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Salvini

Perché il campo largo di sinistra sulle spese militari si restringe

Che cosa succede nel centrosinistra e nel centrodestra sulle spese militari. La nota di Paola Sacchi

 

Nella narrazione di un nuovo bipolarismo atlantico, ridisegnato dalla guerra di Putin all’Ucraina, con i due opposti ma “solidi atlantisti” Enrico Letta e Giorgia Meloni, esplode la “mina” Giuseppe Conte. E il leader dei Cinque Stelle, riconfermato con una percentuale bulgara seppur con meno elettori, è, fino a prova contraria, l’alleato principale del Pd, per quel “campo largo” che d’improvviso si fa molto stretto ai fini della solidità della maggioranza del governo di Mario Draghi. Maggioranza messa in seria fibrillazione da contraddizioni evidentemente mai sciolte a sinistra nel rapporto con i pentastellati che vanno dall’aumento per le spese militari, al centro di questa querelle, anche , però, ad altri punti nodali. Sono la riforma della giustizia e le politiche per lo sviluppo che hanno visto i “grillini” sul no tav, no tap, su posizioni giustizialiste e “pauperiste”, opposte a quelle di Lega e Forza Italia, il centrodestra di governo.

Matteo Salvini, il leader della Lega perennemente messo sotto esame per l’era “filoputiniana”, manda a dire, attraverso fonti del partito, che “noi siamo leali al governo, senza voler portare l’Italia in guerra e lavorando per la pace”. Il netto distinguo con l’affondo del leader pentastellato, pur sottolineando l’attenzione “pacifista” , da parte della Lega, che non ha mai rimesso in discussione il suo voto a favore del decreto Ucraina in Senato, avviene nella serata di ieri, al termine di una giornata convulsa che ha visto il premier, dopo aver incontrato Conte, andare al Quirinale. E ribadire che l’impegno Nato sull’aumento delle spese militari non si tocca, altrimenti viene meno la maggioranza.

Conte in mattinata aveva detto che i Cinque Stelle non intendevano aprire una crisi di governo ma poi anche dopo l’incontro con il premier a Palazzo Chigi aveva annunciato che sul Def sarebbe stata battaglia contro l’aumento delle spese militari. Posizione che ha fatto filtrare sa Palazzo Chigi il netto alto là di Draghi, il quale ha messo anche l’accento sulla contraddizione della politica di Conte, poiché durante gli ultimi governi, compresi i due opposti esecutivi di Conte, la spesa per gli armamenti è aumentata, onorando gli impegni Nato per il 2 per cento.

Il braccio di ferro intrapreso da Conte, accusato dagli alleati della ricerca di rilanciare un MoVimento in perdita di consensi e in vistose difficoltà, ha fatto dire al capogruppo leghista alla Camera Riccardo Molinari che la maggioranza può anche fare a meno dei “grillini”. Che si possa andare dai tentativi, sollecitati da sinistra in questi mesi, di una maggioranza “Ursula” (sullo schema dell’elezione della presidente UE, con la Lega fuori) a una maggioranza “Ucraina”, come l’ha battezzata nei giorni scorsi su “Il Tempo” Riccardo Mazzoni, lo si deduce anche da altre dure dichiarazioni che vengono da Forza Italia.

Il coordinatore nazionale azzurro Antonio Tajani accusa il leader pentastellato di “irresponsabilità” di fronte alla tragedia della guerra. Che dei pentastellati la maggioranza possa “fare a meno” lo dicono a chiare lettere il deputato di FI e sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè e il senatore azzurro Maurizio Gasparri.

Comunque andrà, con in vista il voto di fiducia sul decreto Ucraina in Senato, e anche se il governo probabilmente non cadrà, una faglia si è aperta nel campo diventato da largo a molto stretto a sinistra, gelando così la spinta di Letta sulle ali dell’atlantismo sul quale ha schierato il suo partito. Dal Pd vengono accuse di “irresponsabilità”.

Non mostra crepe, invece, il centrodestra di governo, seppur la coalizione in quanto tale non goda di buona salute, anzi, finora, dalla spaccatura sul Mattarella bis, nella sua interezza, quindi anche con FdI di Giorgia Meloni, non è pervenuta.

Ieri, mentre Meloni in un video, dalle sue posizioni atlantiste, attaccava “i leader di sinistra” dell’Occidente, da Biden a Macron e rilanciava la necessità di leadership dei “conservatori”, criticando le politiche Ue e chiedendo che Bce e Fed aiutino gli Stati che “pagano” le sanzioni, per le quali FdI è a favore, Salvini incontrava a Arcore Silvio Berlusconi. Al centro l’Ucraina, ma anche la necessità che il governo non aumenti le tasse, a cominciare dalla casa, tema di battaglia identitaria di Forza Italia e Lega, ma che vede FdI sulla stessa posizione. E però la scadenza più imminente ora sono le Amministrative, tema anche questo al centro del vertice di Arcore Berlusconi-Salvini.

Dicono dentro Lega e FI che la Sicilia è certamente centrale, ma gli occhi sono molto puntati anche su un eventuale sorpasso di FdI sulla Lega al Nord che a Milano è rimasta sopra di un punto. Meloni sta cercando di capitalizzare al massimo i consensi che la vedono in alcuni sondaggi superare anche il Pd.

Ma due partiti come il Pd e FdI che oscillano sulla soglia, pur considerevole del 20 per cento, possono davvero ridisegnare un nuovo bipolarismo atlantico italiano? Tanto più rimesso in discussione a sinistra dall’incognita Conte che sta facendo fibrillare il governo Draghi, invece sorretto dalla “lealtà” del centrodestra di governo oltre che da un Pd ora però più orfano del “campo largo”?

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