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D’Alema tra sarcasmi e boomerang con Meloni e Schlein

Che cosa ha detto e che cosa ha fatto capire Massimo D'Alema in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera. I Graffi di Damato

Avvolto nei suoi ricordi di presidente del Consiglio di ben due governi fra l’ottobre 1998, sostituendo Romano Prodi battuto in Parlamento, e l’aprile 2000, quando dovette passare la mano a un Giuliano Amato un po’ diverso, diciamo così, da quello che era già stato mandato a Palazzo Chigi su designazione però di Bettino Craxi, un ancora orgoglioso Massimo D’Alema si è vantato delle sue gesta di governo parlandone al Corriere della Sera in una intervista rovesciata ieri su due pagine.

L’ex premier ha rievocato, fra l’altro, i giorni in cui partecipò all’intervento della Nato nei Balcani e quelli in cui portò, sia pure per rotazione, l’Italia nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Un’Italia, insomma, che contava grazie a lui, sembra di capire dal racconto di D’Alema, che si è contrapposto sarcasticamente alla premier attuale Giorgia Meloni, accusata di una presenza, sì, sul piano internazionale, ma solo “infilandosi nelle foto” dei vertici: non dico da clandestina, senza permesso, ma quasi.

Il sarcasmo dell’ex premier, arcinoto d’altronde ai cronisti, spesso incorsi anche loro nelle sue battute più o meno feroci raccogliendole, questa volta è stato a dir poco sfortunato. La lunga intervista, raccolta Aldo Cazzullo, si apre proprio evocando una foto in cui D’Alema è infilato, particolarmente a Pechino, fra gli invitati -credo a titolo personale- ad un raduno di vertice di ben “l’80 per cento dell’umanità”, ha detto “Baffino” gonfiandosi sin quasi a scoppiare come una rana. Un raduno di fronte al quale dovrebbero vergognarsi, secondo D’Alema ,gli assenti o perché non invitati, essendo evidentemente considerati irrilevanti a Pechino, o perché, pur invitati, non hanno capito l’importanza della Cina e se ne sono tenuti lontani. Compresa evidentemente la Meloni, che si sarebbe così persa l’occasione d’infilarsi in una foto davvero eccellente.

Dalla vetta del suo sarcasmo D’Alema ha accettato, su domanda dell’intervistatore, di scendere anche sulle vicende del suo ritrovato Pd, da cui era uscito in odio all’allora segretario Matteo Renzi, ed è poi rientrato, alla caduta dell’infiltrato, pure lui, ed eventi successivi.

La Schlein “ci sta mettendo passione e spirito unitario”, ha concesso D’Alema con insolita generosità alla segretaria del Pd, senza tuttavia riuscire ancora a fare “elaborare al partito una risposta ai problemi molto seri che abbiamo avanti”. Dal massimo della generosità, ripeto, al minimo valore, o voto. Peggio ancora di quanto vada dicendo e bofonchiando Prodi del Pd, della sua segretaria e degli aspiranti al campo più o meno largo della presunta, improbabile alternativa al centrodestra della Meloni.

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