa della buonanima di Fiorentino Sullo, presente anche Ciriaco De Mita, una quindicina d’anni aveva scambiato per un quasi post-democristiano addirittura Giuseppe Conte, passato da un’alleanza di governo con la Lega ad una col Pd. È passato evidentemente abbastanza tempo, e Conte ne ha fatte abbastanza, per consentire a Rotondi di chiarirsi le idee.

Più che di un certo elettorato, è di una certa nomenclatura democristiana, particolarmente di sinistra, che è fatto il Pd della segretaria Elly Schlein dopo avere peraltro perduto per strada uomini come l’ex ministro Giuseppe Fioroni o allarmato – a dir poco – uomini come Pierluigi Castagnetti. Che per decidere se rimanere ancora nel Pd o andarsene pure lui aspetta forse di vedere se sulle tessere del 2025 la Schlein deciderà davvero di stampare gli occhi di Alcide De Gasperi o di Aldo Moro, dopo avervi stampato su quelle di quest’anno gli occhi di Enrico Berlinguer in previsione del quarantesimo anniversario della sua morte.

De Gasperi morì invece 70 anni fa, appena celebrati col consenso anche dei reduci del Pci che nel 1948 ne aveva auspicato la cacciata dal governo “a calci in culo”, gridati testualmente nelle piazze dal segretario comunista Palmiro Togliatti.

Moro invece morì 46 anni fa ucciso dai terroristi rossi dopo una prigionia di 55 giorni cominciata col sequestro in via Fani, a Roma, e costata la vita a tutta la scorta del presidente della Dc come in una “macelleria”, secondo un’immagine usata poi da una esponente delle stesse brigate rosse.

Moro, a dire la verità, è già in un monumento nella sua Maglie, commissionato dalla Dc, con una copia non del Popolo, il giornale democristiano, ma dell’Unità in tasca. Non è detto tuttavia che ciò potrà bastare alla Schlein per riprodurne gli occhi sulle tessere piddine dell’anno prossimo.

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