Skip to content

hamas

Come si è diffuso il virus dell’antisemitismo

Da che cosa dipendono antisemitismo e antiebraismo?

Leor Zmigrod è una giovane neuroscienziata che ha pubblicato per Rizzoli un libro dal titolo “Il cervello ideologico”. La sua tesi, basata su importanti filoni di ricerca e risultati della neuroscienza (uno dei metodi usati è quello di osservare con strumenti diagnostici tipo risonanze e poi tests cognitivi) che cosa succede nel cervello quando è sollecitato da domande e impulsi che riguardano vari argomenti temi, problemi, parole, concetti, affermazioni).

Dal riscontro empirico emerge che alcuni cervelli sono per così dire rigidi e altri no. La rigidità assume i connotati di una visione del mondo, di una ideologia che condiziona le opinioni, le convinzioni, i valori e il modo di posizionarsi riguardo agli eventi della vita. Pensieri e opinioni che non dipenderebbero solo da fattori storici e culturali, ma dalla forma organica, dalla struttura del cervello. Insomma, nelle idee sarebbe presente una componente genetica.

Leggendo questa tesi mi sono posto una domanda: può essere che l’antisemitismo e l’antiebraismo dipendano da un fattore genetico? Ciò spiegherebbe il motivo dell’odio verso gli ebrei diffuso da millenni, in tutti i paesi del mondo e presso tutte le genti, anche laddove non vi è mai stata traccia della presenza di un ebreo, nella stessa città o quartiere. La tesi è suggestiva e potrebbe spiegare le ragioni dell’antisemitismo endemico che cova nell’animo umano come una sorta di peccato originale, represso ma non redento, e che ricompare più violento in alcune fasi storiche. Per secoli gli ebrei portavano appresso la maledizione del deicidio. Fu papa Giovanni Paolo II a demolirne la consistenza con le parole che disse ‘’ai fratelli maggiori’’ in occasione della sua storica visita alla Sinagoga di Roma nel 1986. ‘’Agli Ebrei, come popolo, non può essere imputata alcuna colpa atavica o collettiva, per ciò “che è stato fatto nella passione di Gesù”. Non indistintamente agli Ebrei di quel tempo, non a quelli venuti dopo, non a quelli di adesso. È quindi inconsistente ogni pretesa giustificazione teologica di misure discriminatorie o, peggio ancora, persecutorie. Il Signore giudicherà ciascuno “secondo le proprie opere”, gli Ebrei come i Cristiani’’.

Il Papa si spinse fino a negare una colpa collettiva a carico degli ebrei ‘’di quel tempo’’ perché non tutti concorsero a determinare la passione e la morte di Gesù Cristo. Bisogna far tesoro di questo principio di elevato contenuto etico e giuridico, anche oggi, quando gli ebrei della diaspora vengono aggrediti per strada a migliaia di km di distanza da Israele imputando loro – liberi cittadini dei loro paesi – le responsabilità della condotta di un governo di un altro Stato. Tutto ciò premesso resta la questione di fondo: come possiamo trovare una spiegazione dell’antiebraismonelle sue millenarie manifestazioni?

Un’idea me la sono fatta: non si tratta di una componente genetica, bensì di un virus. I virus possono infettare tutte le forme di vita. Molte specie di virus convivono all’interno di sistemi viventi ospiti in modo simbiotico e gli individui di ogni specie animale, compreso l’essere umano, ospitano normalmente un elevato numero di virus, che formano una popolazione detta viroma. La scienza ha ‘’scoperto’’ i virus alla fine del XIX secolo. Ma si tratta di una ‘’scoperta’’ come quella dell’America, perché i virus sono connaturali con gli esseri viventi, umani, animali e piante. Il virus dell’antiebraismo non è ancora stato classificato come tale. Nel corso dei secoli si sono sviluppati focolai di diversa durata ed estensione a cui si è fatto fronte sulla base delle convinzioni delle diverse epoche: con processioni di flagellanti in caso di epidemie di peste o con pogrom nei confronti degli ebrei in occasione di eventi dannosi per le comunità. I ghetti erano una sorta di lebbrosari che evitavano il contagio. Fra le due guerre del XX secolo è scoppiata, in Europa, la pandemia che ha portato all’Olocausto. In seguito l’umanità ha ritenuto di aver acquisito un’ immunità di gregge e si è limitata a fornire regole elementari per evitare il contagio, anche scrivendole nelle norme delle Costituzioni. Un po’ come nelle prime fasi del Covid-19 quando gli scienziati consigliavano di lavarsi le mani e mantenere le distanze tra le persone. Poi – con buona pace dei no vax – ci ha salvato la scienza con la scoperta dei vaccini. Vi sono segnali, oggi, di un’altra pandemia di cui non si individua il vero motivo.

L’esplosione dell’antiebraismo viene attribuita all’indignazione per le vicende della Palestina, in un’epoca in cui nessuno si preoccupa delle stragi perpetrate in altre zone della terra. Invece è il virus che è tornato a presentarsi con un’ulteriore mutazione. Il problema emerge dunque in tutta la sua grave evidenza: o la scienza è in grado di individuare un vaccino contro l’antiebraismo (da somministrare obbligatoriamente ai bambini insieme all’antipolio e agli adulti insieme alla vaccinazione contro l’influenza di stagione) oppure saremo sempre sottoposti al rischio ricorrente di epidemie a volte localizzate altre volte diffuse in tutto il mondo.

Torna su