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Copenaghen

A Copenaghen per discutere del destino della democrazia

Ospitiamo un intervento di Ernesto di Giovanni, partner di Utopia Lab, che rappresenterà l’Italia al Copenaghen Democracy Summit che si sta svolgendo in questi giorni nella capitale danese. Tra i temi all’ordine del giorno: democrazia, innovazione, ruolo del web  L’Economist di questa settimana apre la copertina con un titolo eloquente: “How strongman subvert democracy” con tanto…

L’Economist di questa settimana apre la copertina con un titolo eloquente: “How strongman subvert democracy” con tanto di volti di Vladimir Putin, Viktor Orban e Recep Tayyip Erdogan.
Mancava solo Donald Trump.

Le democrazie sono veramente in pericolo ? Qui a Copenaghen, dove in questi giorni è in programma il Copenaghen Democracy Summit organizzato dalla no-profit Alliance of Democracies Foundation, il solstizio d’estate stenta a sentirsi; dovrebbe essere il giorno con il maggior numero di ore di luce dell’anno ma un vento gelido proveniente dal nord-est fa sembrare questo momento un normale giorno di profondo autunno danese. Sarà presagio di un futuro nebuloso ?
Nel 1941 nel mondo erano presenti solo 12 democrazie; nel 2000 solo 8 nazioni al mondo non avevano mai svolto delle regolari elezioni. Circa 30 anni fa, Francis Fukuyama celebrava la fine della storia e il trionfo delle democrazie liberali nel Mondo.

Oggi vediamo decine di nazioni invece crescere e prosperare grazie a un mix di capitalismo sfrenato, politiche oligarchiche e autoritarismo. Basti pensare alla Cina di Xi Jinping, alla Russia di Putin, alla Turchia di Erdogan, all’ascesa di forze che potrebbero compromettere l’ordine liberale in nazioni europee come l’Ungheria e la Polonia.

Nella fredda Copenaghen, l’ex Segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen, si sta cimentando in un’operazione di analisi sullo stato attuale della democrazia nel mondo, sul suo futuro e sugli strumenti che hanno permesso all’ordine liberale di prosperare: il commercio internazionale e la sicurezza.

Non sarà compito facile; gli ospiti illustri con i quali discuteremo sono tutti grandi leader di paesi occidentali che sono stati “in charge” per tanti anni e che, forse, hanno anche contribuito alla condizione odierna del dibattito.

Con Joe Biden, Tony Blair, Jose Maria Aznar, Felipe Calderon, Nick Clegg e assieme ad alcuni esperti ed esponenti del mondo dell’industria, proveremo a capire il punto in cui siamo, le motivazioni e le possibili soluzioni per evitare che le democrazie liberali diventino democrazie autoritarie. Non è di seconda importanza poi il tipo di industria invitata a essere presente al summit: quella dell’innovazione tecnologica.

Il web, i social media, l’innovazione e l’informazione tout-court sono state un elemento dirompente maggiore del suffragio universale. Hanno portato nel dibattito politico ed economico milioni di persone che prima ne erano tagliate fuori o che, in un modo o nell’altro, erano intermediate da fattori esterni, come i giornali, e fattori interni, come la mancanza di strumenti di comprensione di dinamiche complesse.

Oggi, a torto o ragione, la democrazia e soprattutto l’ordine liberale devono fare i conti con questo incredibile cambiamento, che non significa fare un semplice video e postarlo su Facebook. Significa capire il linguaggio di una nuova popolazione, capire il sentimento di milioni di persone che si forma e cambia veste nel giro di secondi e non di mesi o anni, capire le ovvie diseguaglianze che il combinato disposto globalizzazione e innovazione tecnologica ha portato nelle classi medio-basse del mondo occidentale.

Il futuro della democrazia nell’era digitale è il più grande degli interrogativi dei nostri giorni, ma è necessaria umiltà e pazienza per capire nuovi fenomeni e nuovi modi di porsi verso la cosa pubblica da parte dei cittadini.
Le relazioni tra gli Stati occidentali, con una nuova politica globale americana sempre più attenta ai propri stretti interessi che a quelli globali, devono tornare a essere sistemiche e di prospettiva e non limitarsi a essere gestite a uso e consumo del consenso interno.
Cosi la via del fallimento sarà certa.

L’apertura del Summit è stata ovviamente a cura del padrone di casa, Anders Fogh Rasmussen, e dal titolo capiamo già quale sarà il suo effort: “The Will to lead – Why we must renew our commitment to Democracy”; per passare agli speech di Joe Biden e Tony Blair sui rapporti delle democrazie con la rinascita dei sistemi autoritari e il legame tra globalizzazione e democrazia.

L’industria tecnologica si confronta poi con i grandi speaker dell’evento su fake news, free speech e ruolo dell’innovazione sulla tenuta democratica.

Io, personalmente, porterò l’esperienza di quanto accaduto nel nostro Paese in questi anni, del radicale cambiamento politico avvenuto e di quello che l’Italia sta affrontando in questi giorni a seguito delle elezioni del 4 Marzo e della nascita del Governo del Cambiamento.

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