Ieri Mark Stroh, l’incaricato d’affari statunitense in Danimarca, si è dovuto recare al ministero degli Esteri di Copenaghen. È stato convocato d’urgenza dai danesi per rispondere di presunte azioni di ingerenza degli Stati Uniti in Groenlandia. A scoperchiare il piccolo grande vaso di Pandora è stata l’emittente pubblica DR: i servizi di intelligence danese hanno scoperto che almeno tre cittadini Usa – legati in qualche modo al mondo Maga – starebbero conducendo operazioni per favorire l’indipendenza dell’isola da Copenaghen.
I TENTATIVI DI INFLUENZA DEGLI STATI UNITI
Donald Trump da tempo ha messo gli occhi sulla Groenlandia. Fin dal suo primo mandato avrebbe voluto comprarla dalla Danimarca, che però ha nettamente respinto le strane richieste. Quando è stato rieletto alla Casa Bianca, il tycoon è tornato alla carica, in maniera più aggressiva, minacciando di prenderne il controllo in un modo o nell’altro. Si inserisce in questo contesto la tensione con Copenaghen. Già lo scorso maggio, il Wall Street Journal aveva riportato di un ordine, da parte delle agenzie di intelligence Usa, di intensificare le attività di spionaggio sull’isola.
Secondo l’emittente danese, questi tre cittadini americani, vicini al trumpismo, hanno lavorato sul territorio groenlandese per influenzare il clima a Nuuk attorno a una possibile indipendenza e soprattutto attorno a una possibile integrazione con gli Usa. Uno di loro avrebbe stilato una lista di groenlandesi aperti all’eventualità di unirsi agli Stati Uniti, ma anche raccolto i nomi di chi invece guarda negativamente Trump e i suoi piani. Ancor di più, avrebbe chiesto alla gente locale di segnalargli situazioni o episodi da poter usare per mettere in cattiva luce la Danimarca, magari tramite i media americani, agli occhi dei groenlandesi.
Intanto, le altre due persone – sempre attenzionate dai servizi segreti di Copenaghen – avrebbero iniziato a stringere contatti non solo con la popolazione comune, ma anche con politici, imprenditori e figure influenti nella comunità groenlandese. Sondaggi per capire gli umori e dove tira il vento. Una sorta di preparazione del terreno.
IL BOTTA E RISPOSTA
La Danimarca ha reagito, come detto, con la convocazione del diplomatico Usa. “Qualsiasi tentativo di ingerenza negli affari interni del Regno sarà ovviamente inaccettabile”, ha specificato il ministro degli Esteri Lars Lokke Rasmussen. Che si rende conto della situazione attuale e futura: “Siamo consapevoli che attori stranieri continuano a mostrare interesse per la Groenlandia e la sua posizione nel regno di Danimarca”. “Non sorprende quindi che in futuro assisteremo a tentativi esterni di influenzare il futuro del Regno” ha aggiunto
La notizia della convocazione è rimbalzata, prevedibilmente, su tutti i media occidentali. Da Washington non sono arrivate risposte immediate, anche se un funzionario anonimo della Casa Bianca ha fatto trapelare di voler minimizzare la tensione, salvo poi esprimere un concetto non proprio rassicurante: “I danesi devono calmarsi”.
Poi, è arrivata una reazione più ufficiosa, tramite un portavoce statunitense, che ha commentato l’incontro di Stroh al ministero danese. Una “conversazione produttiva”, l’ha definita il portavoce del dipartimento di Stato Usa, che ha anche ribadito sia il fatto di non controllare o commentare le azioni dei cittadini privati sia di rispettare “il diritto del popolo della Groenlandia a determinare il proprio futuro”.
GLI OCCHI DEGLI USA
Secondo gli ultimi sondaggi, la popolazione groenlandese – che in larga parte spinge per una indipendenza da Copenaghen, pur senza strappi – non è però propensa a unirsi agli Stati Uniti. L’85% è infatti contrario. Gli Usa, però, continuano a perseguire i propri obiettivi sull’Artico e nello specifico sulla Groenlandia, territorio semi autonomo del Regno di Danimarca. Lì hanno una base militare strategica, recentemente visitata dal vicepresidente JD Vance.
La regione polare è vista come possibile nuova frontiera di scontro sia con la Russia sia con la Cina. La Groenlandia per la sua posizione è una delle porte d’accesso al mare Artico, e quindi con Mosca che spinge per creare una sua rotta commerciale a Nord, diventa essenziale in termini di sicurezza. Ma le motivazioni dietro l’interesse americano sono anche e soprattutto economiche: per sfruttare le risorse – minerali critici, petrolio, gas e quant’altro – presenti tra i ghiacci groenlandesi e quelle che per adesso sono solo stimate, seppur in gran quantità. Tutti fattori che hanno contribuito a porre la Groenlandia sotto i fari internazionali.