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Come sta la Nato?

L’analisi di Stefano Silvestri per Affari Internazionali Donald Trump e Vladimir Putin si sono incontrati a Helsinki lunedì 26 luglio. Trump è sostanzialmente un mercantilista. Non crede nelle alleanze di lungo termine e nella comunanza degli interessi tra democrazie liberali. Il suo è un mondo di nazioni rivali dove il successo è misurato dalla bilancia commerciale: l’America vince se esporta più di…

Donald Trump e Vladimir Putin si sono incontrati a Helsinki lunedì 26 luglio. Trump è sostanzialmente un mercantilista. Non crede nelle alleanze di lungo termine e nella comunanza degli interessi tra democrazie liberali. Il suo è un mondo di nazioni rivali dove il successo è misurato dalla bilancia commerciale: l’America vince se esporta più di quanto importa. Si capisce quindi perché non ama l’Unione europea e in particolare la Germania, e perché ritenga che la Nato costi troppo per quel che rende agli Usa, e perché invece si trovi così a suo agio nel trattare con i maggiori avversari politici e militari degli Stati Uniti, dalla Cina alla Corea del Nord ed infine alla Russia.

Per di più, nel caso della Russia, il vertice di Helsinki con Putin non ha avuto solo una valenza internazionale, ma anche, e forse soprattutto, una valenza di politica interna americana, come contraltare al Russiagate. Per cui Trump non ha avuto alcuna esitazione ad assumere posizioni critiche nei confronti della sua stessa amministrazione, ed in particolare dei suoi Servizi di Intelligence: la sua priorità è il teatro elettorale per le elezioni di mid-term, il prossimo novembre, quando sarà in gioco la maggioranza repubblicana alla Camera e al Senato e quindi anche la sua leadership del Partito repubblicano e, in ultima analisi, la sua rielezione a presidente nel 2020.

UN TEATRINO DEGNO DEI PUPI SICILIANI

Putin sembra aver perfettamente compreso il problema, per cui ha teso una mano a Trump quando, nella conferenza stampa di Helsinki, ha affermato che egli è e rimane un rivale di Trump: il difensore degli interessi russi contro il difensore degli interessi americani, i due paladini di un duello che continuerà nel tempo. Per un italiano c’era qualcosa di ariostesco: o gran bontà dei cavalieri antiqui! Eran rivali, eran di fe’ diversi, e si sentivano degli aspri colpi iniqui per tutta la persona anco dolersi; e pur per selve oscure e calli obliqui insieme van senza sospetto aversi. Un teatro degno dei Pupi siciliani.

Ma qui arriviamo al punto: cosa esce da questo incontro di Helsinki, da questo dialogo tra rivali che insistono nell’affermare che tra loro sono comunque possibili grandi accordi? Dopotutto, al di là del teatro o degli interessi di politica interna, c’era un gran numero di questioni sul tappeto e tutte di grande interesse. Nessuno si aspettava che il Vertice le risolvesse, ma si può almeno dire che sono stati fatti passi avanti, che è stata indicata una direzione condivisa per affrontarli? Non sappiamo cosa sia realmente avvenuto tra i due: sappiamo solo quello che è stato dichiarato alla conferenza stampa, in termini vaghi e generici.

L’ATTESA DI RISULTATI CONCRETI, SE VE NE SARANNO

Dovremo quindi aspettare e vedere cosa accadrà: se gli sviluppi saranno analoghi a quelli sinora registrati dopo il vertice con la Corea del Nord non dovremmo essere troppo ottimisti. Comunque, sembra chiaro che nessuna intesa c’è stata sulla Crimea, sull’Ucraina o sulla Georgia, il che farebbe pensare che le sanzioni dovrebbero continuare, a meno che gli Stati Uniti non vogliano semplicemente cedere il campo alla Russia in Europa. Forse qualcosa di ancora molto vago e generico potrebbe delinearsi per la Siria, ma non in forme tali da soddisfare Israele o impensierire Assad: Putin sembra aver escluso come irragionevole o impossibile un ritiro dell’Iran dalla Siria.

Vedremo quindi di cosa altro potrebbe trattarsi. L’unica cosa un po’ più concreta uscita dal Vertice è invece di grande interesse per la Russia, che non ha i mezzi economici e tecnologici per reggere una nuova corsa agli armamenti: ci sarebbe stato infatti un consenso reciproco per mantenere in vita gli accordi sulla non proliferazione (ma resta il dissenso sull’accordo con l’Iran, dove la Russia condivide la posizione degli europei), e sul controllo degli armamenti nucleari, sia quelli strategici che quelli a raggio intermedio. Anche in quest’ultimo caso, viste le accuse reciproche di aver violato tale trattato che si sono scambiate in questi anni Mosca e Washington, dovremo scoprire più avanti di cosa esattamente stiamo parlando. Comunque questo consenso di massima sul controllo degli armamenti sarà certamente visto con favore anche dagli alleati degli Stati Uniti, ma rischia di essere il solo raggio di luce di un quadro estremamente fosco ed ambiguo.

LO SCONCERTO DEGLI ALLEATI

Certamente gli alleati della Nato (né altri alleati storici di Washington come il Giappone) non possono guardare con favore ad un Vertice che ne ha largamente ignorato le posizioni e gli interessi. Questo incontro, subito dopo lo psicodramma del Consiglio Atlantico, ha confermato lo stato di grave debolezza politica in cui si trova oggi l’Alleanza. Vedremo in futuro se dalle molte parole vaghe che abbiamo ascoltato durante una delle più teatrali conferenze stampa di questi ultimi tempi, uscirà qualcosa di concreto e di positivo.

Per il momento l’impressione è che il Vertice di Helsinki sia servito ad ambedue i leader per affermare la loro superiorità (vera o presunta) su tutti gli altri attori internazionali e la loro volontà di proseguire da soli in questa direzione. Questo è qualcosa che non è certamente nuovo per la Russia, ma che è del tutto nuovo rispetto alla politica americana degli ultimi settant’anni: gli Stati Uniti ne escono indeboliti.

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