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Come si muove il centrodestra nella partita Quirinale

Perché le mosse di Salvini spiazzano Pd e M5S. La nota di Paola Sacchi

 

Nel “film” Quirinale, ovvero la “guerra di posizione”, in vista di quella vera e propria di gennaio, cosa capita ai leader della sinistra se, d’improvviso, ti chiama, nelle vesti di esploratore di fatto per concordare il candidato al Colle, in nome di un vasto dialogo, il leader tanto denigrato per il Papeete, mandato a processo per aver cercato di controllare l’immigrazione clandestina?

Ieri, da Enrico Letta a Giuseppe Conte fino a Roberto Speranza, per il lato della sinistra, chi li chiamava al telefono era proprio lui, Matteo Salvini. Il leader della Lega, stando ai numeri reali delle Politiche 2018, primo partito del centrodestra, stando al numero dei consensi delle Europee e successive Regionali primo partito italiano.

Esorcizzano nel Pd: “Vabbè, dopo Giorgia Meloni a Atreju anche Salvini avrà voluto una parte in commedia”. Ma poi qualcuno più avveduto si interroga, si preoccupa e chiede lumi: “Ma, mica Salvini farà proprio sul serio? È cinema o realtà?”.

Un Pd e una sinistra un po’ increduli e storditi, nel pomeriggio di ieri, lunedì 13 dicembre, assistono al tourbillon telefonico, già annunciato pubblicamente a Atreju, la kermesse FdI di Giorgia Meloni, venerdì scorso, del leader leghista verso tutti i leader di partito, “dal più grande al più piccolo”, per trovare un’intesa sul Quirinale. Intesa che parte dalla “Lega guida del centrodestra, sulla base di una proposta unitaria della nostra coalizione, perché il Pd non ha il diritto imperituro di scegliere il Capo dello Stato”.

Salvini prima fa una conferenza stampa, in cui torna a proporre per uscire dal rischio “buio” del caro bollette l’impiego dell’energia green nucleare di ultima generazione, “che sono sicuro troverà nel ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani e nello stesso premier Mario Draghi un atteggiamento concreto e pragmatico”.

Poi, inizia subito a comporre i numeri dell'”agenda Quirinale”. Prima telefonata ad Arcore, a Silvio Berlusconi, incontro poi di persona con Giovanni Toti, leader dei centristi di “Cambiamo”, contatti con altri centristi, lato destra, come Luigi Brugnaro e Maurizio Lupi e di sinistra come Carlo Calenda, poi, telefonate con Giuseppe Conte, Enrico Letta e Matteo Renzi. Non mancano contatti, definiti “cordiali, con risposta positiva”, con il ministro Roberto Speranza, capo di Articolo 1 – Leu, e a sera anche con la Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni, fino a Philipp Achammer, presidente della Svp.

Insomma, nell’agenda del leader leghista ci sono stati proprio tutti. Dal più grande al più piccolo. Con lo scopo di “valorizzare il ruolo della Lega e del centrodestra mai così pesanti in vista della scelta dell’inquilino del Colle”. Ma, anche, “per iniziare quel processo di pacificazione” di cui Salvini aveva parlato allo stesso Draghi pochi mesi fa. Un percorso necessario “per ricucire un Paese stressato dalla pandemia”. In concreto, cosa è emerso dai numerosi contatti?

Il confronto vero e proprio partirà dopo la Manovra. Prima, quindi, la legge di Bilancio, “con l’esigenza di abbassare le tasse e tamponare il drammatico caro-bollette, poi il Quirinale”, informano fonti della Lega. La priorità di questi giorni, spiegano, per Matteo Salvini, è alleggerire la situazione per famiglie e imprese formulando proposte concrete. Ma, intanto l’ex ministro dell’Interno si è portato avanti con il lavoro vista Colle.

“Al momento – informano ancora fonti della Lega – i leader non sono entrati nel dettaglio sull’eventuale tavolo, ma c’è la volontà di parlarsi e ragionare. Nelle prossime ore Salvini sentirà altri leader dei partiti con rappresentanze parlamentari meno numerose”.

Evidente che il leader della Lega con questa mossa, già evidentemente nel percorso illustrato giovedì scorso nell’incontro a Montecitorio ai suoi deputati e poi portata avanti a Atreju da Meloni, si rilancia come leader di tutta la coalizione, dopo l’agguerrita concorrenza della presidente di FdI.

E certamente Salvini sa bene che se il centrodestra per la prima volta dispone di più consensi della sinistra per il Colle, questo dipende dal fatto che i numeri dei grandi elettori a disposizione della coalizione sono aumentati proprio grazie a quei rappresentanti delle Regioni per la cui vittoria della Lega fu determinante.

La sinistra, trovatasi per la seconda volta in pochi giorni spiazzata, cerca di trovare una spiegazione che la tranquillizza, seppur relativamente. Il Pd spera di fatto che Salvini abbia già ridimensionato l’eventuale candidatura di Berlusconi, dal momento che ne ha già fatto il nome pubblicamente a Atreju.

Per altri, le cose invece non starebbero così. E temono che un accordo tra Berlusconi e il leader della Lega ci sarebbe già da prima di Atreju. Sia come sia, per il Pd lo spettro di una candidatura del leader azzurro o comunque di un altro candidato che non sia di suo gradimento non è stato spazzato via. Ora che, come ha riconosciuto lo stesso Matteo Renzi, il ruolo di king maker è del centrodestra. E lo stesso Salvini lo aveva preceduto la sera prima dicendo che “Renzi con la sua cinquantina di parlamentari non può certo essere escluso dal dialogo che intendo avviare con tutti, a partite da una proposta unitaria del centrodestra, per l’elezione del successore di Sergio Mattarella”.

Ora è nel mondo incontrollato pentastellato che il Pd vede i rischi maggiori se il centrodestra dovesse tenere dritta la barra sul nome di Berlusconi. È proprio da quell’area e dai suoi fuoriusciti oltre che dalla vasta zona del misto che potrebbero venire i numeri mancanti al Cav dalla quarta votazione.

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