Anche nei rapporti politici e nelle relazioni internazionali fra Stati vale il saggio proverbio che dagli amici “mi guardi Iddio”, specie quando il fuoco amico si accende alla Casa Bianca.
Donald Trump in persona non ci ha pensato due volte a rilanciare un video di una sua attivista nel quale si elogiava la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per la attribuita volontà di negoziare un accordo sui dazi direttamente con gli Stati Uniti, cioè saltando le trattative e le prerogative dell’Unione europea al riguardo. Meloni lodata anche per il presunto proposito di voler ridimensionare il sostegno all’Ucraina. In barba, di nuovo, alla strategia europea che pure l’Italia ha contribuito a formare, seguendola e mai contraddicendola in 3 anni e 7 mesi di guerra.
“Ottima mossa, Meloni, è una scelta intelligente”, l’evviva a commento del gongolante presidente statunitense. Che dell’Europa, sia sa, ha una considerazione tanto bassa quanto l’ha, invece, alta dell’ammirata “amica Meloni”.
La rottura da parte di Roma con Bruxelles in ambito commerciale e di difesa comune più che un colpaccio giornalistico sfuggito perfino all’attenzione dell’italica informazione, sarebbe “di una gravità inaudita”, come subito e con ragione protestano le opposizioni, in particolare il Pd, sollecitando una smentita di Palazzo Chigi.
Che arriva, onde evitare che i desiderata trumpiani diventino realtà senza che neppure il nostro Parlamento ne abbia avuto neppure vaga contezza. Anzi, una doppia smentita, sia da Roma (“le trattative commerciali, come noto, sono guidate dalla Commissione europea, trattandosi di esclusiva competenza dell’Unione”), sia da Bruxelles: “La Commissione Ue lavora in stretto coordinamento con il governo italiano”.
Nessuna frattura con l’Ue, dunque, con una precisazione: è stata da tempo avviata “un’interlocuzione bilaterale che affianca l’azione della Commissione sul tema dei dazi antidumping prospettati dal Dipartimento del Commercio nei confronti di alcuni produttori italiani di pasta”.
Ci mancherebbe che l’Italia non intervenisse a fronte di una tassazione americana sulle nostre eccellenze che potrebbe arrivare addirittura al 107%. Grave sarebbe se il governo restasse muto e con la pasta in mano.
Ma intanto nel botta e risposta sul verosimile che non era vero, s’infila volentieri l’ambasciatore russo in Italia per mettere in guardia il nostro Paese dal partecipare ai piani per l’uso dei capitali congelati di Mosca in Europa a favore dell’Ucraina aggredita da Putin. Sarebbe a rischio per molti anni -ammonisce- la possibilità di ripristinare la cooperazione economica e commerciale con la Russia.
Distinti e distanti, i punti di vista statunitense e russo, eppure convergenti sull’anti-europeismo che entrambi, con motivazioni e prospettive molto diverse, evocano. Forse il miglior e incrociato riscontro di quanto l’Italia faccia invece bene a esercitare sempre il suo ruolo politico nell’Unione europea e non contro di essa. Come vorrebbero coloro che puntano a indebolire l’Europa e l’Italia in un colpo solo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova






