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Come cambierà la guerra Russia-Ucraina con gli F16. Parla il generale Camporini

Il ruolo degli F16. Le minacce-bluff di Putin. Le forze in campo. E gli scenari sul conflitto Russia-Ucraina. Conversazione con Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore della Difesa e dell'Aeronautica militare

Quella di bombardare le basi Nato da cui decollerebbero i famosi F16 che saranno presto a disposizione dell’Ucraina è l’ennesima minaccia vuota di Vladimir Putin. A dirlo è il generale Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore della Difesa e dell’Aeronautica militare, che in questa intervista a Start Magazine spiega anche le ragioni per cui quegli aerei non cambieranno gli equilibri di una guerra che, ci confida, nessuno può vincere.

Putin ha minacciato di bombardare le basi anche Nato da cui decolleranno gli F16 di cui sarà presto dotata l’Ucraina. Può farlo?

No, per un motivo molto semplice: quegli aerei non decolleranno mai dalle basi ad esempio polacche. Partirebbero semmai dalle basi ucraine dopo esser transitati per i Paesi Nato che li hanno messi a disposizione di Kiev. Non è nemmeno pensabile una situazione in cui una missione d’attacco parta da un aeroporto della Nato, semplicemente perché la Nato non ha dichiarato guerra alla Russia.

E quindi che significato hanno quelle dichiarazioni di Putin? Propaganda?

Il suo è stato un messaggio rivolto all’opinione pubblica interna, ma era anche volto ad alimentare la infowar in cui i russi sono maestri.

Cosa cambierà nella guerra con l’arrivo degli F16?

Sebbene non possano essere definiti un game changer, permetteranno all’Ucraina di dotarsi di una capacità aerea che oggi non hanno e che verrà usata soprattutto in chiave difensiva ma anche in supporto alle operazioni terrestri, con la concreta possibilità di essere decisivi.

Gli ucraini potranno ora andare all’attacco?

Al momento sul terreno è la Russia ad avere l’iniziativa. Perché gli ucraini possano operare in chiave offensiva ci deve essere un rapporto di forze molto squilibrato in favore dell’attaccante. I manuali a tal proposito dicono che il rapporto deve essere all’incirca di tre a uno. Ma questo discorso vale anche per i russi, che se volessero incrementare il loro vantaggio non potrebbero fare altro che aumentare in modo rilevante le loro forze e non è chiaro se ne dispongano sia in quantità che in qualità.

Pare di capire che nessuno è in grado di sfondare e che si va dunque verso un conflitto congelato.

Purtroppo sì. L’Ucraina non ha le risorse per lanciare una nuova offensiva e ricacciare indietro i russi.

Cosa manca agli ucraini per passare all’attacco?

Un simile scenario è legato soprattuto alla disponibilità di adeguati quantitativi di armamenti e munizionamenti. Tuttavia quello che conta davvero sono i famosi scarponi sul terreno e questo, malgrado il salto in avanti di Macron, non è purtroppo all’orizzonte, anzi è fuori dalla realtà.

Ma allora gli ucraini non riusciranno mai ad avere indietro le loro province?

L’unica possibilità che intravvedo è che al Cremlino maturi una svolta, ossia che si faccia avanti la consapevolezza che l’operazione militare speciale è un fallimento che ha portato alla Russia più svantaggi che benefici. In altre parole, Putin dovrebbe rendersi disponibile a una seria trattativa il cui elemento chiave sarebbe la restituzione delle province occupate.

Ma se Putin non molla l’osso?

Dovremmo allora aspettarci una guerra molto lunga. Non c’è purtroppo una soluzione militare a questo conflitto, e quindi l’attuale situazione si protrarrà per un tempo indefinito.

E se invece l’Occidente abbandonasse l’Ucraina al suo destino?

Temo proprio che Kiev sarebbe costretta alla resa.

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