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Giorgetti

Conte sfiderà pure Mattarella

La sfida di Conte, alla vigilia dell’incontro con Draghi a Palazzo Chigi, è una sfida non più soltanto al presidente del Consiglio ma anche al presidente della Repubblica, Mattarella. Ecco perché. I Graffi di Damato

 

A questo punto la sfida di Giuseppe Conte, alla vigilia dell’incontro con Mario Draghi a Palazzo Chigi, è una sfida non più soltanto al presidente del Consiglio ma anche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Al quale, nei giorni scorsi, andato al Quirinale a lamentarsi appunto di Draghi, che avrebbe chiesto la sua testa nel MoVimento 5 Stelle a Grillo in una telefonata smentita da entrambi, egli aveva assicurato di non avere programmato né di volere programmare una crisi di governo. “La sua sfuriata – scrisse di Conte il quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda, solitamente bene informato anche degli umori e delle impressioni del capo dello Stato – prometteva più teatro che sostanza”.

Consapevole delle esigenze di “teatro”, appunto, del capo – ancora – delle 5 Stelle e reduce da un colloquio con lo stesso presidente della Repubblica, Draghi lanciò a Conte da Palazzo Chigi, dopo l’anticipato rientro dal vertice della Nato a Parigi, una specie di scialuppa da salvataggio di scena. Disse, in particolare, di ritenere così importante l’apporto delle 5 Stelle al governo, pur non più partito di maggioranza relativa dopo la scissione di Di Maio, che se Conte avesse ritirato i ministri per appoggiarlo dall’esterno, egli avrebbe aperto la crisi lo stesso, anche a costo di costringere, diciamo così, Mattarella allo scioglimento anticipato delle Camere. Lui, Draghi, non è infatti disponibile ad una diversa maggioranza per garantire l’arrivo della legislatura alla scadenza ordinaria dell’anno prossimo. Nè Mattarella risulta tentato dalla ricerca di un altro presidente del Consiglio.

Che ti fa invece Conte alla vigilia di un incontro a Palazzo Chigi atteso giustamente dal Quirinale come occasione di chiarimento e di chiusura dell’incidente in qualche modo provocato da Grillo parlando con troppe persone, e forse esagerando un pò, delle sue chiacchierate telefoniche con Draghi? Prepara addirittura una lettera o comunque un documento -a leggere Il Fatto Quotidiano, che un pò anticipa e un pò cerca di suggerire a Conte mosse o iniziative che ne facciano davvero un leader di sinistra- per andare da Draghi a porgli “ultimatum”, o arrivare a “una resa dei conti”.

Se veramente siamo -come ha sostenuto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in una intervista al Corriere della Sera, la prima dopo l’uscita dal MoVimento 5 Stelle con una sessantina di parlamentari- alla ricerca di un “incidente” per una pretestuosa crisi di governo, il direttore della Stampa Massimo Giannini dovrebbe un pò pentirsi dell’ottimismo col quale ha messo l’ex presidente del Consiglio in compagnia di Draghi e Mattarella alla ricerca di una “via di fuga dall’apocalisse”. Tale sarebbe in effetti la dissoluzione degli equilibri politici di emergenza trovati l’anno scorso con la formazione dell’attuale compagine ministeriale.

Lo stesso Giannini, d’altronde, ha finito nel suo editoriale per scrivere di Conte come dell’avvocato “senza più popolo”, al quale egli si era offerto formando nel 2018 il suo primo governo: quello con Matteo Salvini vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno e Di Maio vice presidente del Consiglio, pure lui, e pluriministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro.

Alla ricerca del “popolo” perduto si sono spontaneamente offerti a Conte il consumato tribuno televisivo Michele Santoro -che però in una intervista al Foglio gli ha chiesto di rompere sia con Draghi sia con Grillo- e il Che Guevara dei Noantri, o di Vigna Clara, Alessandro Di Battista, per il quale d’altronde l’ex presidente del Consiglio non ha mai nascosto una certa simpatia: neppure dopo la sua uscita dal Movimento 5 Stelle per protesta contro l’accordo di governo con Draghi voluto l’anno scorso da un Grillo forse ancora convinto di quella scelta.

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