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Come si muoveranno Trump e Vaticano nel dopo Bergoglio

Scenari post Bergoglio su Chiesa, Trump e non solo. Il corsivo di Battista Falconi

 

Dal suo debutto, Donald Trump ci ha abituato ad alternare e usare contemporaneamente il registro aggressivo e quello morbido, non sappiamo se per una lucida e luciferina strategia o per un’ignorante dabbenaggine prossima alla psichiatria, le reazioni politiche e finanziarie comunque non mancano. Sul fronte dazi e guerre – tra Cina e Putin, Zelensky e Crimea, Anp contro Hamas – il rimbalzo di notizie e smentite, annunci e reazioni prosegue con una logica schizofrenica come una terapia d’urto senza sosta, uno choc continuo.

In un contesto ballerino che nemmeno il Titanic in affondamento, la diplomazia “seria” lancia messaggi anodini e sibillini, a dire tutto e niente. Si vocifera animatamente di pre, para, quasi vertici da tenere a margine dei funerali di Papa Bergoglio, non si capisce ancora dove e come, approfittando della compresenza a San Pietro di Zelensky, Trump e von der Leyen. Il che si potrebbe risolvere in qualche stretta di mano accompagnata da “oh, ci sei anche tu”, “era tanto bravo”, “dai, cerchiamo di vederci” che, rispetto alla complicata agenda da mettere in piedi per un confronto reale e produttivo, sono meno di niente e servono solo a qualcuno per far bella figura. A Elisabetta Belloni, si sospetta, magari per far incavolare l’ex datrice di lavoro Giorgia Meloni.

Sotto la crosticina della chiacchiera multimediale si muovono invece questioni serie e sostanziali di cui sarebbe interessante e utile occuparsi. Su tutte, lo scollamento progressivo e repentino della Casa Bianca dal mondo intellettuale, accademico, scientifico e tecnologico, che costituisce un cambiamento di paradigma rispetto alla consueta idea di progresso e sviluppo i cui effetti non sono certo limitati agli States. L’uscita di Musk dallo staff appare sempre meno improbabile e determinata in primis dall’improrogabile difesa dei suoi interessi imprenditoriali, tanto che Elon si è già rimesso alla guida di Tesla, i cui conti sono disastrosi. I problemi irrisolti delle Big tech si intrecciano peraltro con la questione dazi, anche se per ora la Ue si è limitata a mini multe vostro Apple e Meta.

Ma la crisi fra Washington e il mondo-mercato della conoscenza appare ancor più ampia e inquietante. Ci sono le università riottose, anche per ragioni ideologiche: “Harvard è antisemita e minaccia la democrazia”, secondo Trump, i cui tagli di finanziamenti ad agenzie, enti e atenei mescolano il decisionismo populista con la giustificata e ormai ineludibile necessità di sostituire i finanziamenti a pioggia, che in Italia chiameremmo “fondoni”, con un sistema che li parametri e monitori rispetto ai risultati. Quello che un rettore come Alan Garber respinge come ingerenze in nome della propria indipendenza. Facile pensare che la ragione e soprattutto la soluzione si posizionino in un punto intermedio.

Poi ci sono i ricercatori in fuga (+32%) e la diminuita attrazione degli States per gli studiosi (-41%) che prefigurano la fine di un modello globale che ha retto per lunghissimo tempo, rispetto al quale siamo distratti perché concentrati esclusivamente sui movimenti di merci con relative tariffe e di uomini lavoratori di minore livello con relative norme. Dimenticando che la circolazione delle idee e dei progetti precede e condiziona le altre due. Ovviamente sotto tale riguardo l’aumento dei finanziamenti alla difesa rappresenta un potenziale rimedio, poiché la scienza si muove più liberamente e velocemente quando soffiano venti di guerra, secondo il principio di Vannevar Bush e alla faccia delle belle parole scientiste sulla pace.

Temi nodali per il nostro futuro ma soffocati dal rumore di fondo della cronaca, comprensibilmente considerato che la morte di un Papa tende sempre a resettare la realtà, almeno alle nostre latitudini: i media tedeschi, al contrario, hanno già derubricato la vicenda. In qualche caso però i profeti di scismi e gli esperti di conclavi che proliferano fanno un po’ sorridere e non smuovono la sostanza dei fatti, mesta e semplice: la Chiesa è sempre più periferica come evangelizzazione e apostolato. Mattia Feltri propone un divertente confronto tra il diffuso cordoglio pubblico per Bergoglio e la frequenza alla Messa, dove i più praticanti risultano di Forza Italia ma, anche loro, ci vanno soltanto uno su tre. I cosiddetti “partiti” che voteranno il prossimo Papa non devono decidere tra un conservatore e un progressista, anche perché Francesco, come i suoi predecessori, era entrambi e persino di più (rigido sui valori non negoziabili, moderno nelle pose mediatiche, attento al sociale, condizionato da simpatie personali, forse vicino al cosiddetto popolo ma soprattutto lontano dal clero…). Non è questione di destra e sinistra, c’è bisogno di un vero miracolo. E di confermare che i cardinali che stanno entrando in conclave papi ne escano proverbialmente cardinali.

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