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Perché il Congo denuncia Apple. Report Le Monde

Il Congo ha accusato Apple di aver nascosto il ruolo dei “minerali di sangue” nella catena di approvvigionamento degli iPhone. L'approfondimento del quotidiano Le Monde.

Robert Amsterdam, il cui studio Amsterdam & Partners, in associazione con un gruppo di avvocati, ha presentato una denuncia lunedì 16 dicembre in Francia e martedì farà lo stesso in Belgio per conto della Repubblica Democratica del Congo (RDC) contro Apple per occultamento di crimini di guerra, riciclaggio di falsi e inganno dei consumatori.

Altre aziende potrebbero presto essere coinvolte e le denunce potrebbero essere presentate in altri Paesi, ma “Apple è senza dubbio uno degli obiettivi più simbolici, a causa del suo potere finanziario e della sua sfrenata comunicazione sul tema ‘stiamo facendo del bene al pianeta’”, spiega il consiglio, mentre le denunce indicano che la catena di approvvigionamento dell’azienda in questa regione è “contaminata” – scrive Le Monde.

I “MINERALI DI SANGUE”

Apple, come la maggior parte dei nuovi giganti della tecnologia, ammette di approvvigionarsi dei minerali strategici necessari per la produzione dei suoi smartphone, tablet e computer indirettamente dalla RDC e dal vicino Ruanda. Per farlo, le aziende passano attraverso una catena di intermediari: fonderie, raffinerie, commercianti e comptoir, tutti indicati come i principali responsabili della tracciabilità di questi minerali, in particolare dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), che riunisce 38 Paesi, la maggior parte dei quali occidentali.

La RDC, in particolare, ha un’abbondanza di queste risorse, ma il loro sfruttamento genera conflitti, soprattutto nella parte orientale del Paese, dove da quasi trent’anni imperversano gruppi armati accusati di gravi violazioni dei diritti umani. Da qui il soprannome di “minerali di sangue”, coniato all’inizio degli anni Duemila in seguito alle campagne delle ONG.

Il governo congolese ha minacciato di presentare una denuncia per fare pressione sul Ruanda, ma non l’ha mai fatto.

Da aprile, la questione ha assunto una nuova dimensione per Kinshasa. La ribellione congolese dell’M23, sostenuta dall’esercito ruandese, occupa la ricca zona mineraria di Rubaya, nel Nord Kivu. I minerali sarebbero esportati da Kigali e, secondo le Nazioni Unite, gli insorti guadagnano più di 270.000 euro al mese solo dalle tasse sulla produzione. I presidenti della RDC e del Ruanda, Félix Tshisekedi e Paul Kagame, avrebbero dovuto incontrarsi domenica 15 dicembre a Luanda, sotto l’egida del mediatore angolano Joao Lourenço, ma l’incontro non ha avuto luogo, non aprendo alcuna prospettiva di pace in un momento in cui la recrudescenza della crisi dal 2021 ha fatto sfollare quasi due milioni di congolesi.

Non è la prima volta che i giganti tecnologici si trovano ad affrontare questo tipo di accuse. Nel 2019, l’ONG americana International Rights Advocates ha presentato una denuncia presso un tribunale di Washington contro Apple, Microsoft, Alphabet Inc (società madre di Google), Tesla e Dell. Le ha accusate di trarre profitto dal cobalto congolese, essenziale per la produzione di batterie elettriche, in miniere che impiegano bambini. Le 14 vittime rappresentate dall’ONG erano familiari di bambini uccisi o mutilati nel crollo di queste miniere.

Cinque anni dopo, a marzo, la Corte d’Appello del Distretto di Columbia, a cui si erano appellate, ha respinto il caso, stabilendo che non c’era collusione tra le aziende e i loro fornitori di cobalto, di cui non condividevano i profitti e i rischi. A settembre, il Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti ha ufficialmente inserito il cobalto congolese nell’elenco dei beni potenzialmente prodotti con lavoro forzato o minorile.

Dopo aver notificato una diffida formale ad Apple in aprile, in particolare negli Stati Uniti, il gruppo di avvocati guidati da Amsterdam & Partners ha deciso di iniziare ad attaccare le sue filiali in Francia e Belgio, in associazione con altri due avvocati di alto profilo: Il francese William Bourdon, uno dei responsabili della cosiddetta vicenda dei “guadagni illeciti”, che ha portato alla confisca di beni, auto di lusso e oggetti d’antiquariato per milioni di euro appartenenti a “Teodorin” Obiang, figlio del presidente della Guinea Equatoriale Teodoro Obiang Nguema, e il belga Christophe Marchand, avvocato di Julian Assange presso la Corte europea dei diritti dell’uomo. […]

In Belgio, l’ex potenza coloniale in Congo, questa denuncia assume una dimensione supplementare. Il problema del saccheggio delle risorse naturali nella RDC non è nuovo: è stato avviato nelXIX secolo dal re Leopoldo II”, commenta Christophe Marchand. Il Belgio ha il dovere morale di garantire che questo saccheggio continui”.

RILANCIARE IL DIBATTITO

Le denunce presentate a Parigi e Bruxelles menzionano il lavoro minorile, ma si concentrano soprattutto sui crimini e le frodi che riguardano lo sfruttamento dei cosiddetti minerali “3T” (stagno-stagno, tantalio, tungsteno), essenziali per la produzione di dispositivi elettronici. “Mentre questi minerali sono estratti nella RDC, vengono esportati e consegnati illegalmente dal vicino Ruanda, a costo di commettere numerosi crimini”, si legge nella denuncia presentata in Francia. “Apple non è immune dalla contaminazione della propria catena di approvvigionamento, in quanto i minerali illegali, esportati sia dalla RDC che dal Ruanda, transitano attraverso le aziende presenti nell’elenco ufficiale dei fornitori di Apple”, si legge nel dettaglio nella denuncia belga.

Entrambe le denunce prendono apertamente di mira il sistema di certificazione noto come “Tin Supply Chain Initiative” (Itsci), istituito dall’Associazione mondiale dei produttori di stagno, a cui Apple, come altre aziende del settore, fa riferimento, assicurando al contempo di effettuare audit indipendenti, di finanziare un sistema di allerta, di eliminare alcuni fornitori dalla propria lista di fornitura o di promuovere il riciclaggio.

Tuttavia, un’associazione come la Responsible Minerals Initiative, tra i cui membri figurano più di 500 aziende tecnologiche, tra cui Apple, ha ritirato l’Itsci dalla sua lista di sistemi di tracciabilità approvati nel gennaio 2023. Lo stesso Dipartimento di Stato americano ha dichiarato a luglio che stava rispondendo alle preoccupazioni del settore privato facendo riferimento ai “potenziali rischi associati alla fabbricazione di prodotti che utilizzano minerali estratti, trasportati o esportati dalla RDC orientale, dal Ruanda e dall’Uganda”.

(Estratto dalla rassegna stampa estera a cura di eprcomunicazione)

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