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Bruxelles nel pantano

L’anomala maggioranza che appoggia Ursula (popolari, socialisti e liberali) s’è impantanata tra veti reciproci sui 27 commissari che dovrebbero metterla in pista e accelerare. Il taccuino di Guiglia.

Il calendario è impietoso. Sono passati più di cinque mesi dal voto europeo del 6 giugno e quattro dalla rielezione di Ursula von der Leyen il 18 luglio alla presidenza della Commissione, il motore dell’Unione europea: propone le leggi assicurandone il rispetto, oltre ad attuare la politica e il bilancio dell’Ue. Dunque, il massimo organo ideativo ed esecutivo del nostro continente.

Il motore è acceso, ma la macchina ancora non parte, nonostante le emergenze della guerra in Ucraina e della polveriera in Medio Oriente. Dell’economia in comune da rilanciare e tutelare. Dello scenario nuovo aperto dal presidente, Donald Trump, col suo “l’America innanzitutto” e di quello vecchio e non meno insidioso: il grande enigma della Cina e la sfida della Russia. E poi le incombenti decisioni su difesa e clima, ambiente ed energia, immigrazione e molto altro.

La macchina è in panne, perché l’anomala maggioranza che appoggia Ursula (popolari, socialisti e liberali) s’è impantanata tra veti reciproci sui 27 commissari che dovrebbero metterla in pista e accelerare.

Il gruppo socialista dell’Europarlamento – nel quale il Pd è il primo partito -, rifiuta la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo. Se passasse – dicono – la strana maggioranza-Ursula diventerebbe stranissima, cioè si allargherebbe al gruppo dei conservatori, al quale Fitto fa riferimento, forse anche ai gruppi alla sua destra (Le Pen-Salvini) o all’estrema (tedeschi dell’Afd).

Per reazione al veto irricevibile -i commissari rappresentano gli Stati, non i partiti-, i popolari non voterebbero Teresa Ribera, altra vicepresidente designata e vista come fumo negli occhi dal centrodestra dei suoi connazionali spagnoli. L’accusano, da ministra del governo-Sánchez, cioè socialista, di responsabilità politica nella catastrofica alluvione a Valencia.

Nel braccio di ferro s’infila l’avvenuta spaccatura della maggioranza sulla legge contro la deforestazione: il sì al rinvio e a modifiche proposte dai popolari, è passato col voto di popolari, conservatori, patrioti e destra radicale (contrari socialisti, verdi e sinistra; divisi i liberali). “La maggioranza Ursula non c’è più”, hanno detto i socialisti.

Ma per Roberta Metsola, presidente dell’Europarlamento, c’è tempo per mediare: “Il voto sulla Commissione è il 27 novembre”.

E così si scopre che il vero ostacolo per una certa idea dell’Europa non è il richiamo nazionale dei singoli Paesi. È invece l’ideologismo trasversale, che impedisce l’elementare distinzione tra Istituzioni e partiti, tra il senso dell’Europa e il controsenso dei litigi casalinghi trasferiti a Bruxelles.

Tuttavia, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha compiuto un gesto che parla, ricevendo al Quirinale il ministro Raffaele Fitto e dichiarando che “il suo ruolo in Europa è importante per l’Italia”.

Un messaggio a quanti, in particolare il Pd, ancora tentennano sul dovere di sostenere l’interesse nazionale a Bruxelles.

(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)
www.federicoguiglia.com 

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