Il prossimo voto per il rinnovo degli organi rappresentativi della Regione Emilia Romagna può acquistare un significato emblematico nel confronto tra le due opposte culture di governo.
In partenza l’esito sembra scontato. Il recente successo elettorale del presidente Stefano Bonaccini e la candidatura di un riformista come il sindaco di Ravenna appaiono infatti indicare la conferma del risultato di quattro anni fa quando pure si avvertiva un desiderio di cambiamento in larghe fasce della popolazione. Paradossalmente, allora il centrodestra non seppe interpretare il clima favorevole presentando una candidatura alla presidenza molto radicalizzata mentre ora, in un contesto più difficile, ha saputo esprimere la proposta di una indipendente, nota educatrice, tendenzialmente capace di parlare al voto moderato e incerto.
Tuttavia, il governo regionale risulterà contendibile solo se questa candidatura saprà offrire una nuova prospettiva e contestare con concretezza il “modello emiliano” evidenziandone i limiti derivanti da una eccessiva confidenza con il potere, dalla ipertrofia della amministrazione pubblica, dall’eccesso di una tassazione addizionale destinata ad aumentare per il disavanzo strutturale del servizio sanitario, dai ritardi nell’assetto idrogeologico, dalla persistente pretesa di controllo sulla economia e sulla società. Sono vizi che una parte significativa del territorio da tempo percepisce ma che non si sono, fino ad ora, tradotti in una credibile alternativa.
Basti pensare alla Romagna la cui società è caratterizzata da antichi desideri di maggiore libertà e che nei prossimi anni dovrà adattare la sua stessa economia turistica ai cambiamenti della relativa domanda interna ed estera. O alle aspirazioni di rinascita della intera dorsale appenninica. O, più in generale, a quelle diffuse economie minori trascurate da una cultura che preferisce le dimensioni produttive sindacalizzate.
La stessa media e grande industria innovativa della via Emilia che per meriti propri ha conseguito grandi risultati ha ora bisogno di essere tutelata dalle improvvide politiche europee del green deal e valorizzata da un progetto ambizioso.
Se le Regioni Lombardia, Veneto, Emilia sapessero integrarsi a partire da una maggiore efficienza dei servizi e delle infrastrutture e da una bassa pressione fiscale, potrebbero costituire una delle grandi aree metropolitane più competitive nel mondo e trainare ulteriormente la crescita nazionale.
Esiste infine una dimensione culturale nel confronto tra le coalizioni che riguarda principi e valori della tradizione messi in discussione dal paradossale esito individualistico della vecchia cultura collettivista. Vincerà chi saprà coniugare un rinnovato pragmatismo con la visione di una società coesa perché aperta e vitale.