(Le Figaro, Antoine Foucher e Ronan Planchon, 8 settembre 2025)
Punti chiave:
- La crisi francese è sociale, non solo di bilancio, per la mancata valorizzazione del lavoro.
- Le scelte politiche privilegiano il presente, trascurando investimenti futuri.
- Serve ridurre i contributi previdenziali e investire in istruzione e infrastrutture.
Antoine Foucher, autore di “Uscire dal lavoro che non paga più”, denuncia una crisi sociale più grave di quella di bilancio.
“La crisi di bilancio è solo la punta dell’iceberg”, afferma, indicando che le scelte politiche degli ultimi decenni hanno favorito il consumo immediato a scapito di investimenti in istruzione, industria, transizione energetica e infrastrutture.
Questo ha indebolito la Francia, con una spesa sociale che assorbe risorse, mentre gli investimenti collettivi languono, richiedendo 250 miliardi di euro annui.
I lavoratori, pur attivi (tasso di occupazione al 69%), sono demotivati: “L’assenza di un futuro radioso spinge gli individui a ripiegarsi sulla sfera personale”, spiega Foucher, notando che il lavoro non migliora più il tenore di vita.
La percezione del lavoro come valore è crollata dal 60% al 24% in trent’anni. Le pensioni, che assorbono il 14% del PIL contro il 7% dell’istruzione, pesano sui salari, con contributi raddoppiati in una generazione.
Per Foucher, è essenziale un ribilanciamento: “Ridurre la parte delle pensioni nel PIL deve servire a investire nell’avvenire”, come istruzione e difesa, e abbassare i contributi per rendere il lavoro più remunerativo.
Senza una politica che ripristini la fiducia nel futuro collettivo, nessun governo potrà invertire il declino, nonostante i tentativi di Bayrou di sensibilizzare sul debito.
(Estratto dalla newsletter di Giuseppe Liturri)