Il “politico” a tutto tondo, tra la cosiddetta Seconda Repubblica, ritiratosi poi, dice lui, e la Terza, torna per il suo secondo giovedì a Montecitorio dopo quello di una ventina di giorni fa, sempre come presidente della Fondazione Italianieuropei. La sala Berlinguer al gruppo Pd ormai il giovedì sembra essere diventata quella delle “Frattocchie” di Massimo D’Alema. Stavolta Elly Schlein non c’è e non ci sono neppure i giornalisti di agenzia di stampa che però si prendono un bel “buco”, come si dice in gergo giornalistico.
Si parla di Palestina e Piano Trump. L’ex premier, del record unico da ex comunista alla plancia di comando di Palazzo Chigi, dopo una articolata disamina della situazione mediorientale e gli effetti del Piano Trump , attaccando “l’inefficacia”, a suo parere, della politica dell’Europa e quella del governo italiano, chiosa con una battuta delle sue, ironica, lucida, un po’ brutale. Che di fatto però potrebbe suonare come una stessa autocritica per quanto riguarda la linea del Pci.
D’Alema con il suo carico di storia, arriva, da “outsider” interno della sinistra, dove non osano gli altri e ammette: “Ecco, io , diciamo, non vorrei aver passato la mia giovinezza a combattere Andreotti e Craxi e poi a passare la mia vecchiaia a rimpiangerli”. Aperto apprezzamento, quindi, della linea di politica estera con l’altra sponda del Mediterraneo dello statista socialista, morto a Hammamet, e del sette volte premier Dc.
Applausi, ma un po’ spiazzati, dalla sala intitolata a Berlinguer, colui che Craxi definì “il monaco dell’ortodossia comunista”. D’Alema è rilassato e spiazzante, invitato questa volta dalla componente ex articolo 1 confluita nell’associazione “Compagno il mondo” di Arturo Scotto.
Ci sono i deputati Nico Stumpo, Roberto Speranza, Alfredo D’Attorre, la ex sindacalista della Cgil, oggi nella Fondazione Giuseppe Di Vittorio, Elisa Castellano, la ex presidente della Camera, Laura Boldrini, il responsabile Esteri del Pd, Giuseppe Provenzano.
Da parte di Boldrini e altri condanna senza appello al Piano Trump. Ma D’Alema ancora una volta, con una spanna al di sopra, sorprende il Pd. Attacca il Piano, ma ammonisce: “In tutti gli spazi offerti dalla politica bisogna entrare”. Sottolinea che non ci si può fermare alla pur giusta esaltazione dei martiri come Marvan Bargouti in galera o delle vittime civili ma bisogna dare subito l’idea anche plastica della nuova classe dirigente dei Palestinesi privi di Stato: “Sono intellettuali sparsi per il mondo, con loro si potrà intanto ridare l’immagine dello Stato che non c’è “. “E vedrete – prosegue – che la questione Palestinese sarà dirimrntee, in epoche di astensionismo, per il riavvicinamento dei giovani alla politica”.
Ma la stessa polare, avverte l’ex premier, non può che essere” la condanna netta dell’antisemitismo, una grave piaga riaffacciatasi in Europa e nel mondo” e la condanna, di più, “il boicottaggio” della politica della destra estremista israeliana, impersonata per D’Alema dallo stesso Netanyahu. A tal proposito riserva una dura frecciata “a certe sbavature” , evidentemente ritenute troppo filo-israeliane del partito democratico (nel mirino qualcuno sottovoce in sala vede certe uscite di Piero Fassino e Graziano Del Rio), ma un’altra frecciata suona diretta anche a Schlein e al gruppo dirigente.
D’Alema avverte con pragmatismo da Pci non solo di lotta ma anche di governo che “bisogna infilarsi in tutti gli spazi del piano Trump, per quanti difetti abbia a cominciare da quello della mancata soluzione della causa palestinese”. L’ex premier e leader del Pds-Ds vede in futuro ormai ” non più una soluzione tra le parti”, ma “solo una “soluzione internazionale con una grande forza di interposizione” . Insomma, linea dura, interruzione anche dello stesso rapporto di cooperazione tra Italia e Israele. Ma il monito che lancia suona per la stessa politica del Pd in generale al di là della Palestina e del Medioriente: “La politica è l’arte di individuare tutti gli spazi possibili”.



